Se ne parla e si approvano atti da almeno vent’anni senza essere mai giunti – come accade spesso per le riforme in Italia – a un punto fermo, a una svolta definitiva. Basta questo per sostenere che l’autonomia delle Regioni non ha un futuro? Il dato induce indubbiamente allo scetticismo.
Stavolta però l’argomento rimane vivo anche dopo il 25 settembre e nonostante la flessione del voto leghista. Non fosse altro perché Salvini, soprattutto di fronte ai suoi governatori, ha definito l’autonomia “il primo provvedimento del nuovo Consiglio dei ministri”.
Ma siamo di fronte a un progetto di partito? Di parte? Guardando ai fatti, la risposta è sicuramente negativa. Tant’è che sono diverse anche a sinistra le voci favorevoli al regionalismo.
Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, per esempio, si è sempre dichiarato per l’autonomia, salvo puntualizzare (ma bisogna concederglielo) “non però quella che ha in mente Salvini, che vuole togliere soldi al Sud”. Una sottolineatura in vista del voto e anche una conferma che il dibattito pre-elettorale sull’argomento non è mai entrato nel merito e si è limitato agli slogan o a questioni di metodo.
Di sicuro non è stato evidenziato a sufficienza che l’autonomia è un principio sancito dall’articolo 116 della Costituzione e quindi il regionalismo non è soltanto la voce di un programma elettorale. Si tratta invece di concludere un percorso avviato col contributo di diversi livelli istituzionali, facendo tesoro di un lavoro in pratica iniziato il 28 febbraio 2018, con la sottoscrizione di tre accordi preliminari tra il Governo e le regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, le prime ad avanzare la richiesta di autonomia. Successivamente a innescare la procedura sono state anche Campania, Liguria, Lazio, Marche, Piemonte, Toscana e Umbria, mentre Puglia, Calabria e Basilicata sono giunte ad approvare “atti di indirizzo” a favore dell’autonomia.
Escluse perciò le regioni a statuto speciale, praticamente tutte le regioni hanno formalizzato la richiesta di nuove competenze trasferite dallo Stato, facendo riferimento alla possibilità prevista dalla Costituzione. Nel dettaglio, l’ampliamento della potestà legislativa può avere ad oggetto le 20 materie alle quali viene attribuita competenza concorrente (per esempio, rapporti con la Ue, commercio con l’estero, istruzione, professioni, tutela della salute) oltre a tre materie con competenza esclusiva dello Stato (organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente e dei beni culturali).
Non si tratta semplicemente di una questione di soldi. Il meccanismo prevede, infatti, che vengano diversamente attribuite competenze e funzioni e quindi che una materia trattata dallo Stato venga in quota parte assegnata alla Regione interessata, purché questa abbia siglato un’intesa con il Governo (da approvare poi in Parlamento).
Una procedura complessa? Un percorso soggetto ai chiari di luna della politica? Certo le insidie non mancano, ma è importante chiarire che nelle regioni a pronunciarsi per l’autonomia sono state forze politiche di destra e di sinistra e anche i Cinquestelle e che le norme assicurano il rispetto di alcuni princìpi: l’unità dello Stato, la possibilità di ricorrere a “strumenti di perequazione” e il ricorso a Livelli essenziali di prestazione (Lep), per escludere disparità di trattamento tra le regioni e non penalizzare le regioni deboli. Quindi patti chiari, amicizia lunga: l’intesa tra lo Stato e la Regione deve stabilire ogni particolare ed è soggetta a un limite temporale.
Il traguardo non è sicuramente immediato, ma può allontanarsi ulteriormente se il percorso dell’autonomia verrà abbinato a quello del presidenzialismo, che è una riforma costituzionale e necessita di un iter lungo.
L’autonomia, da sola, non parte da zero. Oltre agli atti già prodotti dalle Regioni è da considerare, infatti, anche il lavoro della commissione parlamentare che ha definito i contenuti delle intese e individuato i Lep, mentre è stata scritta una bozza di legge di riferimento. Se prevarrà la volontà di fare, si potrà dunque già contare sugli attrezzi necessari.
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