I fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, sono due dei quattro imputati nel processo per l’omicidio del 21enne Willy Monteiro Duarte avvenuto a Colleferro la mattina del 6 settembre 2020 nel corso di un brutale pestaggio. Conosciuti come i “gemelli di Artena” per via della loro somiglianza, nel luglio 2022 sono stati condannati in primo grado all’ergastolo per la morte del giovane. Si dichiarano innocenti e in cella avrebbero assunto un atteggiamento che punterebbe alla buona condotta, optando anche per due differenti linee di difesa dopo essersi affidati inizialmente allo stesso avvocato.
Imputati con i fratelli Bianchi anche due amici, come loro poco più che 20enni: Francesco Belleggia e Mario Pincarelli, condannati rispettivamente a 23 e 21 anni di reclusione nel primo grado di giudizio. La trasmissione di Rai 3 Un giorno in pretura torna sul caso riproponendo il processo in Corte d’Assise a Frosinone, nel corso della puntata “Arrivano i Bianchi” in onda il 24 settembre. Marco e Gabriele Bianchi si sarebbero difesi a vicenda sostenendo la loro estraneità ai fatti contestati. Per l’accusa sarebbero stati coinvolti nella morte di Willy Monteiro dopo una rissa.
Chi sono i fratelli Bianchi, “gemelli di Artena” in carcere per la morte di Willy Monteiro Duarte
I fratelli Bianchi, Marco e Gabriele, sono originari di Artena, provincia di Roma, e secondo quanto scrive Il Corriere della Sera avrebbero collezionato diverse denunce e processi per risse e droga prima di finire alla sbarra con l’accusa di omicidio nell’ambito del processo per la morte di Willy Monteiro Duarte. I fratelli Bianchi, incassata la condanna all’ergastolo in primo grado per i fatti di Colleferro del settembre 2020, sarebbero separati in carcere. Marco Bianchi a Viterbo e Gabriele Bianchi a Rebibbia.
Dopo la sentenza del luglio 2022, gli imputati, riporta Ansa, avrebbero gridato e imprecato. Il loro primo avvocato, Massimiliano Pica, avrebbe parlato di “un processo mediatico” che andrebbe “contro tutti i principi logici“, annunciando il ricorso in appello. Secondo grado di giudizio per cui i due fratelli Bianchi si sarebbero determinati a prepararsi con una condotta tranquilla in cella e cambiando legale: secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, infatti, dopo il primo grado avrebbero scelto di farsi assistere da due legali differenti separando così le due linee difensive.
Omicidio Willy, i fratelli Bianchi respingono le accuse: “Non siamo mostri”
Willy Monteiro Duarte è morto il 6 settembre 2020 dopo una brutale aggressione subita intorno alle 3.30 a Colleferro (Roma). Un pestaggio che lo avrebbe portato al decesso nel giro di pochissimo tempo, rendendo vano ogni tentativo di soccorso. Secondo l’accusa, i quattro imputati a processo per l’omicidio, tra cui i fratelli Bianchi, lo avrebbero picchiato selvaggiamente e almeno due colpi, nell’impressionante serie di calci e pugni sferrata contro il 21enne, lo avrebbero raggiunto al petto e al collo causando lesioni ritenute fatali al cuore, ai polmoni e alla carotide.
Un pestaggio che sarebbe durato meno di 50 secondi, ricostruisce Un giorno in pretura, di cui l’accusa riterrebbe responsabili i quattro giovani: i fratelli Bianchi, Francesco Belleggia e Mario Pincarelli. A processo, in Corte d’Assise a Frosinone, Marco e Gabriele Bianchi si sono dichiarati innocenti e hanno parlato in aula. I fratelli Bianchi continuano a dirsi “vittime” di un processo mediatico che li avrebbe dipinti come non sono: lottatori con la fama di picchiatori senza pietà tra Artena, Velletri e Colleferro, con precedenti per questioni di risse e droga. “Ho notato che, tramite i media, c’è stato un odio spaventoso nei nostri confronti – ha dichiarato Gabriele Bianchi in aula -. Ci hanno descritto come mostri, cosa che non siamo“. Una posizione ribadita dal fratello Marco Bianchi: “Non siamo ragazzi come ci hanno descritto in televisione, mostri. Io sono un ragazzo che se sbaglia alza la mano e paga. A me non fa paura la galera. Se io avessi colpito il ragazzo (Willy, ndr) al viso o con colpi come è stato detto alla televisione, un massacro, io, signor giudice, avrei alzato la mano e mi sarei preso le mie responsabilità come ho sempre fatto da piccolo, come se le prende mio fratello“.