ACCORDO CINA-VATICANO E I PRIMI FRUTTI: LA NOMINA DEI VESCOVO NELL’ULTIMO CONGRESSO
Per chi mastica un minimo di rapporti tra Cina e Vaticano, quanto avvenuto in questi giorni nel X Congresso dei rappresentanti cattolici fa ben sperare per l’imminente discussione sull’accordo tra Pechino e la Santa Sede: per chi invece fosse all’oscuro delle “puntate precedenti”, il tema è alquanto semplice. Un vescovo della Chiesa cinese, riconosciuto dal Vaticano proprio per via dell’accordo provvisorio tra Cina e Vaticano (rinnovabile ogni due anni, ndr), è stato eletto nuovo capo della Conferenza dei vescovi a Pechino: la notizia data dall’Agenzia FIDES vede dunque emergere un percorso non solo ad ostacoli nel tentativo di “normalizzazione” dei rapporti tra i cattolici e il regime comunista di Xi Jinping, il quale comunque continua a perseguitare sacerdoti e laici che non si riconoscono nelle due autorità approvate da Pechino, l’Associazione patriottica e la Conferenza dei vescovi.
Nel recente Congresso dei rappresentanti cattolici – cui hanno partecipato vescovi, preti, religiosi e laici – tenutosi a Wuhan lo scorso 18 agosto si sono visti sia le autorità religiose che i dirigenti del Fronte Unito, con competenza sulle religioni in Cina. Un tempo la separazione (e persecuzione conseguente) era molto netta: dopo l’Accordo sino-vaticano invece i rapporti sono certamente migliorati, tanto da arrivare alla nomina del nuovo capo della Conferenza dei vescovi di un presule già riconosciuto dalla Santa Sede. Si tratta di Mons. Joseph Shen Bin, vescovo di Haimen e più volte nel recente passato in visita in Italia dove ha anche fatto visita alla tomba di San Pietro in Vaticano: l’intera Conferenza Episcopale, spiega “L’Avvenire”, ad oggi vede tutti i propri membri in comunione con il Papa.
CHIESA IN CINA E IL RAPPORTO CON IL VATICANO
La Conferenza dei vescovi, in quanto accettata dal regime, inevitabilmente vede al suo interno vescovi e monsignori tutti riconosciuti da Pechino e non in aperto contrasto con le politiche del partito comunista popolare: l’Accordo tra Cina e Vaticano però ha reso negli ultimi anni ben più “morbido” il tentativo da entrambe le parti di venirsi incontro e riconoscere i propri rispettivi organismi. Oltre a Mons. Shen Bin, il Congresso dei cattolici cinesi ha visto la nomina di responsabile dell’Associazione Patriottica di Giuseppe Li Shan, vescovo di Pechino e dal passato tormentato in patria avendo richiesto nel 2008 una visita di papa Benedetto XVI in Cina.
Non tutto è stato risolto nel complesso Accordo tra Pechino e il Vaticano: ad esempio, manca ancora la questione dei vescovi clandestini non riconosciuti dal governo, e per questo perseguitati con arresti e limitazioni ad ogni tipo di libertà (anche perché vi entra in contatto). Dopo però il passaggio del Congresso e la nomina di vertici riconosciuti contemporaneamente da Xi Jinping e da Papa Francesco, la strada è forse lievemente meno difficile: catechesi, evangelizzazione e carità sono i capisaldi del magistero di Mons. Shen Bin e dopo l’accordo trovato in questi giorni potrà essere più “semplice” diffonderli nel tessuto della Chiesa cinese, specie nel periodo assai travagliato per la costante minaccia della “crisi Taiwan” che incombe. Di contro, l’accordo può giovare anche a Xi che si appresta ad affrontare il Congresso del Partito «nel tentativo di mostrare l’immagine di una società ordinata e stabile», rileva l’Avvenire. Il rinnovo dell’Accordo tra Santa Sede e regime potrebbe a questo punto essere tema non più così ostico, con i cattolici cinesi che potrebbero dunque vedersi confermare le (poche) libertà concesse in questi anni dal regime comunista. Riassumendo in parole poverissime: con il Congresso di agosto non si è risolto affatto il problema della fede in Cina, ma certamente non è peggiorato.