È stata senza dubbio una scelta coraggiosa, ove non temeraria, quella del Teatro dell’Opera di Roma di iniziare la stagione autunnale un caldo 13 settembre con uno spettacolo di balletti contemporanei «creati» dal coreografo e regista cinematografico francese, di origine albanese, Angelin Preljocaj. Ha già messo in scena spettacoli al Teatro dell’Opera ma è noto principalmente negli Stati Uniti, in Francia ed in Svizzera. A metà settembre, in un’estate calda come questa del 2022, molti romani ad alto reddito (quelli che più frequentano le prime rappresentazioni dell’Opera) restano al mare o ai monti.
In effetti, dato che sono uso ad arrivare in teatro presto, all’inizio della serata ero preoccupato poiché venti minuti prima che si levasse il sipario, la platea era mezza vuota e solo pochi palchi erano occupati, Nei cinque minuti prima che cominciasse la rappresentazione la platea si è riempita, e successivamente i palchi. A metà settembre, le 20 a Roma sono un’«ora di punta» in cui il traffico raggiunge il massimo: numerosi palchettisti sono arrivati in ritardo.
Torniamo a Preljocaj. È diventato noto per il suo stile particolare: la danza coinvolge il corpo e i muscoli in modo eloquente, ed è uno strumento di dialogo. Per il ritorno a Roma, ha scelto due balletti della durata complessiva di un’ora e mezzo, senza intervallo ma con una pausa tra la prima e la seconda parte. Il primo, che si era già visto a Roma nel 2017, è spirituale. Il secondo è una prima assoluta ed è molto carnale, quasi lussurioso.
Il primo è intitolato Annonciation e riguarda l’annuncio a Maria Vergine. La base musicale, è registrata su nastro. Non è la prima volta che un soggetto sacro è argomento di un balletto; si pensi a Nobilissima visione un capolavoro assoluto composto da Paul Hindemith per Les Ballets Russes e proposto da Riccardo Muti al Ravenna Festival una decina di anni fa.
Annonciation è uno dei balletti più brevi e più noti di Preljocaj. Ha vinto numerosi premi sin dalla fine degli Anni Novanta del secolo scorso. La coreografia, una pièce per due danzatrici, porta in scena un momento chiave della nostra religione, ossia l’incontro tra la Vergine Maria e l’Arcangelo Gabriele. Mentre l’iconografia ha più volte rappresentato questo soggetto, l’arte coreografica no. Angelin Preljocaj dà vita a una tessitura coreografica capace di rappresentare l’idea di un corpo in trasformazione. L’incontro tra le due danzatrici sviluppa un dualismo di qualità che evidenzia le sensazioni contrastanti: tensione e forza da una parte, morbidezza e fragilità dall’altra. Questo dualismo non solo è particolarmente evidente nella coreografia ma è anche sottolineato dalla musica del compositore canadese Stéphane Roy, in perfetta antitesi con il Magnificat di Antonio Vivaldi. Interpreti di questo cameo sono Rebecca Bianchi (che la aveva già rappresentata nel 2017) e Annalisa Cianci.
Di ben altra natura è Nuit romaine. Nasce da un film, sempre di Preljocaj, che, a sua volta, trae ispirazione da Palazzo Farnese, la sede dell’Ambasciata di Francia in Italia. Esprime la gioia, la sensualità e la carnalità di una notte d’estate a Roma. Una notte in cui attorno ed accanto ai due protagonisti (Eleonora Abbagnato e Friedemann Vogel), danzano le étoiles, i primi ballerini, i solisti e tutto il corpo di ballo del teatro in una serie di rapidi quadri, su musiche di Vivaldi, di Händel, Bach, Rossini, Beethoven, Schubert, Wagner e Punk (nell’ordine di presentazione e sempre su base registrata). Costumi di lusso di Maria Grazia Chiuri e Christian Dior. Uno spettacolo nel complesso affascinante. Un solo neo: le scene sono quasi nude e solo in due quadri si intravede Palazzo Farnese.
Calorosi applausi.