Com’era facile prevedere, e tutti lo ripetono fin dall’inizio, la pandemia ci ha cambiati, ha cambiato le persone e anche le strutture cui esse hanno dato vita nel corso degli anni. Ciò vale, in particolare, per una realtà assai complessa come la Pubblica amministrazione, chiamata a garantire in tempo di lockdown il funzionamento dei servizi pubblici in tutto il territorio nazionale, fronteggiando situazioni estreme e impreviste a partire dall’introduzione dello strumento come lo smart working sino ad allora previsto solo sulla carta.
Significativa in tal senso l’indagine recentemente condotta dall’Istat su: “Cittadini e Lavoro a Distanza nella Pa durante la Pandemia”, che ha fotografato anche il livello di soddisfazione degli utenti dei servizi della Pa tra maggio 2020 e gennaio 2022. Il giudizio più ampio su quanto accaduto negli uffici italiani, lungi dall’essere definito, ma tenuto conto che l’emergenza permane, è fatto di luci e ombre.
A quel che resta della grande promessa di cambiamento della Pubblica amministrazione che dapprima la stessa pandemia e poi il Pnrr avevano portato con sé sarà dedicato il tradizionale appuntamento che il Dipartimento Istituzioni e Amministrazione Pubblica della Fondazione per la Sussidiarietà terrà anche quest’anno al Meeting di Rimini. Il dibattito, che inizierà oggi alle 16:00 e potrà essere seguito anche su tutti i canali digitali del Meeting, vedrà la presenza di autorevoli rappresentanti del variegato mondo della Pa, a partire da Sabino Cassese, Giudice emerito della Corte Costituzionale; Vincenzo Amendola, Sottosegretario agli Affari Europei; Igor De Biasio, Amministratore Delegato Arexpo; Marco Fioravanti, Sindaco di Ascoli Piceno; Alberto Gambescia, Amministratore unico EUtalia (Ministero dell’economia e delle finanze), editore della Rivista Italiana di public management; Christian Malangone, Direttore Generale del Comune di Milano.
Abbiamo chiesto a Salvatore Taormina, dirigente di lungo corso della Regione Siciliana di cui è stato anche Segretario Generale, che modererà l’incontro in qualità di Coordinatore del Dipartimento Istituzioni e Pubblica Amministrazione della Fondazione per la Sussidiarietà, di anticipare alcuni dei temi che saranno affrontati.
Come esce la Pubblica amministrazione da questi ormai tre anni di pandemia? Più fragile o più irrobustita?
La risposta non può essere univoca. Dobbiamo registrare con grande realismo che ci sono entrambe le realtà.
Partiamo dalle fragilità. Quali si sono evidenziate?
Dobbiamo prendere atto del senso e del peso di una transizione digitale ancora incompiuta, seppur annunciata da una serie di interventi legislativi: questa trasformazione stenta a strutturarsi. Ma non è il solo elemento di fragilità.
Quali altri allora?
La carenza di competenze professionali evolute e specifiche. Cito come esempio quanto accaduto in Sicilia: per intervenire sull’emergente disagio sociale creatosi a causa della pandemia, la Regione si è resa protagonista di un’azione di riprogrammazione dei Fondi europei e nazionali che metteva sostanzialmente a disposizione dei comuni siciliani 100 milioni di euro per fronteggiare le esigenze più immediate dei tanti nuclei familiari caduti in difficoltà.
E cos’è accaduto?
È accaduto che una parte significativa di queste risorse è rimasta sostanzialmente inutilizzata perché molti Comuni sono stati frenati dalla necessità di doversi misurare con regole di rendicontazione particolarmente articolate e complesse come quelle dei Fondi comunitari; attività alla quale soprattutto le realtà amministrative più piccole non erano preparate dal punto di vista professionale. Questa vicenda lascia sullo sfondo un tema più ampio: quello della relazione tra il funzionamento della Pubblica amministrazione e il ruolo delle assistenze tecniche. L’altro elemento di fragilità emerso è il principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo.
Ci spieghi.
Si pensi al livello di conflittualità all’inizio della pandemia tra amministrazioni, locali, centrali e nazionale. Molte hanno smarrito il senso pratico di questo principio nel tentativo di far prevalere un’autoreferenzialità dell’affermazione delle competenze che ciascun ente rappresentava. Ricordo certi protagonismi di Sindaci o Presidenti di regione poco attenti a un corretto rapporto con tutti i livelli delle decisioni da prendere.
