Caro direttore,
potrebbe sembrare puramente accessorio far notare a Galli della Loggia che, nel suo ultimo editoriale apparso sul Corriere della Sera del 29 agosto, “L’eclissi cattolica in politica”, ha colto l’essenza della cattolicità con stupefacente limpidezza: “Per esistere bisogna consistere. Ma oggi il termine cattolico può consistere in cose molto diverse tra loro”.
Già, perché i cattolici non consistono in niente, se non in Gesù Cristo. Solo per questo e in questo la Chiesa – che è la loro unica vera unione terrena – può dirsi cattolica, cioè “universale”. Molto altro non c’è, o comunque non è degno di nota, per definire la presenza di questi strani personaggi erranti nel mondo.
Bello spunto teologico, mi si potrebbe dire, ma qui si parla di politica e società. Sinceramente, fatico a trovare qualcosa che c’entri di più con politica e società, quando si parla di cattolici, che questo dato di fatto: la loro consistenza non è fondata nel mondo. Anzi, vale la pena persino di insistere nell’esegesi dell’articolo, per dire a Galli Della Loggia che usa un aggettivo corretto, ma con un’accezione sbagliata: più che “fluida”, l’identità dei cattolici è “incontenibile”, come l’aria, o, se vogliamo, lo Spirito che li dissemina nel mondo.
Sono nato nel 1993, proprio in quella crepa della catastrofe citata nell’editoriale, esattamente da quando i cattolici avrebbero iniziato a contare “zero” politicamente. Resterebbe da capire, a questo punto, come io abbia fatto a frequentare le scuole paritarie, chi siano stati gli ispiratori del “buono scuola”. Non mi sarebbe nemmeno chiaro, in questa ricostruzione storica, quali siano le radici dell’associazione universitaria in cui ho lavorato per allargare l’accesso al diritto allo studio, con altre migliaia di studenti prima e dopo di me. Tante altre cose, viste coi miei occhi, mi diventerebbero oscure, come chi siano questi signori delle opere di carità che innervano il sistema sanitario, assistenziale e sociale, o le tante comunità di territorio che hanno risposto alle calamità degli ultimi vent’anni (dai terremoti alla pandemia), e quindi come sia possibile trarre beneficio da questo modello di “sussidiarietà”.
Nella prima repubblica non c’ero e durante la sua fine ero preso da altro. Non mi avventuro dunque in una ricostruzione storica, che avrebbe bisogno di qualche pagina in più. Quello che so è che i cattolici hanno una vocazione per il mondo. Perciò non mi stupisce vederli oggi dappertutto, da Sant’Egidio ai giussaniani, da FdI al Pd, passando forse, perché no, anche dagli ecologisti. Capisco, tuttavia, che la natura di questi cattolici “disseminati” possa risultare tediosa e odiosa per chi è infastidito da quella cosa scomoda e irriducibile che si chiama libertà. Così tediosa perché si mette ostinatamente in mezzo, ostacolando disegni e progetti del potere mondano e smitizzando gli idoli (eterna missione cristiana) delle varie e complementari ideologie vigenti, tutte ugualmente settarie, che li vorrebbe operai infaticabili nella sua fabbrica dell’utile e dell’ordine, mentre essi, da perfetti costituzionalisti, oppongono a questo schema l’odiosa “libertà di coscienza” che, supremo scandalo, è per loro obbedienza alla Chiesa.
Se si tiene presente quel principio tanto elementare quanto irrinunciabile, le proposte ai cattolici di Galli della Loggia appaiono quindi tanto errate quanto esatte erano le sue intuizioni iniziali. L’unica consistenza della libertà mondana dei cattolici è che la loro consistenza non è del mondo. Per questo la cosa più stupida che potrebbero fare è staccarsi dall’ispirazione della Chiesa e della Santa Sede. Da figli, possono stare con tutti e andare dove credono, mentre qualche amico li incastrerebbe molto volentieri “solo in una parte, di destra o di sinistra” a suo piacimento.
Che poi trovino un’espressione pubblica unitaria sarebbe particolarmente desiderabile e di grande conforto per tutti, ma c’è un problema. Il problema degli uomini liberi e dei figli è che non staranno mai insieme per convenienza utilitaristica o mera sintonia emotiva; la sola unità che accetteranno è quella concorde dei fratelli. Che proverbialmente è tutto fuorché pacifica. Ma questo non è qualcosa che si realizzi con patti a tavolino, piuttosto accade nel tempo e soltanto se, come disse San Giovanni Paolo II, “l’attenzione ai principi e ai contenuti dell’impegno sociale e politico viene prima, per i cattolici, di ogni considerazione di metodo o di schieramento; e la Chiesa stessa, senza coinvolgersi in scelte di parte, non può rinunciare a proporre con chiarezza la dottrina sociale cristiana” (Giovanni Paolo II, 31 dicembre 1995, Te Deum di ringraziamento e primi Vespri in onore di Maria Santissima Madre di Dio).
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