Stavolta segnalo una serie tv decisamente particolare e forse non per tutti. Tratta dal libro di Emily St. John Mandel, Station Eleven è stata prodotta da HBO Max grazie alla collaborazione sia per la sceneggiatura che per la produzione esecutiva tra l’autrice dell’omonimo romanzo e Patrick Somerville, il creatore della serie. I 10 episodi sono tutti disponibili in Italia sulla piattaforma TimVision dal 24 giugno.
È un racconto post-apocalittico al cui centro vi è la cultura, unica “ancora” di salvezza per l’umanità sopravvissuta, e in particolare il teatro, da quello classico di Shakespeare, al fumetto, quello che amano soprattutto i ragazzi. Station Eleven è infatti il titolo di un fumetto che passa di mano in mano lungo tutta la nostra storia e che sembra scritto da chi aveva il potere di prevedere il futuro. La lotta per la sopravvivenza – una volta che la civiltà che noi conosciamo è andata in pezzi – non ci trasformerà in bestie feroci solo se le parole scritte e poi ritrovate continueranno a trasmettere il loro valore profetico.
Il libro – scritto nel 2014, è bene ricordarlo subito, circa sei anni prima del Covid – parte dall’improvviso diffondersi di un virus respiratorio che non lascia scampo e uccide in poche ore chiunque si infetti. L’umanità reagisce un po’ allo stesso modo in ogni angolo della terra: prima domina lo scetticismo e l’incredulità, poi arriva lo spavento di massa e qualche azione significativa di solidarietà, poi quando si capisce che non resta più tempo prevale il più feroce ed egoistico “si salvi chi può”. E a salvarsi saranno solo coloro che riusciranno a evitare l’infezione e che si richiuderanno per mesi in posti isolati, impedendo persino all’aria di entrare, sigillando ogni fessura, ogni porta.
Il racconto si svolge lungo tre direttrici temporali, la prima è quella che racconta ciò che è accaduto poco prima che il virus si diffondesse e nei primi giorni dell’epidemia, la seconda invece ci racconta com’era diventato il mondo dopo un anno, e la terza quello di 20 anni dopo, quando finalmente il virus si è estinto, ma poco cambia per un’umanità che si è letteralmente fermata ai primi giorni dell’epidemia.
A incrociare queste tre direttrici temporali ci sono le vite di alcuni protagonisti – anche alcuni bambini che poi ovviamente ritroviamo tra gli adulti due decenni dopo – legati tra loro da un destino comune, sia perché essi sono amici da lungo tempo, o perché si sono incontrati occasionalmente negli ultimi momenti prima della diffusione del virus. In particolare la storia ruota intorno a Kirsten, una bambina intelligente e spigliata a cui piace recitare in una compagnia dove domina Arthur Leander, una star del teatro shakespeariano. Arthur muore durante l’ultimo spettacolo e nel parapiglia che ne segue Kirsten rimane da sola. Viene aiutata da Jeevan, uno degli spettatori che pur se seduto in platea si rende conto prima degli altri cos’è accaduto.
Jeevan cerca di riportare la bambina a casa sua, ma lo sviluppo degli avvenimenti e le prime notizie del diffondersi del virus spingono i due a rifugiarsi a casa del fratello Frank. Rimarranno chiusi in quell’alloggio per mesi, prima di cercare una via di fuga verso il mondo esterno. Kirsten – prima bambina e poi, vent’anni dopo, giovane attrice – è la vera protagonista della nostra storia. Da bambina ha avuto modo di conoscere Arthur e il teatro, ha imparato a memoria interi testi classici, ha incontrato tutti i suoi amici e altri attori famosi, e conserva gelosamente una delle poche copie di Station Eleven che legge e rilegge in continuazione. È naturale per lei dopo la catastrofe diventare l’animatrice di una compagnia teatrale “itinerante” che ha come scopo quello di girare per le comunità rimaste in vita e portare con la rappresentazione di grandi opere teatrali e musicali fiducia nella vita e nel futuro.
Tutto si svolge a Chicago e lungo le coste dei grandi laghi del nord. Si passa da inverni freddissimi a estati calde e lussuregianti, con una natura che invade ogni preesistenza umana. I piccoli gruppi di sopravvissuti devono fare i conti con le bande di violenti, profeti e pericolosi ciarlatani. Anche per questi motivi la storia si sviluppa in un clima di crescente tensione, fino a diventare un vero e proprio thriller.
I protagonisti sono tutti molto bravi e se si ha la pazienza di entrare nel vivo della storia – bisogna attendere, per capirci qualcosa, almeno il quarto episodio – è una seria tv molto bella e assai interessante, profonda. Non a caso è stata segnalata al pubblico anche per le 7 nomination ottenute agli Emmy 2022. In particolare sono da sottolineare l’interpretazione di Jeevan del giovane attore inglese di origini indiane Himesh Patel – miglior attore protagonista in una mini serie tv -, le musiche di Dan Romer e la fotografia di Christian Sprenger, anche loro tra i nominati ai prossimi Emmy.
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