Parliamo adesso dei punti di forza. Quali sono stati?
Il primo è stato certamente un certo protagonismo della persona come motivazione e competenza emerso quale elemento fondante del valore percepito da parte dei cittadini del servizio pubblico. Esempio eclatante è stato la dedizione e l’abnegazione del personale sanitario nella gestione della pandemia.
E il secondo?
Un ritrovato protagonismo del Terzo settore il quale, col sostegno della Pubblica amministrazione e con le competenze e le esperienze di cui è dotato, ha saputo dare risposte alle altezze dei bisogni: non appena quelli alimentari o farmaceutici, ma anche quelli relativi ad aspetti delle nuove povertà o magari quelle poco appariscenti. In questo contesto va inserita l’importanza dei pronunciamenti della Corte Costituzionale sul tema della co-progettazione
Ma non abbiamo parlato dell’esperienza dello smart working. Che giudizio se ne può trarre?
Certamente è la più interessante ed è ricca di luci e ombre: di sicuro ha avuto la capacità di rimettere a tema la domanda sul senso e l’utilità il lavoro pubblico all’interno della Pa.
Questo è quanto accaduto. Ma oggi qual è la situazione?
Il presente è caratterizzato dalla gestione del Pnrr, strumento che reca in sé stesso una grande occasione di cambiamento, resa palese proprio dall’esperienza della pandemia. Evidentemente il Pnrr è stato immaginato come volano finanziario, organizzativo di questo cambiamento. Esso ci ha dato l’impressione che cose di cui si parlava da anni – se non da decenni – potevano essere effettivamente aggredite proprio per la spinta finanziaria e organizzativa che lo strumento portava in se stesso.
Quale ruolo ha avuto a suo giudizio il Governo in questo processo?
Il Governo ha compiuto delle scelte necessarie per fare funzionare questo strumento di programmazione che sono sinteticamente sintetizzate nel Decreto legislativo n. 77 del 2021 per quanto riguarda il sistema di governance e il Decreto legislativo n 80 del 2021 per quanto riguarda il tema del personale all’interno della Pa.
E il suo giudizio?
Malgrado il suo notevole impegno, si deve prendere atto che il modello di governance del Decreto legge 77 è stato essenzialmente centralizzato, nell’intento primario di garantire obiettivi e scadenze programmate. Il decreto legge 80 si è concentrato parimenti su una centralizzazione semplificata delle procedure di reclutamento, attribuendo un ruolo assai significativo al FORMEZ e in parte alla Scuola nazionale dell’Amministrazione per quanto riguarda l’aspetto formativo. Ciò che forse è mancato è stata, forse, una più attenta analisi tesa a determinare i necessari percorsi di skilling e di reskilling interni alla Pa di cui le procedure di reclutamento dovrebbero essere una conseguenza. Ma nel momento attuale non si possono dimenticare le gravi incognite indotte dalla guerra di aggressione della Russia all’Ucraina.
E questa come incide?
Di fronte alla guerra e alle significative e pesanti conseguenze che giungono fino a noi sembra quasi che la spinta di cambiamento a partire dalla pandemia e da tutto ciò che ne è conseguito si stia attenuando se non addirittura svanendo in funzione di ben altre attività.
E guardando al futuro cosa si può prevedere?
Il futuro si caratterizza schematicamente per alcuni aspetti: l’urgenza di una svolta che non è venuta meno e la necessità di valorizzare una responsabilizzare riflessione che porti a proposte precise e concrete nella nuova legislazione che si aprirà anticipatamente dopo l’estate.
E in definitiva cosa ci si può attendere dal confronto di oggi al Meeting di Rimini?
L’autorevolezza dei relatori, a partire dal Professore Cassese, e la pluralità degli approcci alle tematiche da trattare, stante la diversità dei ruoli che ciascuno di loro esercita, costituisce la migliore premessa per un consapevole approfondimento delle questioni di fondo poste a base del confronto. Sono certo che non mancheranno specifici apporti propositivi in direzione di una vera e propria “transizione culturale” del nostro apparato pubblico che non può essere più rimandata: argomento che costituisce, a mio avviso, l’autentico punto di caduta dell’infuocato (anche per il periodo) confronto politico in corso in vista dell’ormai prossima scadenza elettorale.
(Francesco Inguanti)
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