“SERVE CONVINCERE 50% PAESE CHE NON VOTA, CON PATTO PD-SINISTRA NON SI VINCE”: L’ANALISI DI FAUSTO BERTINOTTI
Fausto Bertinotti con una lunga intervista, la “Jena” su “La Stampa” (Riccardo Barenghi) con una sola battuta, ma il concetto è lo stesso: per il giornalista esperto del mondo a sinistra della politica, «Divisi si perde, uniti invece pure». All’indomani dell’accordo siglato tra Enrico Letta, Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana) e Angelo Bonelli (Europa Verde), il Centrosinistra assume in contorni di un “campo largo” (senza M5s e Renzi, con pure Calenda che pare non abbia gradito il patto dopo il suo già sottoscritto con il Pd) che non viene però affatto stimato dal fondatore di Rifondazione Comunista. Raggiunto da “La Repubblica”, Bertinotti contesta aspramente l’accordo fatto dalla Sinistra ambientalista con il Partito Democratico, lo definisce un «accordo tra professionisti della politica», con il Paese reale però che «chiede altro». Bertinotti invoca un’esperienza simile a quanto fatto da Melenchon in Francia, spiegando come quel fatto non sarebbe mai esistito «senza una rottura profonda nella società francese: gli studenti in piazza, la mobilitazione contro la riforma delle pensioni, i gilet gialli. È nato un movimento fuori dai partiti e contro il sistema».
L’accordo invece tra Letta, Fratoianni e Bonelli, «stabilisce una gerarchia tra un fronte neoconservatore e i portatori d’acqua. C’è un alleanza tra il Pd e Calenda, che è il socio di maggioranza e che propone un patto leonino nei confronti degli altri che vi vogliono accedere». Con la Sinistra fuori dal “campo largo” con ogni probabilità la partita delle Elezioni 2022 manco iniziava, con vittoria certa del Centrodestra, ma secondo Fausto Bertinotti neanche questa opzione regge, «Perché stando dentro si vince?». Per l’ex segretario di Rifondazione, a decidere la contesa sul voto sarà «il 50 per cento che non vota. Dovrebbe essere il destinatario principale di una proposta di alternativa: ma imprigionati in questa alleanza non si ha credibilità nei confronti di quel mondo». È un patto che non regge perché, aggiunge ancora il navigato politico di sinistra, Pd e Calenda «sono gli stessi protagonisti delle politiche di governo che hanno penalizzato chi si astiene. Soltanto il 13 per cento degli operai vota Pd».
LA CRITICA DI BERTINOTTI ALLA SINISTRA (DI OGGI)
Serve ragionare di “realismo” secondo Fausto Bertinotti, e il realismo oggi non prevede un compromesso con Enrico Letta: «Il miglior compromesso che conosco è quello che portò allo statuto dei lavoratori dopo l’autunno caldo del 1969. I metalmeccanici ebbero migliori condizioni salariali e di lavoro. Ma era un compromesso dinamico perché condusse alla riforma sociale, mentre questo è regressivo perché è la prosecuzione dell’agenda Draghi». Per l’ex Rifondazione occorre stare a sinistra e non guarda a presunti “Fronti Repubblicani” o allo stesso Carlo Calenda, definito da Bertinotti come un «conservatore stampo liberale. Uno che attacca il reddito di cittadinanza, l’unica misura presa per alleviare la povertà».
In merito alla possibilità di vedere il Centrodestra vincente alle Elezioni, non esiste una “paura per la destra” nella mente politico di Bertinotti: «Paura è una parola che in politica userei solo per la guerra. La destra va combattuta in nome della capacità di mobilitare le masse popolari». Nello specifico, la proposta dell’ex Presidente del Senato è di contrastare la destra sull’immigrazione e lo si può fare «solo se la sinistra sa costruire una lotta generale per l’uguaglianza che coinvolga tutti gli ultimi». Ad oggi, chiosa Bertinotti a “Rep”, la sinistra «non è efficace nei confronti di Salvini».