Partiamo dalle buone notizie dei risultati Invalsi 2022. Nel tempo si assiste a un miglioramento su tutti i gradi scolastici e su tutti i territori sia in inglese listening sia in inglese reading. Questa è davvero un’ottima notizia, visto l’italico ritardo e la scarsa disinvoltura linguistica dei nostri quando si tratta di parlare inglese. Qui le cose vanno bene: il dubbio però è che questo miglioramento non sia proprio tutta farina del sistema di istruzione. I ragazzi e le ragazze sempre più possono contare su strumenti mediali (telefonini) al di fuori dal tempo scuola che facilitano l’apprendimento della lingua secondo modalità impensabili solo 10 anni fa. Per fare solo un esempio, ragioniamo su come i video di TikTok veicolino continuamente sottofondi in inglese magari con aggiunta di sottotitoli. Come ormai ampiamente dimostrato in letteratura, si impara solo ciò che fa piacere imparare.
Le cattive notizie sono sempre quelle: la pandemia ha fatto il suo come già è stato ampiamente raccontato dai dati immediatamente post emergenza del 2021. I risultati delle prove su italiano e matematica nel 2022 sono sempre in discesa, ma almeno non in picchiata come per l’anno scorso: la caduta si sta arrestando. Il quadro più negativo è per la matematica e questo è come sempre preoccupante, visto che le competenze matematiche sono una premessa allo sviluppo di expertise tecniche di cui il paese ha fortemente bisogno.
Anche sui divari territoriali sembra di sentire una litania uguale a se stessa da anni: situazioni di divario sempre più gravi ed evidenti ma che sembrano poco prese sul serio. Aumentano gli studenti fragili dove queste fragilità dipendono da condizione endogene, ossia interne alla scuola, ma anche esogene, ossia dipendono fortemente dal contesto sociale e culturale più ampio in cui si è inseriti. Il paziente, insomma, ha la febbre sempre più alta ma continua ad essere curato con qualcosa che sembra non funzionare abbastanza.
Al di là di questo fosco scenario, la domanda con cui dovremo fare i conti: come potremo valorizzare studenti che escono con competenze così fragili? Qualcuno obietterà che stiamo parlando di competenze di base di italiano e matematica e non dello scibile delle altre discipline (storia, arte, motorie) o di altre competenze quali le soft skills, fondamentali per un percorso di successo nella vita personale così come nel lavoro. In realtà noi misuriamo le competenze di italiano, matematica e inglese – e non altre competenze – per molte ragioni: perché metodologicamente sono le meno problematiche da misurare, perché sono competenze che premettono lo sviluppo di altre discipline e che dunque, spesso, ne sono anche una buona proxy. Ciò vuol dire che avere un’indicazione su quanto uno studente si impegna in italiano ci darà un’indicazione su quanto sa muoversi in matematica ma anche su molte skills non direttamente misurate dalle prove.
Uno dei punti di forza delle prove è l’ancoraggio: le prove presentate per la scuola primaria sono ancorate al 2019 e 2021, quelle per la scuola secondaria di primo grado al 2018, 2019 e 2021, secondaria di secondo grado 2018 e 2019. Proviamo a capire meglio cos’è l’ancoraggio. Tutti sappiamo che ciascuno di noi quando si pesa è bene lo faccia sempre dalla stessa bilancia, magari quella di casa o quella della farmacia. Pesarsi a casa e poi in farmacia potrebbe renderci più gradito il peso di una o dell’altra bilancia. L’ancoraggio delle prove consente di eliminare il problema di bilance differenti: si fa in modo che le prove “pesino” uguale. Questo è molto importante perché ci consente di comparare risultati negli anni, risultati che diversamente non potrebbero essere comparati. Per capire più nel dettaglio come funziona l’ancoraggio rimando ai rapporti tecnici che Invalsi mette a disposizione di chiunque.
La resistenza alle prove Invalsi è calata nel tempo: non a caso Alessia Mattei, responsabile dell’Area prove di Invalsi, ha ricordato come le prove siano un bene pubblico e per questo puntino all’inclusività di ciascun singolo studente. Un gruppo di ricercatori accademici di Roars (Returns in Academic and School), con modalità non costruttive ma direi abbastanza denigratorie, ha messo in dubbio l’intenzionalità inclusiva di Invalsi a partire dalla considerazione che le domande delle prove non sono rese pubbliche. Sono anni che l’Invalsi spiega le motivazioni per cui le prove non possono essere rese pubbliche, pena l’impossibilità di poter rendere efficace quel fondamentale strumento che è l’ancoraggio. Spiace che questi attacchi arrivino proprio da chi si occupa di ricerca: come è stato ricordato nel corso della presentazione, i dati sono sottoposti a prassi metodologiche complesse e analisi raffinate che garantiscono la qualità del processo di acquisizione del dato. Forse, effettivamente, se iniziassimo a trovare modalità per trasmettere congiuntamente anche ai nostri studenti e studentesse soft skills quali l’umiltà, la prudenza nei giudizi, il rispetto del lavoro di chi occupa un ampio spazio del proprio tempo su un tema specifico e sull’amore per lo studio/la conoscenza/l’approfondimento allora, forse, scopriremmo di poter ottenere ricadute positive anche sulle performance nelle competenze di base che già Invalsi rileva.
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