Tra Pd e 5 Stelle è scattata una strana gara: quella a chi trova più somiglianze tra Giorgia Meloni e Mario Draghi. Un anno e mezzo di opposizione non basta per fare evaporare le suggestioni seminate dai professionisti del retroscena, quegli stessi che fino a qualche giorno fa si appassionavano ad affiancare la leader di Fratelli d’Italia al segretario Pd Enrico Letta. Ora tocca al gioco di scoprire le affinità, come quando si sfoglia in compagnia l’album fotografico di famiglia e ci si lancia a individuare chi assomiglia a chi. I giornali più vicini alla sinistra parlano già di “asse invisibile” tra il premier uscente e la sua più inflessibile oppositrice.
Va detto che la Meloni qualche spunto effettivamente lo offre all’ipotesi di una “transizione morbida” tra l’esecutivo di unità nazionale e quello – ipotetico – a guida sua. Innanzitutto l’aperto atlantismo: anche dall’opposizione FdI non ha mai fatto mancare il supporto alle scelte internazionali del governo Draghi, e ora in campagna elettorale, per esempio, la Meloni ha detto che, se andrà a Palazzo Chigi, continuerà a fornire armi all’Ucraina e a sostenere la politica delle sanzioni. Anche in materia economica la leader di FdI sembra più vicina a Draghi che a Matteo Salvini quando prende le distanze da un nuovo scostamento di bilancio. Sulla crisi energetica, dalla Meloni non sono arrivate ricette diverse da quelle finora offerte dall’esecutivo in carica, a partire dal tetto al prezzo del gas proposto per primo, finora vanamente, proprio da Draghi.
Sul resto, dal blocco navale al destino di Ita fino alla gestione sanitaria e alla riscrittura del Pnrr, le differenze rimangono nette e profonde. Ma Ucraina, crisi energetica e debito pubblico sono questioni chiave per l’immediato futuro dell’Italia. E qualche chiarimento Giorgia Meloni dovrebbe darlo anche per fare chiarezza nel suo elettorato, abituato a una leader che ha sempre predicato e praticato coerenza, linearità e assenza di compromessi. La numero uno di Fratelli d’Italia che posizione ha sull’Europa? Sta a pie’ fermo sulla linea sovranista ed eurocritica del premier ungherese Orbán oppure no? Forse sulla questione migranti, ma su tutti gli altri temi? È forse allo studio una “Agenda Draghi” riveduta e corretta da far digerire a Salvini come a Ursula von der Leyen? Nel centrodestra sembrerebbe in atto un cambiamento incrociato: la Lega, che sostenne Draghi, prende le distanze da taluni punti programmatici dell’ex governatore della Bce mentre Fratelli d’Italia, che formalmente è ancora all’opposizione, vi si avvicina.
Soprattutto, però, la Meloni dovrebbe spiegare che cosa intenda davvero fare per sostenere le aziende e le famiglie alle prese con l’impennata delle bollette energetiche. Senza nuovo debito, senza l’agognato “price cap” sui costi del gas (i tempi europei si allungano paurosamente), senza alleggerimenti fiscali, che cosa farà la leader di FdI se a ottobre o novembre dovesse ritrovarsi alla guida del governo? Meglio: poiché intervenire a ottobre potrebbe essere già troppo tardi per moltissime attività produttive, che cosa farebbe oggi o la settimana prossima se fosse seduta sulla poltrona ora occupata da Draghi? Su quali basi la leader di FdI imposterà i rapporti con l’Italia che lavora e produce? Non occorre essere d’accordo con l’“asse invisibile” o insinuare l’esistenza di una “transizione morbida” per chiedere lumi su questioni così scottanti.
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