Il messaggio del Papa al Meeting di Rimini per l’Amicizia tra i popoli cade quest’anno in due congiunture topiche. Una per il movimento di Cl, il centenario della nascita del fondatore, oggi Servo di Dio, mons. Luigi Giussani. L’altra per il contesto in cui oggi è alla prova della storia la missione del Meeting, la sollecitazione all’amicizia dei popoli: e questo contesto è la drammatica guerra in Ucraina, che questa amicizia sembra disarmare, a questa amicizia sembra togliere il terreno sotto i piedi su cui poter camminare.
Eppure, è proprio in questo contesto che risalta la perenne attualità della “trasmissione” di Giussani del messaggio cristiano, come lo qualificò nel discorso al Meeting del 1985: “Il cristianesimo non è nato per fondare una religione, è nato come passione per l’uomo. […] L’amore per l’uomo, la tenerezza per l’uomo, la passione per l’uomo, la stima assoluta per l’uomo”. Rinnovato tema di quest’anno. Una “trasmissione” del messaggio cristiano che Papa Francesco riconosce come patrimonio comune alla pastorale “umana” alla luce di Cristo, del suo pontificato e di quello del suo predecessore, Benedetto XVI.
Una “trasmissione” ripresa nell’etica che è stata fondativa del cristianesimo fin dalle origini, ed oggi di disarmante attualità, l’unica che letteralmente può disarmare questa attualità corrusca di decine di guerre combattute in questo momento nel mondo, di cui è persino inquietante che ce ne dimentichiamo perché presi nella tragedia ucraina alle porte di casa: l’etica del Samaritano. È solo l’etica del Samaritano, che Cristo ci propone come l’uomo buono che dobbiamo essere a prescindere dal Dio creduto e persino non creduto affatto – l’uomo che ha amore, tenerezza, passione, stima assoluta (cioè sciolta dal vincolo di qualsiasi appartenenza di razza, di religione, di nazionalità) per l’uomo – che ci può salvare, anche da questo fosco presente di una globalizzazione aberrante, come ebbero a condividere a Monaco di Baviera nel 2004 Ratzinger ed Habermas.
Ed è a quest’etica che il Papa chiede al Meeting di far fare anche quest’anno qualche passo in un mondo che ne ha disperatamente bisogno. Perché è l’unica etica comune che possiamo avere insieme credenti, mal credenti, e non credenti: quella dell’uomo. L’unica che consente anche all’uomo che non crede in Dio di farsi “santo”, se non agli occhi di Dio, almeno agli occhi degli uomini e di se stesso, come ebbe a scrivere Albert Camus in un passaggio memorabile de La Peste, grande metafora della condizione umana presa dal lato più difficile: come stare insieme, come viverla con dignità, questa esposta condizione alle cose e a noi stessi.
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