La crescita del Pil italiano nel secondo semestre ha superato le previsioni e indicato una buona tenuta del sistema economico nazionale in un periodo di rallentamento economico globale e dell’Ue. Si tratta solo di un rimbalzo spinto da quello del 2021 e destinato a esaurirsi, riportando l’Italia verso una crescita minima nel 2023, come ora è negli scenari del Fondo monetario (circa 0,7%) oppure un segnale di robustezza duratura del sistema Italia che sposta le proiezioni verso più ottimismo?
La risposta deve essere “condizionale”, cioè combinare le tendenze globali ed europee con le capacità italiane. Il mercato statunitense è in recessione tecnica spinta da una politica monetaria restrittiva che ha in priorità la riduzione dell’inflazione via raffreddamento dell’economia. Ma è improbabile una recessione reale così forte da ridurre il crescente export italiano in America. La Germania è ora a crescita zero, ma si sta riorganizzando con investimenti interni massivi per rilanciare la crescita del suo apparato industriale che è intimamente connesso con le aziende italiane. Il resto del mercato europeo sta andando abbastanza bene e non mostra segni di caduta eccessiva nonostante il rischio che l’inflazione, pur scendendo, resti piuttosto elevata nel 2023.
Il globo è in chiaroscuro, la Cina a rischio di implosione finanziaria, ma tante altre aree sono in condizioni migliori. Al riguardo della guerra in Ucraina, al netto delle emozioni, prevale il segnale che Russia e America vogliano mantenerla localizzata e limitata, dato precursore di un congelamento. In sintesi, le condizioni esterne per l’economia italiana, che godrà di un minor rischio energetico grazie alla differenziazione delle fonti, non sono certamente ottimali, ma nemmeno tali da ridurre l’export e l’importazione di turismo che sono fattori trainanti per la crescita.
L’altro fattore è l’edilizia: questo calerà parzialmente per le limitazioni dei bonus. Ma è prevedibile una compensazione per l’effetto – ancora non dispiegato – della mossa in opera dei progetti Pnrr. Chi scrive dà peso in questa analisi alla reattività delle imprese private a condizioni avverse: è tra le più forti al mondo, segno di adattamento ai maggiori costi e di flessibilità competitiva per l’export. Pesa il rischio di impoverimento di circa il 25% della popolazione italiana. Ma l’attuale Governo è intervenuto e continuerà, tracciando la strada al successore, per contenere tale problema.
In conclusione, la fine del 2022 e il 2023 saranno periodi critici, ma chi scrive vede più sereno che nuvole all’orizzonte.
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