Gianni Togni si racconta: “Rubai la prima chitarra a mio fratello”
Gianni Togni si è raccontato in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera nella quale ha ripercorso la sua illustre carriera, dalle prime esibizioni senza sapere i testi delle canzoni a memoria, fino al tour con i Pooh in America. Un’infanzia segnata, con la nonna paterna che “suonava il piano e cantava lirica per passione, zia Edda scultrice e pittrice, uno zio avvocato e pianista jazz”, ma anche “mio fratello Pierlorenzo, cinque anni più grande di me, un bel rockettaro che è diventato un fotografo musicale”. Fu quest’ultimo ad iniziarlo, involontariamente, alla musica, “gli rubai la mia prima chitarra”, regalata dai genitori ma “che lui abbandonava in giro per casa”.
Gianni Togni confessa di aver imparato a suonare da solo “per forza”, ricordando di quando “mi iscrissero a lezioni di pianoforte”, dalle quali fu cacciato perché “ero indisciplinato”. “Appena imparavo un accordo mi lanciavo a comporre e non seguivo più l’insegnante”, mentre con il canto andò meglio. “Avevo 8 anni” nel periodo in cui frequentava le lezioni di canto, “ma cominciai molto prima” e ricorda anche di quando “mi avevano preso per lo Zecchino d’Oro”, al quale non partecipò perché “uno zio si ammalò”.
Poi, le prime esibizioni in pubblico di Gianni Togni, “a 16 anni al Folkstudio giovani”. “Salivo sulla pedana con la chitarra”, ricorda, “e appoggiavo il testo su una botte, perché non c’era tempo di impararlo a memoria”. “Mio padre firmò la giustificazione per farmi saltare un mese di liceo”, per permettere a Togni di incidere il suo primo album “In una simile circostanza”, ma “andò malissimo”. Però, fu un’esperienza importante per lui, perché in quegli stessi anni Rino Gaetano divenne “un po’ il mio supervisore”.
Gianni Togni: “Sanremo? Ridicolo, per fortuna fui scartato”
Insomma, Gianni Togni iniziò ad esibirsi in pubblico all’età di 16 anni, ma la svolta avvenne anche grazie a Rino Gaetano. Al Corriere ha raccontato che abitavano vicini quando lui aveva 18 anni e che suo fratello lo fotografò per la copertina del suo primo disco. Di Gaetano, Togni ricorda di “quando si facevano le interviste o c’erano delle feste” e lui lo passava a prendere, “mi suggeriva con chi parlare e mi offriva una Coca Cola”. Aprì i concerti di Amanda Lear “ad Albenga”, confessando di sbirciarla “mentre riposava nel giardino dell’hotel” e ricordandola come “una signora allegra e una superdiva”.
E poi, i Pooh, che lo portarono “in tour negli Stati Uniti”, ricordando i viaggi in macchina, “guidavano o Red o Dodi”, e il perfezionismo di Stefano. Durante i concerti dei Pooh, ricorda scherzosamente Gianni Togni, Stefano “pretendeva che, alla fine dei concerto, la scritta Pooh si alzasse in scena, perfettamente orizzontale”, e lui era incaricato di controllare che tutto andasse secondo i programmi dal pubblico. “Gli dicevo sempre che era tutto filato liscio, mentivo per non farlo arrabbiare, ma ogni tanto il nome veniva su sbilenco”.
Sull’assenza di Gianni Togni dal festival di Sanremo lui ne parla come di una liberazione. “Le gare nell’arte sono ridicole”, ammette, “non è uno sport”, e ricorda di quando la casa discografica lo costrinse a provarci, “invia a Pippo Baudo ‘Stanotte tienimi con te’. La scartò, per fortuna, lo bacio ancora quando lo vedo”. Infine, Gianni Togni ricorda la lezione più importante della sua vita, “quella di papà: qualcuno è più bravo di te? Studialo, non invidiarlo, metteresti in evidenza la tua mediocrità”.