La morte di Liliana Resinovich, trovata senza vita in un parco a Trieste il 5 gennaio scorso dopo essere scomparsa misteriosamente il 14 dicembre precedente, è ancora un giallo. La Procura indaga a tutto tondo ma sarebbe una, quella del suicidio, l’ipotesi dominante sul tavolo degli inquirenti. Scenario fortemente rigettato dalla famiglia e dagli amici della donna, secondo cui non avrebbe mai potuto compiere un gesto estremo. A detta di chi la conosceva, non ci sarebbero stati elementi di criticità nella sua vita, né inclinazioni all’autolesionismo, tali da giustificare la scelta di farla finita. Cosa è successo davvero a Liliana Resinovich? Un’amica della 63enne, Gabriella Micheli, racconta al settimanale Giallo le sue perplessità sulla vicenda e aggiunge un possibile scenario: Liliana Resinovich “uccisa per punizione“.
Micheli, riporta il settimanale, è anche vicina di casa di Liliana Resinovich ed è tra le prime persone ad essersi attivate per la denuncia di scomparsa e le successive ricerche della 63enne triestina. Stanto a quanto riportato da Giallo sul suo racconto, la donna avrebbe dichiarato quanto segue su ciò che Liliana Resinovich le avrebbe fatto intendere a ridosso della sparizione: “Posso dire con certezza che anche a me aveva manifestato la sua intenzione di cambiare vita. Ci sono tante cose che non tornano, dalla felpa rossa che manca, agli stivali spariti. Per me Lilly è stata uccisa per punizione”. Anche Claudio Sterpin, amico “speciale” di Liliana Resinovich e sedicente amante della donna, sostiene che la sua scomparsa sia avvenuta mentre si accingeva a voltare pagina dopo un matrimonio infelice. Stando al resoconto fornito da entrambi, la 63enne voleva separarsi dal marito Sebastiano Visintin. L’uomo che ancora oggi, davanti alle rivelazioni del “rivale in amore” sulla loro presunta relazione extraconiugale, continua a dirsi ignaro del desiderio di divorzio che la moglie avrebbe covato nel più assoluto silenzio.
L’amica di Liliana Resinovich: “Non si è uccisa”
Secondo l’amica e vicina di casa, Liliana Resinovich non si sarebbe suicidata. A dirlo a chiare lettere è Gabriella Micheli, la donna che per prima, insieme al marito e su impulso di Claudio Sterpin, avrebbe nutrito sospetti sull’assenza della 63enne. “Per me non si è uccisa“, sostiene Micheli. Nel corso dell’intervista rilasciata al settimanale Giallo, afferma di ritenere che Liliana Resinovich sia vittima di un omicidio commesso da “una persona che lei conosceva bene, di cui si è fidata“.
La stessa singolare modalità in cui il cadavere di Liliana Resinovich è stato ritrovato suggerirebbe, a detta della famiglia e dell’amica della vittima, l’ipotesi di un delitto. Il corpo della 63enne era all’interno di alcuni sacchi (due neri della spazzatura a contenere le gambe e due buste di nylon chiuse intorno alla testa con un cordino non troppo stretto) e questo, secondo Gabriella Micheli, deporrebbe a favore di uno scenario di un crimine “punitivo”: “Chi ha fatto questo ha voluto lasciare un segno, l’ha trattata come spazzatura. È stata una vera e propria punizione. Non certamente amore”. Il marito di Liliana Resinovich vorrebbe far cremare il corpo “come lei avrebbe voluto“, ma il fratello della 63enne morta a Trieste, Sergio Resinovich, continua a chiedere il prolungamento delle indagini per arrivare a una risposta certa alla domanda numero uno: com’è morta Liliana Resinovich? Secondo i legali che lo assistono non ci sarebbero molti dubbi: la donna sarebbe stata uccisa nell’immediatezza della scomparsa da qualcuno che conosceva. Un “delitto di prossimità“, lo ha definito l’avvocato Nicodemo Gentile, ancora senza la fotografia dell’autore.