EVASIONE FISCALE, PROCURA DI MILANO METTE NEL “MIRINO” DUE BANCHE SVIZZERE
Nell’ambito di una vasta indagine anti-evasione fiscale, per la prima volta una Procura – quella di Milano – decide di far interdire due banche svizzere per «responsabilità amministrativa nel non aver prevenuto con adeguati modelli organizzativi interni i riciclaggi attuati da propri dirigenti nell’interesse aziendale». La notizia data dal “Corriere della Sera” si fonda sulla decisione del gip milanese Domenico Santoro di disporre il sequestro in Svizzera di 23,5 milioni di euro alle banche “Cramer & Cie Sa” e a “Reyl & Cie Sa” (nel Gruppo Intesa Sanpaolo dal 2021), rispettivamente per 22,4 milioni e 1 milione e 142 mila euro. Una notizia destinata a far discutere ovviamente, con un Tribunale che indaga e interdice due istituti di credito svizzeri con accuse molto gravi.
La mossa della Procura di Milano parte però, spiega ancora il “Corriere” dalle indagini svolte dal pm Paolo Storari sulle succursali di “Cramer” a Lugano (dal 2010 al 2018) e su quelle di Reyl nel 2018: tramite i due allora dirigenti (i fratelli Massimo ed Emilio Bosia) e il consulente Giancarlo Cervino, «hanno erogato una sorta di servizio riciclatorio in favore dei clienti evasori fiscali italiani». Sempre secondo gli investigatori, non si tratterebbe di “casi isolati” bensì di una sorta di «politica di impresa tossica» che prevedeva, secondo l’accusa, di una struttura aziendale ufficiale nel rispetto delle regole e un’altra parallela “informale” tesa a «normalizzare illeciti finanziari».
LA DURA ACCUSA: “BANCHE SVIZZERE RICICLAVANO SOLDI ALLE BAHAMAS”
Sono ancora più dure le accuse registrate alla Procura di Milano dal consulente Cervino, già condannato a 6 anni per riciclaggio: «I clienti italiani avevano bisogno di ritirare i soldi da quei conti ma siccome si cominciava a parlare di scambio di informazioni tra Italia e Svizzera, le banche elvetiche effettuavano questo servizio a tutela dei clienti». Ovvero? Molto semplice, secondo l’accusa formulata dal Tribunale milanese, su conferma di Cervino, «trasferivano i conti presso le loro filiali alle Bahamas: il prelievo poteva così essere effettuato direttamente in Svizzera, come se il cliente si trovasse alle Bahamas». In termini investigativi si chiama “lavanderia monetaria” quella che le due banche svizzere avrebbero messo in atto negli scorsi anni.
«Una serie di dirigenti di Lugano mi ha chiesto esplicitamente se potessi far io questo servizio, e io ho fatto il più grande errore della mia vita e ho detto sì. I primi a propormelo sono stati i fratelli Bosia»: secondo Cervino, riporta ancora il “Corriere della Sera”, sono proprio i dirigenti di Cramer ed Reyl ad aver avviato questo presunto raggiro. Il giro di inchieste prosegue e si arriva ai primi risultati proprio contro il super-consulente: scrive il quotidiano milanese che nel 2017 fu la banca Reyl a sottoscrivere un particolarissimo contratto con Cervino, dove di fatto veniva indicato come procacciatore d’affari per la banca ma «istruito a non dare l’impressione, nei confronti di terzi, di agire quale rappresentante della banca». Sono poi i controlli della banca centrale delle Bahamas a svelare che qualcosa non tornava: dopo un’ispezione sull’istituto Pib controllato da Cramer, sarebbe stato Bosia a chiedere a Cervino di «sistemare una serie di transazioni che necessitano di una base contrattuale o una pezza a giustificazione per l’antiriciclaggio». Le mail però vengono poi sequestrate e darebbero prova concreta del «diretto coinvolgimento dell’istituto, non a caso interessato a conseguire quanto utile ad archiviare le pendenze antiriciclaggio». La parola ora agli atti dell’eventuale processo che dovranno confermare o smentire in toto l’impianto accusatorio dei pm milanesi contro le banche svizzere in questione.