XI JINPING, “SILENZIO” NEL DISCORSO DI XI JINPING SULLA GUERRA IN UCRAINA
Il Congresso si è ufficialmente aperto, i tempi e le “tappe” del Partito Comunista Cinese sono però tutt’altro che veloci. Xi Jinping punta dritto a conquistarsi il terzo mandato consecutivo e prova a farlo con un discorso “ad ampio raggio” dove Taiwan e strategia del “Covid zero” sono i punti dirimenti ma non certo gli unici nella prosopopea del presidente-dittatore. Nel lungo passaggio davanti ai delegati del Congresso PCC, Xi Jinping non ha però praticamente mai citato direttamente la guerra in Ucraina dell’alleato strategico Vladimir Putin: pur invocando la pacificazione globale per evitare problematiche al futuro della Cina, il leader comunista non ha dato molti spunti diretti per comprendere quali saranno le prossime mosse di Pechino.
L’applauso più forte dei 2.296 delegati sul podio davanti al Presidente-leader arriva quando Xi sottolinea come «il partito combatte il separatismo e si oppone in ogni modo alla indipendenza di Taiwan e alle interferenze straniere». In faccia alle richieste di ONU e dell’Occidente di abbassare la pretesta espansionistica su Taiwan, Xi Jinping è stato netto sul proprio podio: «la risoluzione della questione di Taiwan è affare del popolo cinese stesso e dovrà essere risolta solo dal popolo cinese. Lavoreremo con la più grande sincerità e i più grandi sforzi per una riunificazione pacifica (di Taiwan), ma non rinunceremo mai al ricorso della forza».
LA REPLICA DI TAIWAN AL DISCORSO DI XI JINPING AL CONGRESSO PCC
«La sovranità territoriale, la democrazia e la libertà non possono essere compromesse»: così replica il portavoce dell’Ufficio presidenziale di Taiwan, Chang Tun-han, al discorso del Presidente Xi Jinping al XX Congresso del Partito Comunista in Cina. La solida certezza con cui il regime del “quasi imperatore” Xi considera il “caso Taiwan” viene però ampiamente avversata dal Governo presieduto da Tsai Ing-wen: «respingiamo senza se e senza ma il modello un Paese, due sistemi» in vigore a Hong Kong e Macao. La Cina vuole l’unificazione e ha detto di essere disposta, se necessario, all’uso della forza: di contro Taipei replica dal proprio governo, «troviamo con Pechino un metodo reciprocamente accettabile per mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan».
Nel frattempo il discorso di apertura del Congresso Partito Comunista cinese è durato circa un’ora e mezzo – la metà esatta del Congresso PCC del 2017 – e si è arricchito di altri spunti da discutere poi nelle prossime settimane a Pechino, non solo Taiwan e Covid insomma. Xi Jinping parla ad esempio di Hong Kong con il Presidente che spiega come «Abbiamo rafforzato e attuato il modello ‘un Paese, due sistemi”, Abbiamo aiutato Hong Kong a entrare in una nuova fase». Al netto di ciò, Xi Jinping ci ha tenuto a chiarire come la Cina «non cercherà mai l’egemonia e non si dedicherà all’espansionismo. Combatte fermamente contro tutte le forme di egemonismo e politica di potenza, contro la mentalità da guerra fredda, contro l’interferenza negli affari interni degli altri paesi, e contro i doppi standard. Si sforza di sostenere le norme di base che governano le relazioni internazionali e di salvaguardare la giustizia internazionale». Davanti al Congresso del PCC, il leader che si avvia a ricevere il terzo mandato ha parlato delle emergenze corruzione e sicurezza nazionale: «La sicurezza nazionale è il substrato del ringiovanimento nazionale, e la stabilità sociale è un prerequisito per la costruzione di una Cina potente e prospera. Dobbiamo perseguire risolutamente un approccio onnicomprensivo alla sicurezza nazionale e promuoverla nelle aree e nelle fasi di lavoro del partito e del paese. Il PCC deve comprendere la sicurezza del popolo come obiettivo ultimo, la sicurezza politica come suo compito fondamentale, la sicurezza economica come suo fondamento, la sicurezza militare, tecnologica, culturale e sociale come pilastri importanti, e la sicurezza internazionale come sostegno». Con un elogio al marxismo e all’ideologia comunista si era aperto il discorso di Xi, quando sottolineava «La nostra esperienza ci ha insegnato che, al livello più fondamentale, dobbiamo i successi del nostro partito e del socialismo con caratteristiche cinesi al fatto che il marxismo funziona, in particolar modo quando è adattato al contesto cinese e alle necessità dei nostri tempi. Il marxismo è l’ideologia guida fondamentale su cui il nostro partito e il nostro paese sono fondati e prosperano».
