Antonio Genidoni è il boss del clan Genidoni-Esposito, figliastro ed erede del capoclan Pietro Esposito ucciso nel 2015. Detenuto ai domiciliari a Milano dal 25 luglio 2017, dal 2019 è stato condannato al carcere duro per essere stato la mente della Strage delle Fontanelle, il terribile evento su cui è incentrata la puntata di questa sera del programma Un Giorno in Pretura, in onda oggi su Rai 3.
La Strage delle Fontanelle era avvenuta la sera del 22 aprile del 2016 nello storico quartiere Sanità di Napoli. Antonio Genidoni, 31 anni, è stato accusato di avere avuto un ruolo da protagonista nei feroci scontri che hanno coinvolto il suo clan, detto anche “Barbudos“, e il clan nemico dei Vastarella. Entrambi si sono contesi a lungo l’illecito presente nel rione Sanità, fino a culminare nella strage che ha avuto luogo in una sala da biliardo in via delle Fontanelle, un circolo ricreativo in cui spesso si riunivano alcuni affiliati ai clan dei Vastarella. Nella feroce strage delle Fontanelle trovarono la morte Giuseppe Vastarella, 42 anni, e il cognato Salvatore Vigna, 41 anni.
Strage delle Fontanelle, il ruolo di Antonio Genidoni
Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, Antonio Genidoni pianificò e organizzò la strage per vendicarsi dell’agguato in cui furono uccisi Pietro Esposito, detto Pierino, e suo figlio Ciro Esposito, detto ‘o spagnuolo. Entrambi furono ammazzati nel 2015. In particolare, in quelle giornate di aprile 2016, Genidoni aveva ottenuto un permesso di 48 ore dal magistrato di sorveglianza, a Milano, dove si trovava ai domiciliari. Durante quell’intervallo di tempo, Genidoni torna a Napoli in tempo per l’esecuzione del raid che provocherà i due morti del clan Vastarella.
Per la strage delle Fontanelle, il regime carcerario di Antonio Genidoni è stato modificato e dal 2019 è stato trasferito nel reparto di massima sicurezza del 41 bis del penitenziario di Tolmezzo, in provincia di Udine. Assieme al boss, per il raid sono stati condannati anche Addolorata Spina e Vincenza Esposito, rispettivamente madre e moglie di Antonio Genidoni, e Alessandro Daniello e Emanuele Esposito. Pochi giorni dopo, il 7 maggio 2016, trovavano la morte a Marano anche Giuseppe e Filippo Esposito, rispettivamente padre e fratello proprio di Emanuele Esposito.
La reazione di Antonio Genidoni al raid di risposta alla strage delle Fontanelle
La Repubblica ha reso disponibili le intercettazioni che raccontano la reazione di Emanuele Esposito e Antonio Genidoni subito dopo l’assassinio di Giuseppe e Filippo Esposito, impegnati nel loro lavoro da meccanico. Emanuele reagisce dicendo che “Mi devi morire tu… mo’ piglio le bombe è gliele butto nelle case sull’anima di Ciro… È inutile che piango… Non ci sta niente da fare”.
Antonio Genidoni riserva invece parole cariche di rabbia e ferocia, rispondendo che “È meglio che si tengano anche le creature di quattro cinque anni sopra perché glieli uccido… È meglio che se le tengono sopra… pure le creature se le devono tenere sopra, devono scappare all’estero… Che cos’è, che si va a prendere la gente nelle officine meccaniche… Ma stiamo scherzando….Che cosa è una pazziella… Io se volessi uccidere la gente così ne farei cento morti al giorno… Ma che ci azzecca, un ragazzo con la tuta di meccanico addosso che si alza alle sette del mattino per andare a lavorare, ma che stiamo pazziando? Ma che è, ma così davvero è diventata carne di macello mo’ la camorra? Davvero sono diventati la monnezza della gente… Ti faccio vedere che non fa più il guappone Patrizio Vastarella… Schiatto a terra la testa al figlio e schiatto a terra qualcun altro… Ti faccio vedere come quello la finisce…”.