In attesa che il vertice Ue della prossima settimana metta mano alla complessa partita del price cap, il governo italiano sta preparando un suo piano per contenere i consumi di gas e per cercare di venire incontro alle difficoltà di imprese e famiglie nel pagare bollette astronomiche. A illustrarlo, nel corso di un Cdm informativo sul tema, è stato il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
Le misure prevedono, sul fronte del mercato civile, una minima riduzione delle temperature del riscaldamento, il ricorso a combustibili alternativi per limitati periodi e l’utilizzo ottimizzato dell’energia, con l’obiettivo di conseguire risparmi variabili tra i 3 e i 6 miliardi di metri cubi di gas in un anno. Sul versante delle imprese, invece, si sta lavorando a due interventi, che verranno finalizzati entro la prima metà del mese, che riguardano l’energy release (circa 18 TWh) e il gas release (circa 2 miliardi di metri cubi) a prezzi controllati per supportare le aziende energivore e gasivore. Basteranno? Siamo sulla strada giusta? O è assolutamente necessario arrivare anche al traguardo del tetto al prezzo del gas?
“Il price cap – risponde Roberto Bianchini, partner Ref Ricerche e direttore dell’Osservatorio Climate Finance del Politecnico di Milano – rischia di essere dannoso, meglio lavorare in vista dell’inverno sulla rimodulazione della domanda e sul risparmio energetico: dando un segnale in tal senso ai mercati, si potrebbe ottenere un calo dei prezzi del gas, che oggi sono molto elevati perché prezzano l’aspettativa che possa mancare la materia prima”.
Partiamo dalle prospettive sul fronte di prezzi e forniture di gas. Che scenario ci attende?
I numeri ci dicono che la riduzione di circa la metà dei 18 miliardi di metri cubi che arrivano dalla Russia è stata sostanzialmente assorbita dalle maggiori importazioni da Norvegia, Algeria e Azerbaijan e grazie ai rigassificatori. Tutto sommato, dal punto di vista fisico siamo riusciti a compensare la diminuzione dei flussi da Mosca.
E se la riduzione dovesse essere maggiore o addirittura totale?
In tal caso, un ulteriore incremento dei flussi da quei Paesi risulterebbe abbastanza difficile.
Quindi?
Per cautelarsi vanno adottate tutte le misure possibili, tra cui anche quelle illustrate in Cdm dal ministro Cingolani. In pratica, è inevitabile intervenire sul lato della domanda.
Veniamo allora al piano Cingolani: per abitazioni e uffici termosifoni accesi fino a due ore in meno e fino a due gradi in meno. Misura efficace?
Dati da me elaborati mostrano che una riduzione di un grado della temperatura esterna, e più o meno ciò equivale a tenere i termosifoni più bassi di 1-2 gradi, genera nel settore civile – cioè famiglie, negozi e piccole attività economiche, che pesano per il 45-50% sul totale – una contrazione della domanda di gas tra il 5% e l’8%.
Questo cosa significa in valori generali?
Significa una riduzione tra il 2% e il 4% della domanda complessiva, una riduzione cioè da 1,5 a 3 miliardi di metri cubi. È chiaro che non è una soluzione risolutiva al 100%, soprattutto nel caso vengano a mancare gli 8-9 miliardi di metri cubi che ancora oggi arrivano dalla Russia. Ma questi risparmi potrebbero comunque generare un effetto positivo.
Quale?
In questo momento il mercato di Amsterdam è finito nel mirino, ma non è tutta colpa del Ttf. Certo, ha i suoi difetti, subisce l’influenza magari di trader russi interessati a tenere alto il prezzo, ma in buona sostanza oggi il Ttf fa il suo mestiere, lavora sulle aspettative e sta prezzando il fatto che c’è la concreta possibilità di arrivare corti sulle forniture di gas. Quanto vale per una famiglia rinunciare al riscaldamento?
Vale tanto.
Appunto. E probabilmente i trader stanno oggi prezzando questo, sanno che se voglio quel gas sono disposto a pagare molto. Quando la Germania ha annunciato una riduzione consistente dei consumi, anche con l’obbligo di abbassare la temperatura o con il posticipo nell’accensione del riscaldamento, il mercato ha percepito una volontà seria di un grande Paese consumatore nel voler ridurre la domanda di gas. Non a caso il Ttf rispetto ai picchi massimi negli ultimi giorni ha già un po’ ritracciato.
Per le imprese il governo prevede interruzioni volontarie e pacchetti di energia a prezzi calmierati, utilizzando gas release ed energy release. Che ne pensa?
