Nando Dalla Chiesa, il ritorno a Palermo in memoria del padre
Fernando “Nando” Dalla Chiesa è il secondogenito del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e fratello della nota conduttrice televisiva Rita e di Simona Dalla Chiesa. Alla sua attività di scrittore ha affiancato quella di sociologo, politico e accademico. Da sempre impegnato a denunciare le collusioni della mafia con il potere, Nando in questo ha seguito le orme del padre, ucciso a Palermo il 3 settembre 1982 dalla mafia, mentre ricopriva il ruolo di prefetto. “Il 3 settembre tornerò dove hanno ucciso mio padre”, ha anticipato in una recente intervista a Repubblica alla vigilia dell’importante anniversario. Nel capoluogo siciliano non ci tornava esattamente dal 2004.
Tanti i ricordi che però legano Nando Dalla Chiesa a Palermo, a partire dalla caserma di corso Vittorio Emanuele, oggi intitolata al padre ucciso da Cosa Nostra. Prima ancora di suo padre, negli anni Quaranta era stato comandante il nonno materno. Il padre era molto legato ai ragazzi ed al concetto di integrazione tra Arma e famiglia. Non è un caso se dopo la sua morte anche Nando Dalla Chiesa ha considerato il lavoro con i giovani la sua missione di vita.
Nando Dalla Chiesa, la sua visione della mafia oggi
Quando Nando Dalla Chiesa venne al mondo, il padre Carlo Alberto, all’epoca capitano a Corleone, era di pattuglia. “Per me, la Sicilia è piena di ricordi che si sono accumulati nel tempo. A volte, mi sembra ancora di sentire l’odore dei cavalli davanti al cinema Fiamma, di via Notarbartolo. Oppure il profumo dei gelsomini di vicolo Pandolfini, dove incontravo Emilia, la ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie”, ha commentato, facendo fatica ad esprimere a parole quelle sensazioni e le emozioni che gli provocano i ricordi di Palermo ed in generale della Sicilia.
Aveva 17 anni quando, nel 1966, scoprì davvero cosa era Palermo: “mi colpì la simpatia che si respirava verso la mafia”, ha raccontato a Repubblica. Oggi, ripensando a ciò che ha dovuto passare, Nando Dalla Chiesa rivive il prezzo che ha dovuto pagare insieme alla sua intera famiglia. “Ho fatto tutto il possibile, credo di essere stato un bravo figlio. Ho fatto tutto il possibile e naturalmente l’ho pagata. E questo rimane un punto di amarezza. Altri figli non l’hanno pagata quanto me, magari perché erano più giovani”, ha commentato con una certa amarezza. Sebbene l’atteggiamento dei carabinieri nei suoi confronti ha ammesso di vederlo differente rispetto al passato, per il resto continua ancora a sentire una certa diffidenza. Nando da qualche tempo è in pensione ma continua ancora ad essere molto attivo sul piano dell’insegnamento: “Il rettore di Milano mi ha nominato suo delegato per l’area degli studi sul crimine organizzato. Continuo ad avere tre insegnamenti”, ha svelato.