Il caro-bollette comincia a farsi pesantemente sentire. Qualche esempio, nemmeno dei peggiori. A Jesolo, capitale del turismo del nordest, gli alberghi chiudono in anticipo, e con loro anche le attività della lunga filiera connessa: vanno a casa mille stagionali, tra hotel, ristoranti, negozi. Sul lago di Garda la recente consuetudine di aperture natalizie di hotel ed esercizi è in forse: Massimo Ghidelli, presidente di Garda Lombardia (consorzio di 23 Comuni e 70 associazioni di ospitalità e servizi tra Sirmione e Limone) dice che “dopo la sosta di novembre, scaldare un albergo intero per Natale non è cosa da poco, considerando anche che a fine anno si lavora per una settimana soltanto. Con i prezzi attuali di luce e gas riaprire non conviene. Prima la pandemia, poi la guerra, ora il caro energia: è la tempesta perfetta”.
Problemi anche per la prossima stagione invernale in montagna: “Il fattore costo dell’energia – dice Gabriella Gibertini, presidente di Assohotel Confesercenti Modena – mette a rischio la stagione invernale sul nostro Appennino, tenuto conto dell’alto consumo di energia elettrica sostenuto dagli impianti di risalita al quale si aggiunge, se la stagione non fosse propizia, anche un ulteriore aggravio di costi per l’innevamento artificiale”. A Milano durante la clamorosa protesta organizzata da Coldiretti, che ha portato al parco Sempione migliaia di contadini, è emerso che un giovane agricoltore su quattro (25%) ha ridotto la produzione a causa dei rincari energetici aggravati dalla guerra in Ucraina che hanno provocato un aumento record dei costi, dal gasolio ai concimi, dai mangimi ai materiali per l’imballaggio e mettono ora in pericolo il futuro di un’intera generazione impegnata a lottare per l’autosufficienza alimentare ed energetica.
Non è ancora crisi conclamata, insomma, ma manca poco. Secondo l’Ispra (l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) il consumo di energia elettrica del settore turistico (ATECO I – attività dei servizi di alloggio e ristorazione) nel 2020 in Italia ha inciso sul totale dei consumi per il 3,6%; considerando solo gli alberghi, i campeggi e gli altri alloggi per brevi soggiorni l’incidenza è stata dell’1,1%. A livello europeo, si ritiene che esista una correlazione tra i consumi di energia elettrica e i livelli di densità turistica, ovvero i consumi di energia elettrica più alti si registrano – prevedibilmente – nelle aree a maggiore densità turistica. Gli indicatori comunque non risultano particolarmente pesanti, e le attività considerate non sembrano davvero le più energivore, senza considerare il positivo rapporto tra l’incidenza sul totale dei consumi e il valore aggiunto dello stesso settore. Resta il fatto che, per esercitare la propria ragione sociale, le imprese turistiche (al pari delle altre) hanno bisogno di energia, ma considerando che sono proprio queste ad avere spinto la ripresa dell’economia italiana nel post-pandemia, andrebbero concretamente supportate nel prosieguo di questa traiettoria.
Per ora, però, devono bastare i limitati crediti d’imposta (codici 6983, -84, -85, -86 e -87) per il bonus a favore delle imprese che hanno acquistato energia elettrica e gas naturale nei mesi di ottobre e novembre 2022 e carburanti nel 4° trimestre 2022, a compensazione parziale dei maggiori costi sostenuti per l’acquisto di energia elettrica, gas naturale nei mesi di ottobre e novembre 2022 e per l’acquisto di carburante nel quarto trimestre 2022. Si tratta di ristori parecchio parziali, un tampone che non dissipa l’incertezza degli operatori: cosa succederà nei prossimi mesi? Che bollette arriveranno? Converrà tentare la sorte e affrontare la nuova stagione o non rischiare e rinunciare all’apertura?
In un momento in cui in ogni strategia elaborata per il turismo prossimo venturo parla della necessità di destagionalizzare, la crisi energetica sta costringendo invece nella direzione opposta, contraendo i calendari per concentrarsi sulle saturazioni delle strutture, così da poter contare su incassi in grado di giustificare le maxispese. Un esito che però indebolisce il comparto e per di più lascia anche scoperto un lungo segmento della filiera turistica, quello dei servizi, delle forniture, dei commerci derivati. Senza contare il lavoro stagionale, doppiamente concentrato solo nei mesi clou, e quindi sempre meno appetibile da parte dei tanti che cercano invece una qualche stabilità.
I riverberi della guerra, dell’inflazione, della crisi anche speculativa sulle forniture energetiche, insomma, stanno causando cerchi concentrici insospettabili: si sa dove sono iniziati, ma è impossibile indovinare dove e quando diminuiranno d’intensità fino a confondersi del tutto.
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