La scuola serale spesso è oggetto di pregiudizio. Si passa dalla convinzione che trovarsi di fronte a studenti con difficoltà, sia personali che lavorative, richieda da parte del docente un impegno decisamente più gravoso, al timore di doversi limitare alla trasmissione di concetti elementari per nulla stimolanti per un insegnante appassionato, fino ad arrivare alla preoccupazione più grande: avere alunni apatici, completamente disinteressati all’apprendimento, immotivati ed intenzionati soltanto al conseguimento del diploma, il famoso “pezzo di carta”.
Non è stato così all’Iis “M. Bellisario” di Inzago. Il clima di collaborazione e amicizia che si è creato tra docenti di ruolo e giovani docenti precari ha permesso ad ognuno, secondo le proprie abilità, di lavorare serenamente nell’ottica comune di una didattica che ha sempre messo al centro l’unicità del singolo. L’insegnamento, scevro dell’aspetto meramente nozionistico, si è orientato verso quella “rivoluzione copernicana” richiesta al docente di una scuola ormai troppo diversa rispetto al passato, dove non sono più gli alunni a ruotare intorno all’insegnante ma il contrario. A maggior ragione in un contesto di alunni di età ed esigenze differenti. Senza essere “amiconi” o “aguzzini” abbiamo provato a guardarli non come contenitori da riempire ma come soggetti di inedite e infinite possibilità.
Abbiamo lanciato degli stimoli che spesso, al di là di ogni possibile previsione, sono stati accolti. In tanti durante l’anno scolastico si sono impegnati, hanno mostrato interesse e desiderio di andare anche oltre il programma prestabilito.
Nelle quinte di nuova formazione molti occhi vispi hanno fatto da cornice a domande interessanti e spunti di riflessione tutt’altro che banali, in una continua osmosi che ha arricchito non solo gli allievi ma anche i docenti, facendo diventare la scuola il luogo privilegiato dello scambio e dell’incontro culturale, sociale e umano.
E allora è stato bello conoscere Alain, trentotto anni, sposato e padre di tre figli. Originario del Camerun ed ex promessa del calcio. Dopo essere stato costretto a rinunciare al suo sogno a causa di un brutto infortunio e dopo aver fatto tantissime esperienze lavorative per essere indipendente dalle famiglie italiane che lo avevano accolto, ha iniziato a lavorare come educatore presso la comunità Kayròs con ragazzi provenienti da contesti difficili. Quest’anno, per concludere un percorso scolastico mai portato a termine, ha deciso di mettersi in gioco, di dare tutto se stesso in quella che lui ha sentito essere la sua ultima possibilità.
Della sua “avventura” al Bellisario racconta: “Non è stato facile conciliare tutti gli impegni lavorativi, la famiglia e la scuola, ma la voglia di arrivare fino in fondo è stata il motore che mi ha fatto tenere duro. Ho sempre voluto migliorare me stesso ed essere il più possibile completo nel lavoro che amo”. A lui il merito di aver tenuto coesa una classe di ragazzi più giovani e decisamente vivaci. Come un fratello maggiore ha saputo spronarli e indurli alla riflessione nei momenti più complessi. La sua gioia più grande è che nessuno sia rimasto indietro e che tutti insieme abbiano superato l’esame di maturità.
È stato stimolante insegnare a Iole, sessant’anni, moglie e madre. Per esigenze economiche familiari ha dovuto inserirsi sin da giovanissima nel mondo del lavoro senza avere la possibilità di coltivare il suo bisogno di conoscenza. Ma non è mai troppo tardi!
Quasi in punta di piedi si è iscritta al serale con il desiderio di colmare una lacuna che sentiva di avere. Chissà come sarebbe stato! Per giunta si sarebbe dovuta confrontare con ragazzi dell’età dei suoi figli! All’inizio per lei è stato difficile. Contenere tutte le informazioni che le venivano fornite da più materie le faceva venire mal di testa. Non era affatto abituata. Ma la caparbietà è stata la sua arma vincente. Non si è scoraggiata e, un passo alla volta, ha imparato ad aprire la sua mente. “La scuola serale – dice – mi ha insegnato a ragionare in un altro modo, a non dare tutto per scontato, ad avere uno spirito critico”. Ci ha inondato di domande, ci ha portato a fare degli approfondimenti anche su tematiche attuali permettendoci talvolta di creare all’interno della classe un bellissimo “clima di anarchia pedagogica”. Adesso che si è diplomata con il massimo dei voti non le resta che completare con l’ultimo pezzo il suo puzzle: aprire una bottiglia di Lambrusco, brindare al traguardo raggiunto e dedicare questo “successo” a suo padre che la guarda dal cielo e che avrebbe tanto desiderato starle vicino in questo momento.
È stato coinvolgente “accompagnare”, seppur con discrezione, Cinthia, ventitré anni, che ha saputo trasformare la sua rabbia per una vita nella quale si sentiva inadeguata in un’ occasione di riscatto. Approdata al Bellisario con la consapevolezza che lo studio l’avrebbe aiutata a raggiungere i suoi obiettivi, ha iniziato a credere di più in se stessa dal primo bel voto in matematica. Alla fine del suo percorso ha speso parole davvero gratificanti per i docenti: “Con la loro sensibilità mi hanno fatto sentire accolta come non era mai successo e ciò mi ha spronato a dare il meglio. Ho appreso tanto da loro e sono riuscita ad applicare nel concreto gli insegnamenti ricevuti. Materie come comunicazione hanno cambiato in positivo il mio modo di relazionarmi agli altri soprattutto in ambito professionale e oggi posso dire di essere una persona più competente nel mio lavoro, più disponibile verso gli altri e più cosciente delle mie capacità”.
E cosa dire dell’esame di maturità? È stata l’occasione finale per molti che si sono davvero impegnati di mostrare le competenze acquisite e il fortissimo desiderio di emergere.
Allora come dimenticare Alessandro che, in un completo elegantissimo, quasi come “un uomo di altri tempi”, è riuscito a superare tutti i suoi limiti. Con una ricercata compostezza si è districato brillantemente tra l’estetismo dannunziano e gli alti valori della Costituzione. Oppure Matteo, “lo scrittore” dall’animo sensibile, che ha “incantato” la commissione con il suo lavoro di confronto critico tra letteratura e rap, tra simbolismo francese e artisti di strada. O ancora Jasmine, la femminista appassionata del gruppo, Francesco, Sara e Ilaria studenti riflessivi e scrupolosi e tutti gli altri che con le loro paure hanno comunque affrontato la sfida e si sono lasciati guidare dai docenti e coinvolgere dai loro compagni. Decisamente un bel gruppo, una bella sinergia.
Da sfondo una scuola serale per molti frutto di sacrifici, di sogni trasformati in realtà, di anelito alla bellezza della conoscenza, di occasione per migliorarsi. Una scuola che questa volta sembra aver colto e realizzato la sua essenza più bella e un corpo docenti che, prendendo in prestito le parole di un noto scrittore, non può che augurare ai suoi ex studenti di “coltivare la vita interiore, cioè quella casa a cui si può sempre tornare quando ci si perde, e da cui si può sempre partire quando è necessario affrontare nuove sfide con coraggio”. Ad maiora.
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