Il 2021 della birra in Italia mostra un andamento in chiaroscuro. Il comparto brassicolo del Bel Paese sta infatti tornando a crescere con risultati positivi sul fronte della produzione, dei consumi e dell’export, che si riavvicinano, e in alcuni casi superano, i livelli del 2019. Una ripresa che deve però fare i conti con il peso dei rincari delle materie prime e dei costi energetici, che hanno iniziato il loro percorso di aumento proprio nell’estate del 2021. E, non ultima, con la crisi legata alle forniture di anidride carbonica, che sta colpendo tutto il comparto delle bevande.
Questa la fotografia fornita dall’Annual Report 2021 di Assobirra, l’associazione che dal 1907 riunisce le principali aziende che producono e commercializzano birra e malto in Italia.
Secondo quanto si legge nel report, la produzione di birra nel 2021 ha raggiunto quota 17,6 milioni di ettolitri. Un dato che supera, anche grazie ai volumi destinati all’export, i livelli raggiunti nel 2019 e nel 2020, in cui si registravano rispettivamente i 17,3 e i 15,8 milioni di ettolitri. I consumi toccano invece quota 20,8 milioni di ettolitri: ancora lontani dai livelli del 2019, ma comunque superiori alle cifre del 2020 (18,9 milioni di ettolitri).
Positivi anche i dati lato export, che riprende quota con volumi pari a 3,8 milioni di ettolitri, in crescita sia rispetto al 2019 (3,5 milioni), sia al 2020 (3,3 milioni). Numeri che confermano il gradimento della birra made in Italy anche in Paesi a forte tradizione birraria: tra questi, il Regno Unito, che accoglie il 46,9% delle birre esportate, seguito da Stati Uniti (8,6%) e Australia (6,4%). Si segnala, tuttavia, un leggero calo delle importazioni rispetto al periodo pre-pandemico, con 7 milioni di ettolitri nel 2021 contro i 7,4 del 2019.
Anche nell’anno in corso la birra italiana continua a mettere a segno risultati positivi, soprattutto in termini di volumi. Tuttavia, si trova a fare i conti con gli ingenti rincari di materie prime e utilities, che rischiano di compromettere la ripresa dell’intero comparto brassicolo – ma non solo – dopo gli ingenti danni causati dal Covid-19. Che nel solo 2020 ha “bruciato” 1,4 miliardi di euro di valore condiviso per il comparto.
“La fotografia del 2021 della birra in Italia può essere vista come un bicchiere mezzo pieno che racchiude fatti, opinioni e numeri di un comparto che può, ma soprattutto vuole, crescere nonostante la complessità e l’incertezza”, sottolinea Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. Che analizza la complessa situazione del settore. “Anche nel 2022, il mercato sembra in ripresa sul fronte dei volumi. La realtà effettiva, però, è un po’ più complessa. L’attuale tempesta dei costi non sembra essere episodica e può generare effetti inflattivi, perdite di competitività, compromettere la ripresa e fermare gli investimenti da parte dei birrifici, nella distribuzione e nei canali di vendita, cioè lungo tutta la filiera brassicola. In ambito agricolo, da tempo il comparto birrario sta investendo per aumentare la quota di orzo prodotto in Italia con l’obiettivo di portarla dall’attuale 40% al 60%. Tuttavia, è un percorso che richiede tempo e che rischia di venire rallentato dalla situazione attuale”.
In occasione della presentazione del report, AssoBirra ha inoltre posto l’attenzione sulla questione fiscale. Con l’ultima Legge di Bilancio il comparto italiano della birra ha potuto godere, per tutto il 2022, di una riduzione di 5 centesimi sull’aliquota delle accise, con uno sconto del 50% per i birrifici con produzione annua inferiore a 10 mila ettolitri, del 30% per produzioni fino ai 30 mila ettolitri e del 20% per produzione fino ai 60 mila ettolitri. “Bene, ma purtroppo ora non basta più”, commenta Pratolongo: “AssoBirra sta chiedendo a Governo e Parlamento di continuare a intervenire sulla pressione fiscale da accise. Un’azione in tal senso permetterebbe di dare impulso e sviluppo a un settore dinamico, ad alto tasso di occupazione giovanile qualificata, e composto di eccellenze imprenditoriali”. Il presidente dell’associazione ha inoltre ricordato che in Italia la birra è attualmente l’unica bevanda da pasto a pagare le accise. “È opportuno ricordare come la necessità di questo percorso di riduzione parta dallo shock del 2013, quando il Governo allora in carica aumentò le accise sulla birra di un complessivo 30%, generando una pressione fiscale insostenibile su quella che oggi è di fatto un unicum nelle bevande da pasto in quanto a tassazione. Senza entrare nel merito delle scelte del decisore, l’ingiustizia della misura era determinata dal fatto che non teneva conto dello sviluppo virtuoso già in atto nel comparto: gli investimenti industriali e lo sviluppo dei grandi operatori cresceva di pari passo con la nascita di piccole, eccellenti e creative realtà artigianali”.
L’associazione auspica quindi di tornare al lavoro sulla tematica fiscale: “La riduzione che abbiamo ottenuto relativamente al 2022 è dell’1,7%, ma è temporanea, quindi genererà un aumento di pari importo dal 2023. Questa opzione in combinazione con un aumento a doppia cifra di tutte le materie prime e dei fattori di produzione, è uno scenario fortemente da scongiurare. Obiettivo di AssoBirra”, conclude Pratolongo, “è rendere permanente la diminuzione di accise ottenuta e riprendere il percorso virtuoso di riduzione nei prossimi anni”.
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