Orientarsi nel mondo della formazione non era semplice nemmeno prima della pandemia, oggi con il proliferare di modalità di formazione virtuali e ibride, sembra sia ancora più difficile. Se, come già abbiamo visto in un articolo precedente, parlare di formazione non è così semplice come sembra, di certo alla base di qualsiasi intervento c’è sempre lo sviluppo di nuove competenze, nuovi comportamenti ed abilità. Le modalità con le quali perseguire questi obiettivi sono molteplici. Proviamo a fare un po’ di ordine attraverso le tipologie di erogazione della formazione più comuni.
Il modo più classico, più sperimentato da tutti, per trasferire conoscenze e abilità è quello dell’aula dal vivo. Tutto il nostro percorso scolastico di istruzione è avvenuto in presenza, in una classe con un professore. Non è un caso che la scuola dell’obbligo preveda la presenza. Questa modalità formativa permette di poter avere uno scambio continuo e completo con i discenti. Tutti i canali della comunicazione, i segnali deboli e forti, le percezioni e le relazioni umane possono, nella presenza, essere esercitate al meglio. Inoltre, è molto probabilmente la modalità che maggiormente permette di sperimentare e fare pratica delle tematiche affrontate.
Un’altra modalità formativa, sperimentata già prima della pandemia e sicuramente cresciuta molto durante e dopo, è quella virtuale, divenuta una compagna di viaggio per molti lavoratori. La comodità logistica, la sostenibilità sia ambientale che economica, l’immediatezza e in alcuni momenti la necessità, hanno reso i corsi virtuali molto richiesti e utilizzati. Quando parliamo di webinar o corsi on line, perdiamo lo spazio fisico a favore di uno spazio virtuale, nonostante rimanga la simultaneità.
La formazione tramite piattaforme virtuali permette normalmente una maggior affluenza, data dalla comodità e dalla facilità di fruizione, ma inevitabilmente perde in relazione e praticità. Molte piattaforme aiutano chi conduce nel provare a mantenere coinvolti i partecipanti, tuttavia manca la possibilità di utilizzare completamente i nostri canali comunicativi e la fisicità, che sono strumenti per veicolare al meglio l’apprendimento. Questa modalità è sicuramente interessante e può essere utile, ma non può sostituirsi alla presenza dal vivo. Molte aziende infatti optano per percorsi formativi misti, con alcune parti dal vivo e altre in modalità virtuali.
Esistono poi molte tipologie di trasferimento di competenze, con tanti nomi diversi: workshop, laboratori, formazione esperienziale, consulenza, coaching. Alla base c’è sempre lo stesso tentativo, quello di trasferire competenze e innescare nuovi comportamenti. Naturalmente, in base alle tematiche da affrontare e alla maturità dei partecipanti, può essere utile andare verso attività più pratiche o di trasferimento di concetti. Capita che ci si lasci guidare da nomi accattivanti o anglofoni per farsi guidare nella scelta della tipologia della formazione; in realtà, bisognerebbe partire da un’analisi dei fabbisogni, rendersi conto di quale sia il livello delle conoscenze di partenza e capire se serva fornire concetti o se sia necessario lavorare sui processi e sui comportamenti. Tutto parte dall’analisi dei fabbisogni, come detto, che deve essere accurata e approfondita. Poi è necessario, anche se difficile, capire cosa sia già nella cultura aziendale e trasmetterlo a chi deve occuparsi di formazione. Solo a questo punto si potrà capire se sia necessario un intervento più frontale o laboratoriale, se si debba lavorare su obiettivi (coaching) oppure su processi (consulenza) o su altro ancora.
Nel mondo in cui stiamo vivendo, sempre di più viene richiesto di poter fare formazione ibrida, con partecipanti dal vivo e partecipanti su piattaforma virtuale. Già, perché oltre a ciò che è utile dal punto di vista didattico, bisogna sempre pensare a cosa sia utile per la produttività aziendale che è fondamentale. Le aule di formazione ibrida, richiedono una particolare strumentazione tecnica che permetta di mantenere sempre coinvolto e interessato chi è on line e rischia di sentirsi lontano e poco considerato. Molte persone che hanno partecipato a riunioni o corsi in modalità ibrida mi hanno riferito che quando si sono trovate a essere partecipanti virtuali si sono sentite escluse da quello che succedeva in aula dal vivo. È abbastanza comune, perché inevitabilmente l’essere umano sarà portato a entrare in relazione con chi vede e “sente” vicino a lui escludendo chi è lontano. Il compito di chi guida è proprio far sentire tutti i partecipanti nello stesso luogo, virtuale e fisico che sia, riuscendo a trasferire nuovi concetti e comportamenti in modo efficace.
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