Il maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo «non si è ucciso», ma «è stato ammazzato». Lo sostengono i figli del sottufficiale del Ros, trovato morto nella sua auto nella caserma dei carabinieri di Palermo il 4 marzo 1995. Per questo motivo Fabio, Rossella e Giuseppe Lombardo, accompagnati dall’avvocato Alessandra Maria Delrio e dai periti, hanno presentato un esposto per omicidio alla procura di Palermo e alla caserma dei carabinieri di Terrasini (Palermo), la stessa dove lavorava il maresciallo. «Adesso abbiamo le prove, inconfutabili. A partire dal proiettile che lo ha ucciso e che non proveniva dalla sua arma ma da un’arma diversa e alla lettera trovata vicino a lui, che non è stata scritta dal maresciallo, come è stato accertato dalle perizie», dichiarano, come riportato dall’Adnkronos.
Il figlio di Antonino Lombardo ha raccontato la svolta nella Sala consiliare del Comune di Terrasini, alla presenza del sindaco Giosuè Maniaci, del legale e dei due periti, il professor Gianfranco Guccia, che è esperto di perizie balistiche, e la criminalista Claudia Sartori, che ha redatto una relazione di 400 pagine. «Non si tratta di suicidio, abbiamo trovato dei gravi indizi che ci portano a pensare che il maresciallo Lombardo sia stato ucciso», ha dichiarato quest’ultima. Hanno, quindi, ripercorso le tappe del caso, evidenziando «stranezze» e «manchevolezze» da quando fu ritrovato il corpo senza vita del maresciallo Antonino Lombardo.
MORTE MARESCIALLO LOMBARDO, TUTTE LE STRANEZZE
Partendo dalle analisi investigative, hanno segnalato che «le relazioni di servizio contengono informazioni discordanti tra di loro». Ad esempio, ci sono tabulati telefonici non pertinenti con quanto indicato dai carabinieri. «Tre ufficiali dell’Arma dicono di avere chiamato il maresciallo Lombardo il 4 marzo 1995, ma agli atti non abbiamo queste tre telefonate, ne abbiamo solo una». Delle altre due non c’è traccia. Da qui la convinzione che non sia stato accertato quanto doveva essere verificato. «Abbiamo dichiarazioni sempre discordanti con buchi di orari in cui non si sa se il maresciallo è all’interno della caserma», ha aggiunto l’analista. Eppure c’erano delle telecamere di videosorveglianza che potevano risultare utili, ma non v’è alcuna traccia agli atti, quindi non sarebbero state visionate. «L’unica persona che vede il maresciallo è un carabiniere che dirà un particolare importante, cioè che Lombardo indossava un montone marrone, un montone che agli atti non c’è e che è stato riportato alla famiglia dieci giorni dopo». Il figlio del maresciallo Antonino Lombardo parla apertamente di «depistaggio» cominciato prima del 4 marzo e proseguito anche dopo. La criminalista Sartori cita «incongruenze sugli orari, ci sono buchi temporali e una ambulanza che entra ed esce in tempi ristretti».
“DOBBIAMO PARLARE DI OMICIDIO, NON SUICIDIO”
Invece il perito balistico Gianfranco Guccia sostiene che sia stata usata contro il maresciallo Antonino Lombardo un’arma dello stesso modello e marca di quella in suo possesso. «Ma non è quell’arma con cui è stato ucciso, perché oggi possiamo parlare di omicidio e non di suicidio». L’avvocato Alessandra Maria Delrio ha citato poi la perizia calligrafica, da cui è emerso che la calligrafia della lettera non è compatibile con quella del maresciallo. Inoltre, non c’era neppure una macchia di sangue, nonostante sia stata ritrovata vicino al cadavere. Il sospetto è che dietro quello che ritengono sia stato un omicidio ci sia il contributo del maresciallo all’arresto di Totò Riina. «Da lì avrebbe dovuto poi andare negli Usa per portare in Italia il boss Tano Badalamenti, che sarebbe venuto solo con il maresciallo Lombardo, ma non come collaboratore ma come persona informata sui fatti». Già un anno fa il legale aveva richiesto che l’indagine sulla morte del maresciallo Antonino Lombardo venisse riaperta, ma la perizia calligrafica non fu ritenuta sufficiente. Da qui la collaborazione dei due periti, che «offre degli indizi che potrei definire, gravi, precisi e concordanti. Se il proiettile non proviene dall’arma di Lombardo, vuol dire solo una cosa: non si è suicidato».