Scorre sangue nelle strade di Milano, Bergamo, Lecco. Non centra la criminalità piccola o grande che sia. Peggio. Sono scontri, coltellate, risse, colpi di pistola tra sostenitori di un rapper e un altro. Quello che succede in America da quando la musica rap è diventata l’espressione dei quartieri di periferia malfamati, dei giovani diseredati, dei ghetti, della minoranza afro americana. Se musicalmente la musica rap italiana non può competere con la loro, la violenza è uguale.
E non a caso i protagonisti sono figli di immigrati: marocchini, tunisini, egiziani. C’è un mondo là fuori di cui nessuno si cura, autorità, servizi sociali, politica. E in quella rabbiosa solitudine cresce la violenza. Una guerra per essere i più importanti del quartiere, i leader, i contratti con le etichette discografiche. Per farsi largo e primeggiare. Naturalmente a base di spaccio e di droga.
L’8 gennaio scorso nel quartiere periferico di San Siro dove da una parte ci sono le belle ville dei cantanti che hanno raggiunto il successo e dei calciatori e dall’altra miserabili case popolari, Islam Abdel Karim, in arte Kappa24k ha sparato prima del suo rivela, capetto di un’altra banda, il pregiudicato Carlo Testa. E’ rimasto ferito al bacino un ragazzo egiziano di 26 anni. Da una parte la crew (ovvero il gruppo) di Kappa24k, che si fa chiamare Refreel 24k e che orbita in piazza Monte Falterona e dintorni. Dall’altra i rapper più famosi, quelli della SevenZoo che fanno riferimento a San Siro ma anche a piazza Prealpi e di cui fa parte anche il più noto Neima Ezza, arrestato nelle scorse settimane per rapina.
A Treviolo, qualche settimana dopo, provincia di Bergamo, un ragazzo mentre accompagna la fidanzata a casa viene aggredito a colpi di coltello, rimane ferito e perde molto sangue. Si chiama Mohamed Lamine Saida, milanese, origini tunisine. In questura lo riconoscono: è il rapper Simba La Rue. E’ cresciuto in Francia, vive a Lecco. Anche Baby Touché è un giovanissimo rapper.
Il suo vero nome è Amine Amagour, ha 19 anni, ha origini marocchine e abita a Padova. I due si odiano, si scambiano tramite social insulti e minacce. A febbraio un video postato su Instagram mostra una banda che accerchia e isola Touché, lo fanno salire su un auto. Lo picchiano in faccia, Lo minacciano. Alla base di tutto ci sarebbe un video di un brano di Touché in cui si vede qualcuno aggredito e insultato. Diffuso sui social, il filmato è diventato virale tra i rispettivi sostenitori, che hanno alimentato la faida. Seguono risse e pestaggi: a Padova alla stazione ferroviaria e a Vincenza in un club. Poi l’accoltellamento.
Con che soldi vivono questi ragazzi? E le loro famiglie che fanno? Possibile che nessun assistente sociale abbia bussato alle loro porte? E le autorità, polizia e giudici, che dicono, che fanno? Come si fa a lasciare andare in malora le vite di giovani che hanno la sola colpa di non essere italiani al cento per cento? Ci si riempie la bocca di parole come inclusione, ius soli, diritti, ma poi? Nulla. E’ un grande buco nero che inghiotte una generazione. Adesso la notizia dell’arresto di Simba La Rue, accusato del sequestro e del pestaggio di Baby Touché. Insieme a lui arrestate altre otto persone. Non servirà a nulla: dal carcere riesce solo peggio di come si era entrati.