In questo intervento ci si occuperà delle dinamiche del dollaro Usa in base ai tanti accadimenti effettivi e a impostazioni teoriche che fanno da spiegazioni fondanti, il tutto alla fine riserverà molte sorprese sui tanti aspetti reconditi di questo oggetto importantissimo che è il dollaro statunitense.
Iniziamo subito col dire che per inquadrare lo studio di una moneta ci sono due direttive fondamentali, delle quali in questa sede ne verrà analizzata esplicitamente una, e cioè quella di valuta, mentre gli aspetti riguardanti la funzione di una moneta all’interno di un’economia resteranno sullo sfondo come aspetti impliciti.
Allora, la prima cosa da dire quando si affronta l’aspetto valutario della moneta è se ci si muove in cambi fissi con tutte le altre valute oppure in un regime di sostanziale flessibilità dei cambi; va subito detto che l’esperienza delle economie monetarie piene e cioè dal 1750 in avanti – anni in cui iniziano le prime ricerche fondative dell’economia monetaria internazionale da parte di David Hume – è di una predilizione per la fissità dei cambi e al limite per regimi fluttuanti dei cambi in qualche maniera sempre però aggiustabili dall’autorità monetaria. Il contesto attuale formale dei cambi è quello della flessibilità internazionale, con numerose clausole di regimi particolari e interventi attinenti a seconda dell’area del pianeta oggetto di osservazione.
Qui però va sottolineata da subito la prima sostanziale particolarità del sistema attuale, e cioè a dirsi che il dollaro Usa funge in maniera conclamata – almeno finora – da valuta di riserva degli scambi internazionali; il dollaro è cioè in regime di flessibilità con tutte le altre monete mondiali, ma al tempo stesso funge da asset di riserva per i valori mondiali; abbiamo infatti a dati attuali che il 59% delle riserve delle banche centrali di tutto il mondo è in dollari e si arriva al 72% circa per gli scambi internazionali; doveroso però ricordare che agli inizi degli anni 2000 il volume transato in dollari degli scambi internazionali era superiore al 72% e le riserve in dollari delle banche centrali erano pari al 60%.
Quindi, si può osservare agevolmente che questa funzione di riserva al centro degli scambi internazionali stia diminuendo vistosamente negli anni, sebbene ancora oggi sia centrale. L’altra cosa che va ricordata con molta attenzione è che l’oggetto ritenuto e usato da millenni come riserva di ultima istanza da parte di qualsiasi civiltà è l’oro, e in effetti prima del 1944 tutti i sistemi internazionali erano del tipo fondamentale del gold standard.
Con la fine della Seconda guerra mondiale e col ruolo preminente di grande potenza vincitrice ed economicamente immensa degli Stati Uniti, si crea il sistema convertibile dollaro Usa-oncia d’oro a 35 dollari l’oncia; tale sistema restò in funzione fino ad agosto del 1971 quando gli Stati Uniti non furono più in grado di garantire tale convertibilità, e da tale momento e fino alla caduta del muro di Berlino e cioè a dirsi il 1989, che si è sperimentato il regime di cambi internazionali flessibili più vicino al funzionamento integrale e senza distorsioni importanti. Invece, con la caduta dell’Urss e il nanismo economico di tutto il pianeta a eccezione dell’Occidente, inizia il periodo del regno del dollaro che sebbene molto più svalutato rispetto all’oro, relega lo stesso in una funzione proprio ultimissima di riserva; per capirci da fine del mondo, e infatti se si pensa a ciò che è avvenuto coll’inizio del Covid-19 si può ben capire il bisogno di avere oro, in un mondo che avrebbe potuto andare incontro a una pandemia di anni e perciò a una distruzione dell’economia internazionale che ha come perno attuale gli Usa.
Bene, siamo arrivati al cuore del problema: gli Stati Uniti stanno sperimentando sempre più la perdita di importanza centrale della loro nazione nel mondo e tutti i problemi odierni stanno inquadrando ciò in maniera drammatica. Ad esempio, abbiamo avuto a giugno il barile Wti di petrolio giungere alla quotazione di 131 dollari e portare così l’inflazione statunitense al 9,1%, e di conseguenza, dato che il petrolio è il fattore economico ancora più importante del mondo, la reazione rabbiosa e intensa degli Stati Uniti a ogni livello della loro azione per abbattere tale dinamica di prezzo.
