Il ricordo del padre del SETI e dell’astrobiologia: il suo lavoro ha avuto un notevole impatto non solo sulla scienza ma anche sulla cultura. L’ideatore della famosa equazione che porta il suo nome è stato fin dall’inizio consapevole che la sua ricerca, pur basata nel modo più rigoroso possibile sulla scienza, ne trascendeva i confini, riguardando tutta l’umanità.
La mattina di venerdì 2 settembre 2022 ad Aptos, in California, è morto Frank Drake, uno dei personaggi storici del nostro tempo. Frank, con cui ho avuto l’onore e il piacere di collaborare per diversi anni, è stato infatti il creatore della famosa equazione che porta il suo nome e che viene abitualmente usata in astrobiologia come guida per la ricerca della vita nel cosmo, nonché il padre del programma SETI (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) che cerca possibili segnali radio di altre civiltà per mezzo dei radiotelescopi.
Nato a Chicago il 28 maggio 1930, si era laureato in ingegneria elettronica alla Cornell University. La passione per la radio nacque in lui durante il servizio militare sulla nave USS Albany, dove era stato assegnato alla gestione della parte elettrica, tra cui le comunicazioni. Terminata la leva, si iscrisse ad Harvard, dove conseguì il Dottorato in radioastronomia, grazie al quale trovò subito lavoro presso il nuovissimo National Radio Astronomy Observatory (NRAO) di Green Bank, in West Virginia. E fu qui che l’8 aprile 1960, poco prima del suo trentesimo compleanno, avviò il primo programma SETI della storia: il Project Ozma, così chiamato in onore del libro Il mago di Oz, molto popolare negli USA.
Appena sette mesi prima, il 19 settembre 1959, Giuseppe Cocconi e Philip Morrison, entrambi docenti della stessa Cornell University, avevano pubblicato su Nature un articolo di appena una pagina e mezza che conteneva già tutte le idee base del SETI, compresa quella di condurre le osservazioni alla frequenza della riga di emissione spontanea dell’idrogeno (1420 MHz). Poiché infatti l’idrogeno è l’elemento di gran lunga più comune nell’universo, costituendo circa i ¾ della sua massa visibile, la sua emissione sarà di certo studiata anche da altre civiltà (se ne esistono), proprio come facciamo noi. Sembra quindi logico aspettarsi che, se qualcuno volesse inviare una trasmissione radio “alla cieca” massimizzando la probabilità che possa essere ricevuta da qualcuno, scelga proprio tale frequenza, che è la più “ascoltata” di tutte.
Drake non aveva letto l’articolo, ma era giunto autonomamente alle stesse conclusioni. Decise perciò di osservare per alcune settimane Tau Ceti ed Epsilon Eridani, due stelle piuttosto vicine alla Terra, ad appena una dozzina di anni luce, proprio su questa frequenza. Non trovò nulla, ma in compenso inaugurò un nuovo campo di ricerca, che è tuttora attivo.
L’anno seguente, Drake organizzò a Green Bank un congresso in cui propose di studiare, uno per giorno, 7 fattori rilevanti per la ricerca della vita nello spazio (quella che oggi è chiamata astrobiologia), che poi divennero i 7 termini di quella che è oggi nota come Equazione di Drake. Benché per il momento non ci consenta di giungere a un risultato chiaramente definito, neanche in forma approssimata, perché ignoriamo ancora il valore di troppi fattori, essa è comunque molto utile, perché, come diceva con ammirevole autoironia lo stesso Drake, perlomeno “ci aiuta a organizzare la nostra ignoranza”.
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Paolo Musso
(Università dell’Insubria e IAA SETI Committee)
© Pubblicato sul n° 82 di Emmeciquadro