Monica Ravizza è stata uccisa a 28 anni dall’ex compagno, Diego Armando Mancuso. La sua storia, tra le protagoniste del programma Terzo Indizio su Rete 4, racconta di una giovane estetista piena di sogni e di vita barbaramente uccisa a Milano, nel 2003, mentre aspettava un bambino. La 28enne sarebbe stata accoltellata e data alle fiamme mentre era incinta e la madre, Maria Teresa D’Abdon, ha ripercorso il dramma in tv ai microfoni di Tu sì que vales e Verissimo. “Il giorno prima dell’ultimo incontro – ha detto la donna a Silvia Toffanin –, lui ha mandato dei fiori a mia figlia…”. Il resto è cronaca di un orrore che risuona ancora tra le cronache come uno dei femminicidi più efferati di sempre.
Da allora la madre di Monica Ravizza, insieme alle madri di altre donne vittime di violenza, ha trasformato il suo dolore in una mano tesa alle famiglie che vivono la stessa tragedia e ha dato vita a un’associazione, “Difesa Donne”, che offre un supporto per uscire dalla gabbia del silenzio e dalla paura di denunciare. Monica Ravizza aveva deciso di lasciare il compagno, ma lui avrebbe imposto la parola “fine” alla sua esistenza in modo atroce e avrebbe trascorso pochi anni dietro le sbarre nonostante l’orrore compiuto.
Chi era Monica Ravizza, uccisa e bruciata dall’ex Diego Armando Mancuso mentre era incinta
Monica Ravizza è stata uccisa e bruciata mentre era incinta dall’ex compagno, Diego Armando Mancuso, il 19 settembre 2003 in casa, a Milano. Secondo la ricostruzione dell’omicidio, la donna, estetista 28enne nel pieno della sua gioia di vivere, sarebbe stata massacrata con un coltello da cucina e il suo assassino avrebbe poi dato alle fiamme il suo corpo. Da poco tempo, Monica Ravizza aveva scoperto di aspettare un bambino proprio da Mancuso.
La madre di Monica Ravizza non ha mai incontrato Diego Armando Mancuso e ha fatto un ritratto della sua condotta ossessiva nei confronti della figlia: “Io non ho mai conosciuto questo ragazzo. Dopo poco che si frequentavano, lui mi ha chiamato e mi ha detto ‘signora amo sua figlia e voglio sposarla’. Quando Monica veniva a casa nostra, lui la chiamava insistentemente perché tornasse a casa, un comportamento ossessivo che avevo fatto presente anche a mia figlia“. Poco dopo, Monica Ravizza avrebbe capito quale strada prendere e avrebbe deciso di lasciarlo. “La sera in cui è successo tutto – ha raccontato la madre della vittima, Maria Tersa D’Abdon a Verissimo -, Monica era uscita con una sua amica. Quando è arrivata sotto al portone c’era lui ad aspettarla. L’amica le ha chiesto ‘Vuoi che resti?’, ma lei ha detto di no”. Poi la fine: “Verso le tre del mattino arriva una telefonata dalla vicina di casa, io e mio marito ci siamo precipitati verso l’appartamento di Monica, lì c’erano ormai Vigili del Fuoco, Carabinieri“.
Diego Armando Mancuso condannato per l’omicidio di Monica Ravizza, oggi a piede libero
Diego Armando Mancuso, artigiano di origine calabrese reo confesso dopo aver tentato di simulare il suicidio della sua ex, è stato condannato in primo grado con rito abbreviato a 18 anni e 6 mesi di carcere per l’omicidio di Monica Ravizza, pena ridotta a 16 anni e 8 mesi in appello. Dal 2014 Mancuso è a piede libero e, come riportato da La vita in diretta, avrebbe trovato un lavoro all’interno di una cooperativa che presta servizi per il Comune di Milano. Fuori dal carcere dopo appena 5 anni di detenzione, come denunciato pubblicamente dalla madre della vittima: “Questa persona è stata messa vicino a casa mia”, ha dichiarato amaramente a Verissimo Maria Teresa D’Abdon.
Secondo il racconto della madre di Monica Ravizza, Mancuso avrebbe chiesto un ultimo confronto con la giovane dopo aver appreso della sua intenzione di lasciarlo e in quella casa sarebbe scoppiato l’inferno. La 28enne, colpita con diverse coltellate prima di essere data alle fiamme, non aveva rivelato la gravidanza ai suoi familiari. Avrebbero scoperto che era incinta soltanto dopo la sua morte, dagli inquirenti. Tra le lacrime, Maria Teresa D’Abdon ha ricordato a Tu sì que vales il suo dramma e il bimbo che sua figlia portava in grembo: “Purtroppo non ho la gioia di essere nonna“.