Giovanni Padovani è il killer di Alessandra Matteuzzi: il ventisettenne ha ucciso la ex compagna a mazzate ed è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario aggravato. L’uomo, nato a Senigallia (in provincia di Ancona), viveva in Sicilia, dove giocava per la Sancataldese, squadra che milita in Serie D. La sua carriera da difensore era iniziata tra le fila delle giovanili della Alma Juventus Fano, dell’Ancona e del Napoli. Poi il passaggio nelle prime squadre dilettantistiche in giro per l’Italia, tra cui Sambonifacese, Bellaria e Cailungo. In mezzo l’unica esperienza tra i professionisti, con la maglia del Gavorrano, in Serie C.
La relazione con la vittima era iniziata lo scorso anno, a distanza. Il calciatore infatti si era trasferito in Sicilia proprio per seguire la sua passione: per metà stagione era stato al Troina, per l’altra metà al Giarre. Questa estate era stato ingaggiato dalla società nissena, con cui stava svolgendo il ritiro prima di partire per Bologna, dove ha ucciso la donna. A gennaio lei lo aveva lasciato e a luglio lo aveva denunciato. L’uomo non accettava la fine della loro relazione e aveva iniziato a perseguitarla.
Giovanni Padovani, chi è killer Alessandra Matteuzzi: “Non era sereno”
La morte di Alessandra Matteuzzi è una tragedia annunciata: il killer Giovanni Padovani, infatti, aveva dato innumerevoli segnali di squilibrio. Una denuncia per stalking ed un divieto di avvicinamento pesavano su di lui. Anche i dirigenti della Sancataldese, società in cui militava da dieci giorni, avevano notato che non era sereno. “Avevamo intuito che avesse dei problemi e che non era sereno. Spesso si isolava, tant’è che sabato aveva lasciato improvvisamente il ritiro dicendo all’allenatore che per problemi personali doveva andare via”, ha raccontato a Il Resto del Carlino l’avvocato del club Salvatore Pirrello.
E prosegue: “Lunedì ci aveva ricontattato per chiedere di rientrare in squadra. Ma il fatto che fosse andato via senza nessuna spiegazione la sera prima della partita di domenica, contro il Catania per noi era un fatto grave e quindi non lo abbiamo più reintegrato in squadra comunicandogli che per quanto ci riguardava poteva cercare una nuova società. Certo nessuno poteva aspettarsi fatti simili”.