XI JINPING APRE IL XX CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE
«Taiwan sarà nostra» e «sul Covid abbiamo messo al primo posto le persone e la loro salute»: due affermazioni ai limiti (anche oltre) dell’inquietante sono le più significative del discorso di apertura di Xi Jinping al XX Congresso del Partito Comunista in Cina. Nella speranza, ormai quasi certa, che il board centrale del PCC gli affidi il terzo mandato consecutivo alla guida della Cina, Xi ha tenuto un discorso molto lungo in cui ha affrontato tutti i punti “caldi” delle emergenze mondiali e interne, dalla pandemia all’escalation in Ucraina fino alle possibili guerre su Hong Kong e soprattutto Taiwan. «Lavoriamo per la costruzione di un moderno Paese socialista», ha ribadito in più passaggi il Presidente che si avvia all’identificazione anche simbologica del “padre della patria” Mao Tzedong.
«La Cina punta alla riunificazione pacifica di Taiwan», ha detto Xi Jinping parlando al Congresso, senza però escludere l’uso della violenza «ma non prometteremo mai di rinunciare all’uso della forza e ci riserviamo la possibilità di prendere tutte le misure necessarie». Le misure da adottare, chiarisce il Presidente cinese, «saranno esclusivamente contro l’interferenza di forze esterne e i pochi separatisti che cercano l”indipendenza di Taiwan e le loro attività separatiste, e non contro i nostri connazionali taiwanesi». Attaccando gli Stati Uniti e la recente visita di Nancy Pelosi a Taipei, Xi Jinping ha poi aggiunto «Risolvere la questione di Taiwan è un affare del popolo cinese e spetta al popolo cinese decidere. […] la riunificazione completa della nostra madrepatria deve essere realizzata e sarà sicuramente realizzata». Sul fronte Covid l’altra affermazione ai limiti dell’assurdo, visto quanto avvenuto negli ultimi tre anni in Cina dall’esplosione della pandemia a Wuhan (tutt’ora avvolta nel “mistero” e nel “sospetto”): al Congresso del Partito Comunista cinese, Xi ha infatti sostenuto come «abbiamo messo al primo posto le persone e le loro vite, lanciando una ‘guerra del popolo’ contro il virus: ottenuti risultati positivi significativi». Pensando ai ritardi nella comunicazione al mondo dei quanto stava avvenendo, alla repressione di chiunque osasse uscire di casa in un palazzo dove era segnalato un caso Covid e le sparizioni di diverse persone che avevano contravvenuto le regole sul “Covid Zero”, ecco quanto ribadito da Xi Jinping non fa che riconfermare la natura da regime del Paese leader dell’economia mondiale.
INIZIA OGGI IN CINA IL XX CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA: COSA C’È DA SAPERE
Scatta oggi a Pechino il XX Congresso Nazionale del Partito Comunista Cinese (PCC) in quello che da tempo ormai è atteso in tutta la Cina come il momento “della verità” per il futuro della maxi potenza economica asiatica, per il futuro delle relazioni internazionali tra Cina e Occidente e, da ultimo, per il futuro di Xi Jinping alla guida del regime comunista più longevo al mondo. È infatti sul ruolo che avrà l’attuale Segretario Generale del Partito, Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Presidente della Commissione militare centrale che si gioca molto se non tutto del destino di questo Congresso Nazionale del Partito: con ogni probabilità – al netto delle forte problematiche di questi ultimi anni tra Covid, crisi economica, crisi dei dazi e questione Taiwan – Xi Jinping sarà rieletto per la terza volta al suo mandato quinquennale. Ma per definito “imperatore a vita” dall’ultimo Plenum del PCC lo scorso novembre 2021, il ruolo di “nuovo” Mao Tzedong passa tutto dalla nomina con la quale verrà “rivestito” dal Congresso.
