Tensione alle stelle tra Usa e Cina per la visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Pechino ha annunciato operazioni militari mirate in risposta al viaggio della speaker statunitense, che a sua volta ha ribadito il pieno sostegno di Washington nella difesa dell’isola “contro le aggressioni che sta subendo”. Sia per gli States che per il colosso asiatico ci sono delle partite interne da giocare, è il giudizio del generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan.
Cosa hanno ottenuto politicamente gli americani dopo questa visita?
Questa è una buona domanda. Come riportato dai media statunitensi, la visita della Pelosi – che è la terza carica dello Stato – è una visita di altissima valore istituzionale. Ma ci sono voci contrastanti, anche il Washington Post ha parlato di canto del cigno della Pelosi, che con le elezioni di midterm potrebbe perdere la carica di speaker. Io ritengo che si intreccino aspetti di politica interna statunitense e di politica interna cinese, e poi aspetti di strategia internazionale.
Ci spieghi.
Gli Usa hanno sostanzialmente appoggiato questa visita anche perché la Cina, malgrado diverse sollecitazioni, non si è mai dissociata apertamente dall’invasione russa, anzi in più occasioni è stata ribadita l’amicizia tra Pechino e Mosca. È una forma di ritorsione da parte degli Stati Uniti. Sembra quasi la replica della terza crisi di Taiwan, che ha avuto luogo tra il luglio 1995 e il marzo 1996. Ripercorrendo quegli eventi, sembra di rivedere lo stesso copione. Anche se all’epoca fu il presidente di Taiwan a recarsi negli States, mentre la Cina manifestò gli stessi comportamenti che sta manifestando adesso: forte aggressione diplomatica, lancio di missili.
C’è qualcosa in gioco anche per la Cina?
Xi Jinping a novembre si presenta per ottenere il terzo mandato. Non può mostrare debolezza nei confronti dell’azione della Pelosi, e quindi degli Stati Uniti.
Pelosi è partita nonostante l’iniziale contrarietà della Casa Bianca. Non crede che con una presidenza che comanda davvero, un viaggio del genere non sarebbe mai stato fatto?
Certo. Questo è quello che mi ha stupito maggiormente. Un conto è sconsigliare, un altro conto è dire “sono il presidente, non fare questa visita”. Invece l’ha solo sconsigliato. E questo viaggio ha movimentato tutto un dispositivo aereo-navale molto pesante. Qualcuno aveva pensato che la Cina potesse abbattere l’aereo su cui viaggiava la Pelosi o che potesse creare delle operazioni di disturbo per non farla atterrare su Taiwan, dichiarando una specie di no fly zone. Del resto la Cina considera Taiwan come una regione, lo spazio aereo è considerato dunque cinese. Da quello che riportano i giornali statunitensi, la Pelosi ha avuto un forte sostegno politico anche da parte dei conservatori. Ora bisogna vedere cosa succederà.
Secondo lei?
Xi Jinping non può perdere la faccia: i cinesi, come i russi, sono molto orgogliosi. Le prime azioni di Pechino sono di carattere economico: stamattina la Cina ha sospeso l’esportazione di sabbia verso Taiwan, necessaria per la produzione dei semi-conduttori. E Taiwan ha due mercati principali, la Cina e gli Stati Uniti. E ha sospeso l’importazione di oltre 2mila prodotti alimentari. Ci sono già le prime ripercussioni. Bisogna capire se la Cina si fermerà qua o si tratta solo di un primo passo.
Qual è secondo lei il rischio di escalation?
Il portavoce dell’Ue a Pechino ha affermato che se la Cina dovesse invadere Taiwan, l’Europa si comporterebbe come ha fatto con la Russia, cioè con sanzioni ancora più pesanti. Quasi quotidianamente, aerei da combattimento cinesi violano lo spazio aereo di Taiwan. Taiwan, oltre a riportare questa violazione, non procede con l’abbattimento di questi velivoli, perché sarebbe la provocazione che Pechino si attende. Dalle informazioni straniere, la Cina sta schierando un forte dispositivo terrestre sulla costa della provincia di Fujian, che è quella che teoricamente potrebbe essere il punto di partenza di un’invasione terrestre nell’isola di Taipei. Parlando con qualche amico di Taiwan, le posso dire che la Cina si è veramente arrabbiata.
La Corea del Nord ha accusato gli Stati Uniti, parlando di “ingerenza” che mina la pace e la sicurezza. Che ruolo potrebbe avere?
Già quattro-cinque giorni fa, il dittatore nordcoreano ha dato disposizioni di allertare il proprio dispositivo nucleare. Il nemico del mio nemico è mio amico: in questo caso, la Corea del Nord è alleata della Cina, da cui dipende per la sopravvivenza sociale ed economica. E dipende anche dalla Russia sin dai tempi della Guerra fredda.
Dal punto di vista militare, Taiwan è attrezzata?
Le forze armate di Taiwan in questi ultimi anni si sono riorganizzate fortemente e hanno la capacità di provocare un forte tasso di perdite di fronte alla potenziale invasione cinese.
Tornando alla visita della Pelosi, essa potrebbe dipendere da forze interne agli Usa che premono per stressare i rapporti con Pechino?
Personalmente non credo che al momento il Pentagono pensi di aprire un altro fronte di contrasto. Ora il Pentagono è fortemente schierato nel supportare l’Ucraina, tant’è che aveva formalmente sconsigliato a Nancy Pelosi di intraprendere questo viaggio in questo momento.
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