L’Agenzia delle Entrate può richiedere ad ogni contribuente la provenienza dei soldi versati sui conti correnti, anche quando si tratti di dipendenti pubblici, di cittadini privati o di pensionati: eventuali accertamenti saranno legittimi ed i contribuenti dovranno fornire prova della provenienza delle relative somme.
Agli accertamenti a tavolino, in pratica, si dovrà corrispondere prove precise e concordanti. Lo ha stabilito la sezione sesta della Corte di cassazione nell’ordinanza n.18245/2022 depositata in cancelleria il sette giugno scorso.
Controlli conti correnti: cosa prevede la corte
Il collegio di Piazza Cavour riguarda un accertamento fiscale basato sui versamenti ingiustificati nei conti bancari del contribuente a norma dell’articolo 32 del dpr n.600/73. La Commissione tributaria di primo grado di Bolzano aveva rigettato il ricorso del contribuente, con una decisione che veniva completamente ribaltata in appello dalla Commissione di secondo grado di Bolzano. I giudici di secondo grado avevano valorizzato la circostanza che il reddito del contribuente originasse da lavoro alle dipendenze dello Stato, e che i versamenti ingiustificati provenissero da vincite di gioco maturate all’estero.
In molti credono che gli accertamenti sulle movimentazioni bancarie possano riguardare alcune categorie di lavoratori autonomi, tra cui i professionisti, gli imprenditori e le società, lasciando fuori le categorie dei dipendenti, dei pensionati ed in genere dei privati cittadini. In realtà anche i lavoratori dipendenti, i privati e i pensionati possono essere chiamati a giustificare i versamenti sospetti che non trovano riscontro nei redditi dichiarati dal contribuente.
Secondo la Corte, infatti, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32 comma 1 n. 2 del dpr 600/73, non è destinata ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti, come si può evincere dalla lettura del combinato disposto dell’art. 32 e 38 del dpr 600/73, (accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche).
Controlli conti correnti: la conclusione della Cassazione
L’art. 32 stabilisce che i “dati ed elementi” attinenti ai rapporti bancari, possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli articoli 38 e seguenti, del predetto decreto. Con l’ordinanza di cui al commento, la Cassazione ha confermato che in tema di accertamenti bancari l’articolo 32 e 38 del dpr n.600/73 prevedono una presunzione legale in base alla quale anche i versamenti ingiustificati dei dipendenti dei privati e dei pensionati operati su conti correnti bancari, vadano imputati a redditi; a fronte dei quali, tuttavia, al contribuente, è consentito di fornire la prova contraria da sottoporre comunque ad attenta valutazione da parte del giudice di merito che dovrà pronunciarsi sulla riferibilità di ogni versamento.
Quindi Le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale anche nei confronti dei dipendenti, dei privati e dei pensionati, salvo idonea giustificazione. Nel caso specifico la cassazione, non ha ritenuto adeguatamente provate le vincite (in realtà il contribuente ha provato solo gli accessi alle case da gioco). Così, annullando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, la Corte ha rigettato il ricorso introduttivo del contribuente ritenendo i versamenti ingiustificati quali maggior reddito.