Prendiamo il caso dell’elettricità. Il Gse ritira energia elettrica dai produttori delle rinnovabili, ma non può stoccarla, andrebbe persa, deve quindi rimetterla subito in rete. Potrebbe farlo a prezzi calmierati, ma serve appunto un mandato politico chiaro.
Quanta energia elettrica può liberare il Gse?
Il Gse vende al mercato tra i 15 e i 25 TWh. Il calcolo non è preciso perché dipende molto da cosa si include tra i diversi sistemi di ritiro del Gse, ma è comunque una quota significativa. Solo per avere un termine di paragone, la richiesta di energia in Italia nel 2021 è stata di 318 TWh.
La prossima settimana, dopo le aperture della Ue e della Germania, si dovrebbe discutere di tetto al prezzo del gas. Il price cap è la soluzione ottimale?
È un tema molto complesso. Per esempio: lo applico solo alle forniture alla Russia?
Ieri i ministri delle Finanze del G7 hanno approvato il piano che prevede di fissare un tetto al prezzo del petrolio che proviene dalla Russia e Mosca ha fatto sapere che di fronte a tale ipotesi “non avrebbe garantito più rifornimenti all’Europa”. Succederà così anche nel caso si fissasse un tetto al prezzo del gas nel prossimo vertice Ue?
È una eventualità concretissima, anche se la Russia sa benissimo che nel momento in cui chiude i rubinetti le sue entrate da energia crollano. Se lo può permettere dal punto di vista finanziario e dal punto di vista dello spreco? Come abbiamo visto ai confini con la Finlandia oggi Mosca è costretta a bruciare gas, perché i giacimenti non si possono aprire e chiudere, sono sempre sotto pressione e quindi il gas estratto ma non esportato va bruciato, altrimenti rischia di danneggiare gli impianti.
Si può ipotizzare un price cap solo italiano?
Non ha assolutamente senso: il mercato del gas è mondiale, una tale scelta non farebbe altro che portare all’azzeramento delle forniture verso il nostro Paese.
E un price cap europeo tout court?
L’Europa deve concordarlo con gli esportatori, dall’Algeria all’Azerbaijan e al Qatar, che devono accettarlo. La maggior parte dei contratti di importazione sono indicizzati al Ttf e, se si mette un cap, potrebbero esserci rischi di andare in arbitrato con questi Paesi. Negli Usa alcuni produttori di Gnl non hanno rispettato i contratti di vendita con l’Asia, preferendo mandare gas in Europa, ma solo qui perché il prezzo è così alto che si possono permettere di pagare le penali senza rimetterci.
Gli stoccaggi sono oggi all’83%: possiamo stare tranquilli?
È un dato buono, ma lo stoccaggio può coprire il 20% della domanda complessiva. Una buona fetta dello stoccaggio strategico è destinata al mercato domestico. Quindi, se si verificasse un’interruzione totale dalla Russia, anche in questo caso non avremmo una soluzione risolutiva. Vanno affiancate misure di contenimento dei consumi da parte del settore civile e una rimodulazione dei consumi dell’industria.
In concreto?
Occorre varare misure di sostegno in caso di interruzioni temporanee delle imprese – cosa che peraltro sta purtroppo già accadendo, visti i rincari delle bollette – o prevedere una cassa integrazione per i dipendenti di quelle attività energy intensive costrette a chiudere per un certo lasso di tempo. Nei primi 8 mesi la domanda industriale di gas è calata del 10%.
I rigassificatori di Piombino, Ravenna e Gioia Tauro sono così importanti?
Sì, i rigassificatori aumentano la diversificazione delle fonti di approvvigionamento, aumentano la capacità di importare gas.
La tassa sugli extraprofitti delle aziende dell’energia potrebbe salire. È fattibile?
I calcoli del governo sono stati probabilmente troppo ottimistici su alcuni comparti. Anche le rinnovabili hanno beneficiato di questa rendita infra-marginale, ricavando grandi profitti. In una situazione emergenziale come quella attuale, in cui ci sono settori industriali in grossissima difficoltà e famiglie alle prese con super bollette, non mi sembra scandaloso chiedere una tassa a chi ha ottenuto extraprofitti.
Sarà un inverno in cui saranno chiesti dei sacrifici. Poi molto dipenderà anche dalle temperature e dal clima. Se ricomincerà a piovere, riempiendo i bacini, si aiuterà la produzione idroelettrica: quest’anno la siccità ne ha ridotto del 40% la produzione e questo ha richiesto un maggior utilizzo di gas. Poi, sarebbe il caso di spegnere l’illuminazione notturna non essenziale o di pensare a distacchi selettivi e temporanei di energia elettrica.
(Marco Biscella)
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