Lo aveva capito da tempo il presidente Mattarella che una vittoria elettorale del centrodestra stava diventando sempre più probabile. Non a caso nel non-detto della tessitura che ha portato alla sua rielezione un tema era stato sgombrato: che il suo fosse un mandato dimezzato, a termine, solo per scavallare l’impasse in cui il parlamento si era ficcato a fine gennaio.
Sin dal principio nessuno ha messo in dubbio che quello di Mattarella fosse un secondo mandato pieno, se la salute continuerà ad assistere il presidente. E oggi quell’ipotesi è diventata realtà, e il Capo dello Stato si trova nella necessità di rimanere al suo posto per garantire da una parte l’equilibrio del sistema, e dall’altra per rassicurare sugli impegni internazionali assunti dal nostro Paese, in ambito Nato e Ue, ma non solo.
Difficile quindi immaginare che Mattarella possa opporsi alla candidatura di Giorgia Meloni per Palazzo Chigi. L’ha già messa in conto da tempo, e le diplomazie delle due parti sono già discretamente al lavoro. Addirittura ad agosto era circolata la voce, poi smentita, di un doppio colloquio riservato fra il presidente della Repubblica e la leader di Fratelli d’Italia. Non ci sarebbe da stracciarsi le vesti se ci fosse stato, oggi tornerebbe utile.
Se i tre leader del centrodestra indicheranno il nome della Meloni, magari presentandosi insieme da Mattarella, come avvenne nel 2001, l’incarico le sarà assegnato. Più complicato fare ipotesi su cosa accadrà nella fase della formazione del governo, perché è lecito attendersi che su alcune caselle chiave il Quirinale eserciti un controllo particolarmente attento. Il caso Savona, all’epoca della formazione del primo governo Conte, è da tener presente. Economia, Esteri, Interni, Difesa e forse anche Giustizia richiedono titolari affidabili, sul piano interno ed anche internazionale. E Meloni è troppo esperta per non saperlo.
Il 13 ottobre si riuniranno le nuove Camere, le consultazioni per la formazione del nuovo governo non cominceranno prima del 20, ma qualcuno parla anche di lunedì 24. Più o meno c’è un mese di tempo per costruire un rapporto se non di fiducia, quantomeno di rispetto, se già non è avvenuto. È nell’interesse di entrambi, tanto di Mattarella, quanto della stessa Meloni, che di sostegno ha un gran bisogno, in particolar modo al di fuori dei confini nazionali, per non partire con tutti contro. Come si è visto con il governo gialloverde un’apertura del Quirinale può esserci, nell’interesse del Paese. Bisogna che poi venga colta, al netto di che cosa succederà nel medio periodo, di fronte all’ipotesi di una riforma costituzionale in senso presidenzialista. Ogni cosa a suo tempo.
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