Oggi e domani saranno giornate cruciali per il futuro energetico europeo. Oggi viene reso pubblico il documento “Risparmiare gas per un inverno sicuro” ossia il piano europeo per ridurre di un terzo l’impatto di una potenziale interruzione dei rifornimenti di gas russo. Le raccomandazioni della Commissione per una riduzione volontaria della domanda di gas russo da tutti gli Stati membri vengono emesse proprio a ridosso del raggiungimento di importanti accordi per diversificare l’approvvigionamento europeo che dipende per 40% da Gazprom. C’è quello siglato lunedì dal Premier Mario Draghi con l’Algeria che porterà il Paese nordafricano a diventare il primo fornitore di gas dell’Italia. In concomitanza è stata raggiunta dalla Presidente Ursula von der Leyen un’intesa con il governo di Baku per aumentare fino a raddoppiare a partire dal 2025 le importazioni di gas naturale dall’Azerbaigian. Anche in questo caso l’Italia, approdo del gasdotto TAP tanto avversato dai grillini, diventerà una pedina europea fondamentale nei rifornimenti di gas azero.
Nella bozza del piano dell’Unione si parla di una riduzione volontaria del consumo per tagliare, nei prossimi 8 mesi, circa 11 miliardi di metri cubi sui 155 miliardi importati nel 2021, tra i consumi nell’edilizia residenziale e quella negli edifici pubblici. Misura che potrebbe diventare vincolante nel caso emergenziale che dopodomani, giovedì 21, alla scadenza del termine prestabilito dei 10 giorni di manutenzione del gasdotto Stream 1, il gas russo non tornasse a fluire verso l’Europa per effetto di intimidazioni del Cremlino. Questo, mentre il riempimento degli stoccaggi è sotto i livelli di sicurezza, rafforza la prospettiva di razionamenti invernali come dall’ultimo pronostico “allarme rosso” dell’Agenzia internazionale per l’energia.
Con una decisa controffensiva risparmiosa, assieme a più accordi con nuovi fornitori “degni di fiducia” e aumento del ricorso al carbone, Bruxelles spera di contenere i contraccolpi sul Pil della chiusura dei rubinetti russi entro il -0,4%. Stime ottimistiche secondo la banca UBS che, in caso di chiusura dei rubinetti della Gazprom, ipotizza per l’Eurozona una riduzione del 3,4% del Pil e un aumento dell’inflazione del 2,7% (a titolo di raffronto il lockdown aveva tagliato la crescita del Pil del 6%).
In caso di strozzatura dei rifornimenti, la Commissione, dopo l’esperienza sui vaccini, è consapevole che solo un’azione comune può avere efficacia. Il risparmio coordinato della domanda obbligherebbe i Paesi più riforniti a cedere quote di metano agli Stati più esposti. Tuttavia, non tutti gli Stati membri interpretano il concetto di solidarietà allo stesso modo. Così come permangono forti resistenze dall’Olanda e i Paesi del Nord Europa alla reiterata proposta italiana di fissare un tetto al prezzo del gas. Per forzare la mano, ufficiosamente, nei corridoi di Bruxelles si sta ragionando sull’ipotesi di legare l’introduzione del principio di solidarietà energetica con l’applicazione di un tetto al prezzo del gas. L’Italia, che in fatto di diversificazione dei rifornimenti (tra gasdotti su rotte alternative e GNL) è messa senz’altro meglio della Germania, che col gas russo copre 58% dei suoi fabbisogni, potrebbe usarlo come elemento di scambio nelle serrate negoziazioni delle prossime settimane.
È paradossale che la Germania che in altre occasioni (dal salvataggio da default dell’economia greca al piano sui migranti) ha sempre anteposto i suoi interessi nazionali, ora sia dal lato del questuante persino querulo. Nonostante la spada di Damocle, il Governo arcobaleno di Berlino si ostina a ribadire l’inutilità di tenere in rete gli ultimi tre reattori nucleari, e preferisce riaccendere le centrali a carbone per compensare il gas dalla Russia. E gli obiettivi climatici allora? In soccorso della Germania, e degli altri Paesi – Austria Francia e Olanda (l’Italia non è considerata) – intenzionati a mettere in funzione le centrali a carbone, arriva il rapporto del think tank Ember secondo cui il bilancio emissivo europeo verrebbe appesantito in “modo trascurabile”. Sarà interessante vedere cosa ne pensano alla COP27 di quest’autunno India e Cina pressati alla precedente conferenza sul clima di Glasgow per essersi impuntati a sostituire l’eliminazione (phase out) con riduzione (phase down) del carbone nel documento finale.
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