Se infatti Xi verrà definito “Leader del Popolo” entrerà nella ristrettissima schiera di personaggi chiave per la storia della Cina comunista: prima di lui solo Mao, per l’appunto il “Grande Leader”, e Hua Guofeng – il “Saggio Leader” – ebbero l’onore di ricevere la carica dal PCC in pratica vita natural durante. La televisione pubblica CCTV ha lanciato un sito specifico intitolato “Xi Jinping: il leader del popolo” che potrebbe a questo punto lasciar credere senza più nessun dubbio che il titolo di “Leader del Popolo” possa essere già pronto per il Presidente Xi. Attenzione, non si tratta di una questione solo “formale” pur per un Paese come la Cina quasi ossessionata dalla ritualità e dalla tradizione: la carica di Leader del Popolo a Xi Jinping vorrebbe dire in pratica una carica a vita. Per l’appunto, un impero comunista a vita legato al Presidente e leader mondiale nella “sfida” all’Occidente.
CONGRESSO PARTITO IN CINA NOMINERÀ XI JINPING LEADER DEL POPOLO? GLI SCENARI
Va ricordato come il “culto della personalità” in Cina è bandita dall’epoca di Deng: eppure, sempre più negli ultimi anni, i vertici del partito così come gli organi ufficiali della Repubblica Popolare di Cina tendono a dare fortissima spinta a Xi Jinping come non si vedeva dal “leader fondatore della patria comunista”. Con il via oggi al XX Congresso Nazionale del PCC Xi Jinping prova dunque a superare tutte le – timide – opposizioni alla sua nuova e futura leadership: le distanze che ancora permangono tra il titolo “Leader del Popolo” e quello di “semplice” Presidente cinese. Qualora Xi ottenesse per la terza volta consecutiva la conferma a “imperatore di tutto” in Cina si romperebbe la tradizione che prevede un massimo di 10 anni al potere per ogni leader moderno: nella Sala del Popolo – che affaccia su Piazza Tienanmen – saranno 2.300 i delegati del Partito Comunista Cinese ‘scelti’ tra 95 milioni di iscritti al Partito che dovranno eleggere i 205 membri con diritto di voto, oltre che i 170 membri non elettori del Comitato centrale. Queste due formazioni dovranno a quel punto scegliere i 25 delegati del Politburo, i quali a loro volta eleggeranno i 7 uomini più potenti della Cina, componenti del “comitato permanente del Politburo” di Cina. La guerra di potere interna alle “correnti” del Partito è cominciata da mesi e sarà solo un accordo preventivo interno ai comitati centrali che daranno il via a tutta questa serie di “elezioni” che tutto possono sembrare ma che di democratico hanno ben poco.
Come ha spiegato negli scorsi giorni Cai Xia, oggi esule cinese negli Usa ma per 20 anni docente di teoria politica alla prestigiosa CCP Central Party School, il Partito Comunista Cinese somiglia sempre più ad una organizzazione mafiosa: «“picciotti” di basso rango che devono seguire il proprio “boss” nella speranza di fare carriera. Se un “boss” decade, automaticamente anche tutta la sua linea di protetti crolla. L’apice del sistema è il capo del Partito, il “Don”, al di sotto del quale siedono i vari sottoposti del Comitato Permanente, ognuno con diversi ruoli tematici (esteri, economia, anticorruzione, eccetera..). Al di sotto di questi si trovano gli altri diciotto membri del Politburo allargato, i successori in linea dei membri del Comitato Permanente. Sono gli esecutori materiali degli ordini di Xi», si legge nel focus di “Formiche.net”. Economia, esteri, “minoranze”, Covid, Taiwan, scenari geopolitici internazionali e quant’altro: la Cina e forse anche il mondo intero attende cosa emergerà dal Congresso del Partito che potrebbe cambiare molto del futuro prossimo di tutti questi “nodi” affrontati dalla Presidenza di Xi Jinping negli ultimi 10 anni.