Il fidanzato di Donatella, la 27enne morta suicida in carcere a Montorio (Verona) il 2 agosto scorso, rompe il silenzio dopo la tragedia e replica alle scuse del giudice di sorveglianza, che ha parlato di un “fallimento del sistema” davanti a simili drammi. Il caso ha riacceso i riflettori sulle condizioni nelle carceri italiane e sull’assenza di un supporto completo alle donne che si trovano in regime di detenzione. Oggi Leonardo Di Falvo, questo il suo nome, affida ai microfoni del Corriere della Sera una intervista in cui non nasconde la sua amarezza e la sua rabbia. Un dramma che, con occhio più attento, si sarebbe potuto evitare secondo la sua lettura dei fatti e che, ancora una volta, si riempie di un senno del poi dal sapore amaro.
Donatella Hodo è morta pochi giorni fa nella sua cella del carcere veronese di Montorio, dove si trovava in seguito a piccoli reati che avrebbe commesso nel contesto di un passato di dipendenza dalla droga da cui stava cercando di liberarsi. Secondo quanto riportato, presto avrebbe lasciato il carcere per seguire un percorso terapeutico, ma la disperazione avrebbe preso il sopravvento e sarebbe sfociata nel gesto estremo.
Suicida in carcere, il fidanzato di Donatella denuncia: “Abbandonata da tutti, facile parlare adesso”
Nel corso dell’intervista rilasciata al quotidiano, Leonardo Di Falvo ha ripercorso le tappe di un dramma che non è un caso isolato. L’aumento dei suicidi in carcere e un sistema privo della necessaria copertura in termini di figure professionali di supporto e assistenza, fanno da cornice alle sabbie mobili in cui si muove l’intera macchina carceraria del Paese da anni. Troppe persone, secondo le parole del fidanzato della 27enne suicida in carcere, oggi starebbero parlando senza sapere nulla della sua storia: “Ce l’ho col mondo intero, con il sistema, il carcere, i magistrati, le guardie, la sua famiglia, i suoi amici”. Secondo l’uomo, Donatella sarebbe stata “abbandonata da tutti”, lasciata sola in un limbo di paure e incertezze che l’avrebbero travolta.
Il giudice di Sorveglianza, Vincenzo Semeraro, seguiva il caso dal 2016 e dopo il suicidio della giovane ha parlato della vicenda come del chiaro sintomo del “fallimento del sistema” che è anche un “fallimento personale”. Parole che, secondo il fidanzato della 27enne, oggi suonerebbero inutili: “È facile adesso parlare. Ora tutti dicono qualcosa, ma dov’erano quando Dona poteva essere salvata?”. “Un solo caso che si conclude come si è concluso quello di Donatella – ha dichiarato Semeraro a Tgr Veneto – pesa sull’animo. Perché dimostra che tutto il sistema ha fallito. E siccome del sistema fa parte anche la Magistratura di Sorveglianza, significa che è stato un mio fallimento”.
Le parole di Donatella al fidanzato prima del suicidio in carcere
Al di là della cella, ad attendere Donatella ci sarebbe stato l’inizio di una convivenza con il fidanzato e il profumo di una nuova vita. Un sogno infranto con il suicidio della 27enne nel carcere di Montorio, che presto avrebbe dovuto lasciare. Il padre di Donatella ha presentato un esposto in Procura e ora le indagini faranno il loro corso.
Il dramma di Donatella è impresso anche nelle sue ultime parole al fidanzato, cristallizzate in un biglietto d’addio in cui avrebbe condensato la sua sofferenza: “Leo, amore mio, mi dispiace. Sei la cosa più bella che mi poteva accadere e per la prima volta in vita mia penso e so cosa vuol dire amare qualcuno ma ho paura di tutto, di perderti e non lo sopporterei. Perdonami amore mio, sii forte, ti amo e scusami”. Con questo messaggio, riportato dal Corriere del Veneto, la 27enne suicida in carcere avrebbe salutato per l’ultima volta il suo compagno.