Lo scherzo telefonico fatto al figlio del portavoce del Cremlino, in cui veniva avvertito di recarsi il giorno dopo agli uffici di reclutamento per l’immediata partenza al fronte, sta facendo scuola e dimostrando come l’ironia possa essere ancora l’arma più potente per smascherare i dittatori. Nikolay, figlio dell’autorevole e intoccabile Dmitry Peskov, se l’e cavata avvertendo di avere canali “superiori” per risolvere la cosa, insomma per non andare in guerra. Maggior disagio ha provocato la fake news diffusasi nelle scorse ore in tutto il mondo secondo la quale in Cina era in corso un colpo di Stato e che il leader assoluto del regime Xi Jinping sarebbe stato agli arresti.
Come ci ha spiegato in questa intervista Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter, “si è risaliti al sito che ha diffuso per primo la notizia e si è potuto verificare che si tratta di un sito già noto per i suoi, chiamiamoli così, scherzi”. Quello che non si può appurare, ci ha detto ancora Introvigne, “è se fosse qualcosa di più di uno scherzo, una sorta di dichiarazione di un desiderio assai diffuso nel popolo cinese, quello di destituire il segretario del Partito comunista che si appresta a essere nominato per la terza volta consecutiva”.
Una fake news che sosteneva l’arresto di Xi Jinping ha fatto il giro del mondo, presa inizialmente sul serio da milioni di persone, incluse autorità politiche e media come Newsweek. Che cosa si sa di questo episodio?
Sostanzialmente è stata una notizia falsa. Quello che ci si può e deve chiedere è come una tale fake news abbia avuto tanta diffusione e sia stata presa sul serio da così tanti. Il primo account che ha diffuso la notizia, parlando di un colpo di stato in corso a Pechino con la messa agli arresti domiciliari dello stesso Xi Jinping, è stato rintracciato ed è un account già conosciuto, un sito di, chiamiamoli così, burloni che non ha nessuna affiliazione politica. Che a Pechino non stesse succedendo nulla lo dimostra il fatto che nello stesso giorno il Comitato centrale del Partito comunista ha reso nota la lista dei delegati che parteciperanno al congresso del Pcc e nella quale non figura alcun dissidente, ma tutti fedelissimi di Xi.
C’è stato però un importante politico indiano, con almeno 10 milioni di follower, che ha ripreso la notizia. Come mai, secondo lei?
Non saprei, ogni tanto qualcuno che ha tanti follower si butta sulle notizie pensando di essere il primo. Non so dire se è caduto in una trappola o se avesse dei motivi politici. Certo è che in Cina tutto può succedere. Naturalmente il fatto che si tratti di uno scherzo non ci dice se ci siano movimenti sotto la superficie che per adesso noi non vediamo. Il congresso del partito sta per cominciare senza alcuna sorpresa, questo è quello che sappiamo.
Uno scherzo così può scuotere in qualche modo il regime cinese?
No, il regime non si scuote per una cosa del genere. Quello che è interessante notare è che così tante persone abbiano preso sul serio la fake news. Ci fa pensare che ci sia una sorta di wishful thinking, un pensiero speranzoso che esista un colpo di Stato che arrivi a detronizzare Xi Jinping. Oppure qualcuno tra chi ha amplificato la notizia ha informazioni sul malcontento popolare che noi non abbiamo.
Malcontento popolare che sappiamo esistere, ad esempio sulla troppo repressiva politica zero Covid, è così?
Sicuramente c’è un malcontento in Cina, ma non è sui diritti umani o sull’amicizia con la Russia. È sull’economia che va male e sulla repressione attuata con la scusa del Covid.
Internet però può essere una potente arma destabilizzante.
Certamente è un’arma che Xi teme, come ha detto parecchie volte, però ci sono altre cose che teme di più.
Ad esempio?
Proprio in questi giorni il regime ha dovuto ammettere un certo numero di morti nella popolazione uigura nello Xinjiang, numero che ovviamente il regime ha minimizzato, ma che sono molti di più.
Cosa è successo?
A causa della politica zero Covid molte famiglie chiuse nelle abitazioni lamentavano scarsità di rifornimenti di cibo e hanno messo online foto di loro familiari morti per mancanza di nutrimento e di medicinali. Il governo di Pechino, come raramente accade, ha dovuto ammettere che era successo davvero. La macchina per aiutare le famiglie in lockdown già funziona male nel resto della Cina, ma nello Xinjiang va ancora peggio.
(Paolo Vites)
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