Innanzitutto, il perché; il perché è dovuto al fatto che il petrolio in ascesa incontrollata porterebbe l’inflazione americana a vette anche del 20% e con tali valori gli Stati Uniti entrerebbero dentro una pericolosissima crisi sistemica che interesserebbe ogni aspetto della loro struttura; il come è invece dato da marginali interventi di sostegno dovuti al rilascio di barili dalla riserva strategica, ma lo si ripete gocce nell’oceano valide solo per il brevissimo spazio di uno/due mesi, e poi, invece, cosa più importante e ritorniamo al cuore dei problemi, interventi speculativi sia sui future del petrolio che soprattutto sulla divisa americana; tali interventi speculativi sono condotti dalla grandi istituzioni finanziarie internazionali – che nella loro quota assolutamente predominante sono occidentali – e il loro effetto è quello di acquisire senza sosta dollari Usa facendone così incrementare le quotazioni rispetto a tutte le altre valute, e col corollario che la generalità degli scambi sono denominati in dollari, avere come effetto finale quello di rendere costose le materie prime per tutte le altre nazioni del mondo, compresa la nostra cara Europa, e al converso meno care e di molto per gli Stati Uniti.
Beninteso però, il rublo russo essendo la valuta che realmente rappresenta il valore delle materie prime e di tecnologie non comuni e molto sofisticate, del tipo ad esempio di quelle spaziali, è l’unica valuta che a sua volta si sta apprezzando sul dollaro americano.
Insomma, alla fine della giostra non è possibile per gli Stati Uniti con la sola forza finanziaria pregiudicare l’economia del mondo intero a scapito della loro, se non mettono in campo altre dimensioni di forza effettiva: forza economica, forza militare, forza demografica, forza delle materie prime, forza antropologica e via dicendo; e purtroppo, tocca dire che la guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali verso la Russia non sono altro che uno degli specchi di questo profondo disordine.
Agganciandoci quindi a immagini più vaste che vengono fuori dalla storia, uno degli scenari che personalmente più mi suggestiona è la maturità tarda e ultima dell’Impero Romano; nell’Impero del 250/300 dopo Cristo, ancora il sesterzio con l’effige di Cesare era considerato da tutto il mondo e fino all’India come una materia prima, solamente che non aveva più la brillantezza e la potenza di due secoli addietro; i problemi irrisolvibili stavano iniziando ad affacciarsi all’impero: tecnologia agricola e del lavoro insufficiente per il mantenimento dei livelli di ricchezza acquisiti, inflazione crescente perché il sesterzio lo si sviliva continuamente dell’argento che avrebbe dovuto contenere, pressioni dei barbari ai confini sempre più veemente, e quindi come nel mondo attuale per il dollaro Usa, buona parte del valore era dovuta all’effige di Cesare allora, dell’aquila americana e dei Presidenti americani iconici oggi.
Ora invece è il momento per gli Stati Uniti di mettere mano a debiti immensi e immani, tra i quali i due gemelli del disavanzo commerciale e del deficit pubblico, fino ad arrivare all’entità mostruosa dell’attuale debito pubblico; la sostanza della faccenda è proprio questa, come nel 1971 gli Stati Uniti per onorare i loro debiti col mondo hanno stampato e stanno stampando moneta in eccesso gigantesco, e quindi per ripagare tali debiti, o li azzeri cogli scambi commerciali effettivi dei beni o li elimini con l’inflazione.
Sullo sfondo l’erosione della propria centralità internazionale alla quale la nazione sta reagendo in mondo convulso, disordinato, drammatico, feroce, basta pensare a come si sta conducendo in primis la guerra in Ucraina; ma in seconda battuta poi la vicenda economica dell’intera Europa, seconda di importanza solo perché non ci sono stati i 50.000 morti circa dello scontro ucraino, ma in prospettiva molto più letale e pericolosa, in quanto gli Stati Uniti per onorare i loro debiti stanno cercando di invertire il flusso delle partite correnti con l’Unione europea, e facendolo però con la forza della loro egemonia militare e finanziaria usata in modo implicito ipocrita e pericoloso stanno avvicinando tutti quanti compresi loro stessi a momenti paurosi.
Ma l’immagine di chiusura che più ci deve dare la pericolosità del ruolo del dollaro Usa attuale è la speculazione condotta sul mercato dell’oro, ove a fronte di un’oncia fisica pari a 28 grammi si emettono sul Comex di New York circa 550 derivati per oncia senza alcun margin call e con la sola liquidazione delle differenze alle scadenze, sempre che l’acquirente non preferisca la materia prima alla chiusura del derivato: cosa che da qualche anno, Cina Russia, India stanno facendo sempre più spesso.
Inoltre, a Mosca sono in piena operatività i lavori per la creazione del mercato dell’oro alternativo alla LBMA di Londra finora di fatto unico fixing mondiale del prezzo dell’oro; tale mercato moscovita dovrebbe raccogliere il 62% della produzione mondiale di oro. Ne vedremo delle belle.
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