Sussidiarietà e safety car

Dalla cultura al welfare il paese ha bisogno di cambiare sguardo per risolvere i problemi. La sussidiarietà può essere la risposta giusta. Ecco come e perché

Come attraversare un momento storico in cui i problemi si moltiplicano, idee e ideologie vengono meno e la democrazia ha bisogno almeno di una manutenzione? Da più parti si invoca la “rivoluzione sussidiaria”.

Si sente spesso dire che investire sull’istruzione, garantire la tenuta economica, mantenere un welfare universalista di qualità, sostenere un lavoro dignitoso non sono obiettivi di sinistra o di destra. Sono solo ciò di cui ha bisogno il paese. Ecco, la cifra della cultura sussidiaria è affrontare i problemi concreti e costruire la migliore soluzione possibile, con il coinvolgimento di tutti i soggetti implicati. Non esistono infatti poteri pubblici capaci autonomamente di intercettare, analizzare e rispondere ai bisogni delle persone e delle comunità.

Contrapposizione e astrattezza sono proprio ciò che ha prodotto l’astensionismo nell’elettorato italiano della Seconda Repubblica e, ancora peggio, la mancanza di stabilità che porta a continui sconvolgimenti. Lo scenario è eloquente: la Lega passa dal 4,09% (2013) al 34,33% (2019) per poi ridimensionarsi allo stimato attuale 12%; i Cinque Stelle dal 32% (2019) all’attuale 12%; Renzi porta il Pd al 40% nelle elezioni europee per poi ridursi a un consenso al di sotto delle due cifre; Forza Italia passa dal 29,43% (2001) allo stimato 7% attuale.

La sussidiarietà è un cambiamento di sguardo che coinvolge tutti gli ambiti del vivere comune.

Cultura e lavoro

I mega-trend che caratterizzano il nostro tempo (calo demografico, progresso tecnico, digitalizzazione, globalizzazione e de-globalizzazione, transizione verde, crollo culturale, analfabetismo funzionale) stanno ridefinendo il nostro modo di vivere e di lavorare, mettendo in discussione modelli consolidati. La cura alla formazione culturale è diventata insufficiente. Le competenze di un tempo non bastano più, surclassate dalla rapidità di evoluzione delle nuove tecnologie. La possibilità di un lavoro adeguato e dignitoso è sempre più minacciata, mentre emerge una domanda di occupazione sempre più orientata alla creatività, in cui cresce anche il ruolo delle cosiddette “soft skills”. L’Italia, in particolare, soffre un grave mismatch tra domanda e offerta di competenze e profili professionali.

Visto che esistono fabbisogni diversi in territori differenti, come favorire risposte specifiche, rapide e flessibili a bisogni in continuo cambiamento? Gli ambiti in cui la cultura sussidiaria può dare un contributo sono: libertà di scelta educativa (ad esempio, attraverso lo strumento della “dote”), ruolo dell’orientamento, formazione tecnica e professionale, personalizzazione dei curricula e sviluppo di approcci multidisciplinari, rilancio del sindacato per tutelare la dignità del lavoro, costruzione di reti territoriali con istituzioni, scuole, università, imprese.

Ricerca, innovazione e competitività

Mai come oggi il tema della sussidiarietà traina le modalità di lavoro nei settori più all’avanguardia. L’innovazione e la crescita della competitività sono evidentemente più accentuate laddove imprenditori e manager sono in grado di creare valore collaborando con clienti, fornitori, altre imprese anche all’estero, senza chiudersi nella loro realtà, ma traendo forza e idee dai soggetti che, a diverso titolo, gravitano nella loro orbita (la cosiddetta “open innovation”).

Come si rinnova l’approccio delle politiche pubbliche per l’innovazione al fine di rispondere a queste nuove dinamiche? Partendo dai bisogni e utilizzando strumenti come i voucher per l’acquisto di servizi o accordi per la ricerca e l’innovazione con università e imprese su temi strategici applicati ai territori.

Salute

Mai come in questo periodo abbiamo compreso come la persona abbia bisogno di servizi rapidi, vicini, flessibili per la tutela della salute. La pandemia ha fatto emergere l’impossibilità di far fronte ai bisogni dei cittadini attraverso i metodi tradizionali. Il concetto di sussidiarietà presuppone una presa di responsabilità personale nel percorso di cura e un rapporto di vicinanza tra chi offre e chi riceve le prestazioni. Questo richiede una nuova organizzazione territoriale e nuovi strumenti.

Le domande a cui la cultura sussidiaria può offrire una risposta sono: come assicurare efficacia degli investimenti per digitalizzazione e medicina del territorio (vedi Pnrr)? Quali politiche per la formazione e il reclutamento del personale sanitario? Quale ruolo per i privati che sono considerati non più solo come erogatori di servizi (vedi sentenza della Corte costituzionale 131/2020) e per il Terzo settore? Quale novità pongono le Case e gli Ospedali di comunità? Quale ruolo devono recuperare i medici di famiglia? Come utilizzare al meglio la telemedicina?

Welfare e politiche sociali

La crisi profonda scatenata prima dal Covid e poi dalla guerra pone in primo piano la necessità di sostenere le fasce più deboli della popolazione. Occorre rilanciare il welfare in ottica sussidiaria, favorendo in tutti i servizi alla persona il partenariato e la co-progettazione e co-programmazione tra pubblico e realtà non profit, perché senza questo metodo non si è in grado di comprendere i bisogni reali delle persone.

Quali strumenti per costruire un’offerta di servizi di welfare strutturata e collegata ai bisogni dei territori e che sia motore di crescita sociale e sviluppo economico? Come incrementare la capacità di attuare politiche di welfare per cogliere tempestivamente i cambiamenti sociali e generare risposte innovative? Occorre favorire il coinvolgimento sistematico di cittadini, attori sociali, comunità, reti (Terzo settore) nella definizione del bisogno e nella progettazione di soluzioni, anche tramite tecnologie e strumenti innovativi.

Infrastrutture

La realizzazione delle infrastrutture è un problema atavico del nostro Paese. Il Pnrr offre certamente l’occasione per un cambio di passo in più ambiti: dall’alta velocità al trasporto pubblico locale, dal rinnovo del parco mezzi allo sviluppo della logistica, dalle infrastrutture idriche ed energetiche alla qualità dell’abitare e alle reti sociali.

Come assicurare che gli stimoli economici si traducano in effettive risposte ai bisogni di infrastrutturazione delle città e del territorio? Come configurare in modo non ideologico la partnership pubblico-privata?

Per affrontare tutto questo ci vuole una dialettica politica seria e una condizione di governo che sia credibile. I partiti, nella loro comunicazione, dovrebbero essere più attenti a mostrare la concretezza dei problemi piuttosto che le differenze di posizioni politiche astratte, quelle che portano solo a confusione e a mancanza di coesione.

Per fare questo ci vuole almeno una legislatura di “safety car” come nell’Italia 1945-48 e come nella Germania 2013-2021 caratterizzata da governi di larga intesa.

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