Il forte rialzo delle materie prime energetiche e alimentari degli ultimi mesi ha avuto un notevole impatto su uno dei comparti che maggiormente rappresentano il Made in Italy nel mondo: l’agroalimentare. Luigi Scordamaglia, ospite oggi del Meeting di Rimi, tre mesi fa evidenziava che per le aziende agricole era difficile sopravvivere anche alzando i prezzi dei propri prodotti. Attualmente, ci spiega il Consigliere delegato di Filiera Italia, «purtroppo, la situazione non è cambiata. La riapertura – tra l’altro al momento parziale – delle esportazioni di cereali dall’Ucraina ha determinato un rallentamento solo temporaneo e minimo della corsa dei prezzi globali dei cereali (non oltre un -10% contro una media di aumenti di oltre il 50% registrata solo negli ultimi mesi).
L’incremento dei prezzi dei prodotti agricoli è invece strutturale e legato a fenomeni quali l’energia (ricordiamo che il gas è aumentato di circa 10 volte rispetto al prezzo prima della crisi) e dalla siccità che condizionerà la resa produttiva dei prossimi raccolti. Nonostante l’incremento dei prezzi, i margini delle aziende agricole e alimentari vengono erosi e non si riescono a compensare le impennate dei costi di produzione esplosi ben oltre il 40%. Senza forme adeguate di compensazione le aziende dell’intera filiera continueranno a chiudere.
Quindi, per i consumatori, dopo i rialzi degli ultimi mesi, il peggio, a livello di prezzi allo scaffale, deve ancora arrivare?
Purtroppo, sì. Per evitare che le filiere chiudano è necessario che vengano scaricati ulteriori aumenti sui prezzi dei prodotti finiti, cosa che è facile prevedere possa avvenire già nella ripresa autunnale, quando la situazione diventerà particolarmente complessa soprattutto per le famiglie meno abbienti.
Vuol dire che avremo sostanzialmente una situazione di inflazione elevata e di recessione, cioè una stagflazione?
Credo che la congiuntura provocherà un rallentamento del manifatturiero italiano un po’ in tutti i settori, a cominciare dall’ agroalimentare. Oggi la crescita maggiore del Pil e del nostro Paese rispetto, ad esempio, alla Germania è legata soprattutto al turismo, ma quello che traina l’Italia sono le filiere produttive manifatturiere e agricole che continuano ad avere pesanti difficoltà. Insomma, il peggio dell’inflazione non è alle spalle con l’energia che non scenderà e tassi di interesse che continueranno ad alzarsi inibendo gli investimenti delle aziende. Con margini quindi che continueranno pericolosamente a erodersi. Servono quindi interventi tampone per compensare l’incremento dei costi energetici e misure ben più strutturali per troppi anni rimandate e che non vorremmo oggi venissero ancora congelate in una campagna elettorale avviata più con scontri ideologici che su confronti concreti di soluzioni da porre alle problematiche del nostro Paese.
Nei mesi scorsi auspicava mosse dell’Europa sull’agroalimentare. Sono arrivate? Cosa dovrebbe fare Bruxelles?
La reazione di Bruxelles alla crisi alimentare energetica è stata timida e non risolutiva (basta guardare i tetti ridicolmente bassi introdotti agli aiuti di Stato). Capisco che non è semplice fare un’inversione a 180° rispetto a una politica sbagliata che negli ultimi anni ha provocato uno smantellamento della produzione energetica e agroalimentare e un’esaltazione di un modello di globalizzazione senza regole in cui si pensava che Paesi lontani come la Cina o il Mercosur potessero fornire all’Europa tutto ciò di cui aveva bisogno. Oggi si è finalmente compreso che così non è, ma bisogna avere il coraggio di ricominciare a produrre in maniera competitiva e sostenibile in Europa e il cambio di passo della Commissione in questo senso non è ancora adeguato, né convincente. Per un’Europa più forte, obiettivo che tutti noi dovremmo seriamente perseguire, ci vogliono più scelte politiche coraggiose e meno tecnicità burocratiche slegate dal mondo reale.
Cosa pensa delle recenti proteste degli allevatori olandesi? Pensa che vedremo qualcosa di analogo in Italia?
Credo che le reazioni degli agricoltori olandesi (e non solo) siano sottovalutate in quanto espressione di un malessere ben più grave di quanto traspaia sui mezzi di comunicazione. E sono il frutto di un utilizzo strumentale della transizione ecologica che non viene vista come un’opportunità di produzione sostenibile e distintiva, ma come una scusa da parte delle autorità olandesi di far chiudere intere filiere zootecniche che generano ricchezza, valore sociale e cibo di qualità e che si vogliono sacrificare nell’interesse di poche multinazionali che producono cibi sintetici a cominciare dal latte, alla carne, alle uova di sintesi. È grave che questo pericolo non venga visto e anche in Italia c’è una sottovalutazione del problema visto che multinazionali estremamente potenti anche da un punto di vista della comunicazione vogliono omologare la dieta globale e controllare l’alimentazione del futuro. Secondo gli analisti di McKinsey, entro il 2030 sul settore della carne sintetica ci saranno investimenti totali pari a ben 25 miliardi di dollari, e dobbiamo tutti sapere che si tratta di una guerra di lunga durata il cui esito inciderà sul futuro di tutti noi. Con queste risorse a disposizione qualsiasi bugia diventa realtà. Ci fa particolare piacere vedere che come richiesto da Filiera Italia impegni precisi contro tale tendenza sono stati assunti nei programmi di tutti i principali partiti italiani oggi in campagna elettorale.
Prima del Decreto aiuti-bis, auspicava anche un intervento da parte del Governo ancora in carica su Iva e cuneo fiscale. Non sembra ci siano state mosse nette in tale direzione. Cosa accadrà?
C’è una condivisione trasversale del fatto che l’intervento in assoluto prioritario del nostro Paese deve essere la netta riduzione del cuneo fiscale anche tutto a vantaggio dei lavoratori per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie meno abbienti, poi però si tende nelle promesse elettorali a perdere di vista il punto e a rincorrere bonus e regalie.
Cosa chiedete a questo punto al Governo attuale e a quello che verrà dopo le elezioni, anche in vista della Legge di bilancio?
Di nuovo cuneo fiscale a tutto vantaggio dei lavoratori e credito d’imposta importante per compensare alle aziende agricole e manifatturiere l’aumento insostenibile dei costi energetici, ma soprattutto di avere una visione di lungo termine che consenta di tornare, mi passi il termine, a una sana e corretta sovranità alimentare energetica logistica di gestione dell’acqua che non vuol dire avere una visione autarchica, ma svincolarsi da una globalizzazione senza regole o d’accordi multilaterali basati su una corsa di abbassamento agli standard di sicurezza alimentare ambientale e sociale e di un grande processo di semplificazione burocratica che porti finalmente alla realizzazione di piani condivisi da tutti ma bloccati dall’ultimo dei funzionari.
(Lorenzo Torrisi)
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