In questa calda, caldissima estate 2022 le cime italiane, dalle Alpi agli Appennini, stanno registrando un vero boom. Secondo uno studio di Jfc (società di consulenza turistica e territoriale), nell’estate 2022 si raggiungeranno 71 milioni di presenze in strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere, seconde case, e via dicendo. “Un dato notevole, se comparato ai 49 milioni di presenze dello scorso anno. Per le vacanze estive in montagna continua insomma la fase di rilancio e di scoperta iniziata con il Covid” ha commentato Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc.
C’è anche una classifica delle località più gettonate, dove il podio è stato conquistato da tre perle: Cortina d’Ampezzo, che si conferma regina delle destinazioni montane, seguita a ruota da Courmayeur in Val d’Aosta e Madonna di Campiglio, in Trentino. Jfc ha realizzato anche classifiche puntuali, su singoli argomenti. Courmayeur, ad esempio, seguita da Bormio e da Bressanone, è stata indicata come la destinazione più rilassante e tranquilla; Livigno, San Vigilio di Marebbe e Molveno quelle più green; Andalo, Asiago e Canazei le più family; Madonna di Campiglio la più “divertente”, seguita da Cortina d’Ampezzo (giudicata la più trendy) e Livigno.
Tutti dati che confermano una persistente revenge montana, una sorta di rivincita. Un po’ alla volta, anno dopo anno, estate dopo estate, la montagna sta erodendo il primato del mare nelle scelte dei vacanzieri, con una netta spinta recente data dalla pandemia e dalle alte temperature. Ma si tratta di un fenomeno che va anche oltre la stagionalità, oltre ai soggiorni di luglio-agosto o alle settimane bianche d’inverno: l’appeal della vita in quota sta convincendo sempre più “pezzi interi della generazione perduta, che cercano rifugio e possibilità in montagna: costretti da una crisi e da una precarietà infinite, uomini e donne si spostano fuori dalla città, in un complesso movimento migratorio al contrario, tutto da scoprire e interpretare”, come sostiene Maurizio Dematteis nel suo libro “Via dalla città. La rivincita della montagna”.
Un trend che comunque va avanti spedito da tempo: nel 2019, pre-pandemia, Il Sole 24 Ore lanciò un contest tra rinomate località di mare e di montagna, il “SummerGame 24”. Il risultato fu che la montagna batté il mare 5 a 4, ovvero le località montane vinsero aggiudicandosi cinque sfide sulle nove del torneo che metteva a confronto i potenziali turistici, la qualità della loro offerta per i vacanzieri, il posizionamento di mercato, la valorizzazione dell’industria culturale e le proposte sportive. Al primo posto si classificò Madonna di Campiglio.
Ovviamente bisogna parlare del clima: lo scorso 25 luglio è stato registrato lo zero termico a 5.184 metri di quota, sulle Alpi Svizzere, dato senza precedenti, mentre in pianura e nelle città si arrivava a superare i 40 gradi. È evidente che con le ondate di calore che si susseguono, alimentate dai cambiamenti ambientali, la montagna equivale a una tenda a ossigeno. Clima a parte, l’aria montana è più respirabile, meno umida, un miraggio per chi soffre l’afa in città, ma anche una vera cura per chi soffre di problemi respiratori, e l’ideale per bambini e anziani. C’è poi il contatto con la natura, prati, fiori, boschi, sorgenti, laghi… Un’escursione, una passeggiata qui possono davvero rigenerare e abbassare lo stress. Uno studio del Finnish Forest Research Institute di Metla (Finlandia) ha dimostrato che la montagna batte il mare per vacanze che cancellino lo stress accumulato durante un lungo anno di lavoro. Esistono evidenze scientifiche che confermano gli effetti benefici del verde sul nostro umore. Secondo una ricerca dell’Università della Valle d’Aosta, quest’anno la montagna è considerata più sicura sia del mare sia delle città. Tralasciando lo struscio di Ferragosto lungo Corso Italia a Cortina, notoriamente iperaffollato, la montagna resta il verde, le distanze, i sentieri, le vette, le malghe e i rifugi.
Va considerato infine che la rivincita della montagna è anche un dato sociale e amministrativo. Più viaggiatori in quota significano preservare i piccoli centri dallo spopolamento. Nella stagione invernale 2020/21 gli hotel in montagna rimasero chiusi, viste le ristrettezze dettate dalla pandemia. Ne hanno sofferto i gestori, ovviamente, ma ne hanno patito anche tutti i paesi coinvolti, che basano le loro economie prevalentemente sul turismo, e sulla lunga filiera che sul turismo insiste: forniture, occupazione, artigianato, commercio, ristorazione e via dicendo. Se viene a mancare il turismo quei territori subiscono perdite spesso incolmabili, costringendo le popolazioni ad un’emigrazione verso posti di lavoro alternativi. La rinascita del turismo di montagna significa un futuro più sicuro per tutte le genti che vivono in quota.
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