Il noto psichiatra Paolo Crepet, è stato intervistato oggi da Uno Mattina Estate per ricordare la strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto del 1980, 42 anni fa. “Ricordo tutti i secondi – ha raccontato Paolo Crepet in diretta tv su Rai Uno – i minuti, un grandissimo silenzio, io mi salvai perchè ero dietro al palazzo a sinistra della stazione e quindi per una sorta di miracolo non fui investito direttamente ma ero lì, ricordo le prime grida della gente che pensava che fossero scoppiati dei contenitori sottostanti alla sala d’aspetto poi si capì che non poteva essere così visto che non andavano i riscaldamenti il 2 agosto, e poi si capì che era tritolo”.
“Voi avete visto nelle immagini – ha continuato lo psichiatra – un autobus bianco rosso e a quell’autobus si accedeva con facilità perchè era stata tagliata la barra e io mi sono chiesto perchè i pompieri la tagliavano, ed era per mettere dentro i cadaveri: come si fa a scordarlo?”. Poi Paolo Crepet ha proseguito: “In un paese civile dopo tutti questi anni, troppi, credo che i parenti delle vittime avrebbero diritto di sapere perchè chi ha fatto questo oggi è libero e chi è stato il finanziatore, da quali banche sono transitati i soldi”.
STRAGE DI BOLOGNA, LE PAROLE DI PAOLO CREPET: “RICORDO UN SILENZIO…”
“Il Paese non si è destabilizzato – ha continuato Paolo Crepet ricordando i giorni successivi la strage di Bologna – io ricordo quello cerimonia con Pertini, il sindaco di Bologna, la città fu ferma chiara e decisa, vinse la civiltà contro l’inciviltà ma questa è ancora tra di noi. ci sono stati terribili depistaggi ma chi li ha fatti, perchè, con quali complicità politiche, cosa ci fa paura, cosa non possiamo ancora dire, perchè non possiamo andare ancora in fondo? Io da cittadino me lo chiedo”.
Dallo studio chiedono quindi a Paolo Crepet se sia possibile superare un trauma di questo tipo: “Dipende dalla vita delle persone – ha replicato Crepet – io ero lì perchè dovevo andare a Venezia per andare a salutare per l’ultima volta il mio maestro, immaginatevi voi qual era lo stato d’animo. Presi il primo pullman perchè i treni ripresero dopo molti tempo, c’era un pullman che arrivava a Ferrara, ero l’unico che non aveva cerotti, c’era questo silenzio incredibile nella Pianura Padana e questo fu per me un motivo civile che mi dette un’idea di essere sempre da una parte, mai da quella che aveva armato il mio quasi coetaneo, perchè i due che hanno messo la bomba hanno l’età più o meno come la mia. Ho sempre cercato di essere dalla parte della gioventù libera. Davanti alla stazione vi era un unico telefono funzionante presso l’hotel – ha concluso il noto psichiatra – io ho cercato di telefonare ma facevano andare avanti i feriti. mia madre era convinta al 100 per cento che fossi morto e arrivai a chiamare mia mamma alle due e tre quarti”.