Quest’anno al Meeting di Rimini, l’Associazione Euresis e Camplus propongono un percorso dal titolo “In oculis facta” sul ruolo dell’immagine nella conoscenza scientifica. Tra le numerose iniziative proposte, oggi martedì 23 agosto, alle ore 21, si svolgerà l’incontro introdotto da Marco Bersanelli “Una nuova finestra sullo spazio profondo” con John Mather, Premio Nobel per la Fisica nel 2006 e Senior Project Scientist del James Webb Space Telescope (JWST), Massimo Robberto, Responsabile dello strumento NIRCam del JWST ed Elena Sabbi, Responsabile dello strumento NIRSpec del JWST.
Attraverso la testimonianza dei principali protagonisti del progetto JWST avremo la fortuna di ammirare le primissime immagini riprese e di condividere le motivazioni, le domande aperte e l’attesa per le nuove finestre che questo straordinario strumento aprirà sul cosmo. Ne abbiamo parlato con Massimo Robberto.
Cos’è NIRCam, lo strumento del JWST di cui lei è responsabile?
NIRCam è lo strumento principale del JWST che ci permette di ottenere le immagini più spettacolari, coprendo l’intervallo di lunghezza d’onda da 0,6 a 5 micron. Inoltre NIRCam ci consente di controllare i 18 specchi del telescopio in modo tale che funzionino come un unico specchio.
È stato difficile mettere a fuoco lo strumento?
Inizialmente abbiamo osservato la grande nube di Magellano. La prima immagine che abbiamo ottenuto era sfocata e distorta; vedevamo 18 volte lo stesso campo. Ce lo aspettavamo perché tutti gli specchi, ciascuno con sei pistoni, dovevano ancora essere sistemati. Dopo mesi di lavoro siamo riusciti ad allineare tutti gli strumenti e abbiamo ottenuto l’immagine finale della nube; era bellissima e piena di stelle.
Cosa può dirci delle immagini del JWST pubblicate lo scorso 12 luglio?
È stata un’esperienza affascinante essere tra i primi a vedere i risultati del telescopio più grande mai costruito. Io ero uno dei pochi fortunati a essere nella stanza dove queste immagini sono state prodotte. Mi sono sentito come Galileo che mette gli occhi nel cannocchiale per la prima volta. Tra le immagini pubblicate penso che la nebulosa della Carena sia una delle più spettacolari. Al Meeting di Rimini spiegherò come si producono i suoi falsi colori e come un astrofisico la osserva. Per noi non si tratta di un’immagine piatta, ma tridimensionale.
Perché è importante studiare la formazione stellare?
La formazione delle stelle è uno dei problemi di astrofisica più aperti. Per certi versi conosciamo meglio come è nato l’universo, rispetto a come è nato il Sole. I nostri modelli attuali sono limitati e si basano solo su osservazioni nella nostra galassia. Per migliorarli dobbiamo osservare la formazione delle stelle del passato, 10 miliardi di anni fa, quando c’erano parametri diversi. Questo ci permetterà di andare avanti: aumentare la diversità delle zone osservate.
Quali sono gli altri obiettivi del JWST?
Un telescopio a infrarosso può affrontare diversi campi di ricerca scientifica. Oltre la formazione stellare, tra gli obiettivi principali ci sono la nascita delle prime galassie e la loro evoluzione. Inoltre gli esopianeti sono diventati sempre più prominenti nel corso degli anni. Abbiamo dovuto modificare gli strumenti per affrontare i nuovi campi di ricerca che si aprivano, come lo studio delle loro atmosfere.
Cosa avete visto di inaspettato?
Ci ha stupito vedere galassie primordiali di una gioventù dell’universo mai viste prima. Inoltre ci siamo accorti che il telescopio è così potente che è in grado di risolvere non solo le galassie ma anche gli ammassi globulari che le circondano. Li avevamo visti localmente, ma mai intorno a galassie così lontane.
(Andrea Zannoni)
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