SENTENZA CORTE USA SULL’ABORTO DIVENTA UN PROBLEMA DI LIBERTÀ RELIGIOSA
Se non ci riesci con la Costituzione, ci provi con la fede: riassunto criptico, ce ne rendiamo conto, di quanto sta avvenendo negli Stati Uniti sulla super-contestata sentenza della Corte Suprema che ha di fatto abolito la precedente del 1973 (Roe vs Wade) riconoscendo come un non diritto costituzionale l’aborto. Dopo che in primis il Presidente Usa Joe Biden sta cercando di sabotare il voto della Suprema Corte provando a formulare una legge in Congresso che legalizzi l’aborto a livello federale – in forza della “libertà di scelta della donna” – alcuni attivisti abortisti di diverse fedi religiose provano la “carta” della libertà religiosa. Da ebrei a musulmani ad alcune confessioni cristiane: molti attivisti sono infatti convinte che la sentenza della Corte stia favorendo le credenze cristiane conservatrici (cattolici principalmente) rispetto ad altre religione che invece ammettono l’aborto come opzione.
Per questi motivi alcuni gruppi hanno annunciato negli scorsi giorni una prossima azione legale contro la Corte Suprema per ripristinare i loro diritti, in quanto «i diritti all’aborto sono stati precedentemente combattuti per motivi di privacy, invece che per libertà religiosa». In sostanza, secondo queste confessioni religiose, l’abolizione del diritto all’aborto andrebbe a violare la libertà di fede caposaldo della Costituzione americana. «I conservatori hanno imposto la loro teocrazia ad altri come religione nazionale de facto nel lotta contro il diritto all’aborto», attaccano gli stessi attivisti nel lungo focus dedicato di “Usa Today”. «Il paese è stato conquistato dalla teologia cristiana fondamentalista», attacca il rabbino Barry Silver della Congregazione L’Dor Va-Dor a Boca Raton, in Florida, «Questo è il tipo esatto di religione che i fondatori avevano in mente quando hanno creato la separazione tra chiesa e stato».
ABORTO, NUOVA FRONTIERA PROGRESSISTA: ALTRE RELIGIONI ATTACCANO I CATTOLICI
Per gli ebrei il valore della vita scatta dal momento della nascita del bambino, alcune interpretazioni del Corano islamico consentono l’aborto per proteggere la vita di una madre mentre diversi cristiani considerano l’opzione dell’aborto non un sacrilegio o un omicidio come ribadisce di continuo Papa Francesco. A livello politico anche figure come Joe Biden e Nancy Pelosi, pur di religione cattolica, lasciano libertà di scelta sulla questione tanto da divenire in primis attivisti pro-choice nella battaglia politica e religiosa contro la Suprema Corte (a maggioranza repubblicana, ndr). Con l’attacco alla Corte Suprema americana non più solo per questione di “libertà di scelta” ma ora anche di “libertà religiosa” è l’ultima trovata (o “trucco”) degli attivisti pro-choice per provare a decostruire una sentenza tutt’altro che accettata dall’area liberal più spinta sul fronte “diritti”. «Quando si richiede a una donna di giustificare la propria decisione di abortire, si presume che l’aborto sia sbagliato. E da dove viene questa ipotesi? Attivisti cristiani», ha detto Rebecca Todd Peters, professoressa di religione alla Elon University nel North Carolina e ministro presbiteriano ordinato, «È semplicemente sbalorditivo per me il potere che la prospettiva ideologica ha sulla vita di tutti negli Stati Uniti».
È però ancora il rabbino Silver a Usa Today ad attaccare i pro-life accusandoli di aver soggiogato addirittura l’intera nazione (dove però secondo gli ultimi sondaggi il 49% ritiene l’aborto legale mentre il 51% si dice d’accordo con la Corte Usa): «L’argomento religioso è altrettanto forte di quello sulla privacy. Non possono semplicemente metterlo da parte e dire che non importa perché l’intera linea della legge e le cause sono state portate da cristiani fondamentalisti». Sul fronte Islam, paradossalmente, le posizioni più “equilibrate” sul fronte aborto rispetto ad attivisti pro-choice di altre confessioni: «Non prendiamo la posizione che non dovrebbe esserci accesso all’aborto, ma non prendiamo la posizione che le persone possono abortire in qualsiasi circostanza», ha detto Dawud Walid, 50 anni, imam dell’area di Detroit e direttore esecutivo del Consiglio per le relazioni islamiche americane-Michigan. Ha poi aggiunto come le persone religiose dovrebbe essere molto attente a «non cadere in una sorta di generalizzazione di qualsiasi tipo di gruppo religioso. Da leader musulmano, sono contrario alla demonizzazione del cristianesimo, anche se vedo sentenze che considererei problematiche. Come americani, dobbiamo imparare che possiamo essere vigorosamente in disaccordo, ma non usarlo per disumanizzare i nostri concittadini o per denigrare un’intera religione». Diversi osservatori giuridici negli States considerano comunque la denuncia per libertà religiosa contro la Suprema Corte di difficilissima concreta possibilità di successo: Mark Rienzi, presidente del Becket Fund for Religious Liberty, ha affermato che è probabile che i tribunali rifiuteranno le argomentazioni di molte persone pro-aborto che rivendicano la libertà religiosa. Non solo, sempre Rienzi ha concluso a Usa Today che «il fatto che la maggior parte dei divieti di aborto includa esenzioni per la vita della madre aiuterebbe a negare le affermazioni degli altri attivisti. Alla fine di tutto ciò, il governo sarebbe ancora in grado di difendere e dire che c’è un interesse irresistibile nel proteggere la vita del nascituro».