Stefano Savi: “Ho cercato di pulirmi con l’erba del prato”
Era il 2014 quando Alexander Boettcher e Martina Levato, la “coppia dell’acido”, decise di mettere in atto un macabro piano: ritracciare e aggredire tutti gli ex fidanzati della giovane, sfregiandoli con l’acido. Insieme al complice Andrea Magnani, i due presero di mira alcuni giovani in giro per Milano. La prima vittima fu Stefano Savi, per errore. Ad essere colpito sarebbe dovuto essere un ex di Martina, Giuliano Carparelli, al quale Savi somigliava moltissimo. Al Corriere della Sera, sull’inserto “Sette”, il ragazzo, autore di un libro, “L’odore dell’acido”, ha raccontato quei tragici momenti.
Era novembre del 2014, “Tornavo dalla discoteca, saranno state le cinque del mattino. Dopo il giro per riaccompagnare i miei amici, scendo dalla macchina e vedo un’ombra spuntare da dietro. È un attimo: mi sento arrivare in faccia una specie di olio che mi annebbia la vista. Tiro un calcio, a vuoto. Brancolando entro in giardino e inizio a strofinarmi gli occhi con l’erba del prato per cercare di pulirmi. Da lì, non so neanche come, ho preso le scale che portano direttamente alle camere. In casa c’erano mio padre, mia madre e mio fratello gemello. Entrato in casa ho lanciato orologio, bracciali e anelli, pieni anche loro di acido, e sono corso in bagno a sciacquarmi. Ero già tutto nero”.
Stefano Savi: “Ho perso la cognizione del tempo”
Quasi subito la famiglia di Stefano Savi si è accorta che si trattasse di acido solforico: “Mio padre mi ha toccato la giacca e si è ustionato i polpastrelli. I vestiti erano sciolti: ai pantaloni era rimasta solo la vita e il fondo, della giacca di pelle c’erano solo le spalle, scendeva a gocce. Si è poi scoperto che l’acido era di una gradazione illegale in Italia: se l’erano procurato in Germania. Il bruciore c’era ma fino a un certo punto: sono entrato in una bolla, come se fossi sprofondato sott’acqua. I miei che parlavano al telefono con il nostro medico, poi la decisione di correre al Fatebenefratelli. Lì hanno provato a pulirmi gli occhi con delle spatole. A quel punto sono crollato, mi sono messo a piangere. Ho perso la cognizione del tempo: non vedendoci più mi sembrava un’unica notte lunghissima”.
Da lì, è stato trasferito al Niguarda: “Centro Grandi Ustionati. A mio padre il medico ha detto: “Non sappiamo come va a finire, la situazione dire che è grave è riduttivo”. Mi hanno fatto fare un bagno igienizzante in una grande vasca di acciaio, poi hanno iniziato con antidolorifici, antinfiammatori, antibiotici, tutto in vena. Ho chiesto subito che mi portassero gli occhiali da sole: ero senza palpebre e la luce dell’ospedale era una tortura. Infatti sono iniziate le ulcere”. Per il giovane era tutto compromesso, anche la bocca: “Si era completamente chiusa. Il primo periodo mi hanno dovuto imboccare. Per tre settimane ho assunto solo liquidi. E ho dovuto mettere il divaricatore, come quello del dentista, sulle cicatrici fresche. C’era solo una piccola fessura, il divaricatore tirava i tessuti cicatriziali per riaprirla. È stato il periodo più duro: ero spesso da solo e mi lavavano gli infermieri. Ho retto due settimane, poi ho detto basta. Troppo umiliante, ho chiesto di fare da solo”.
Stefano Savi: “60 operazioni, trattamenti e filling”
Le operazioni, nel corso degli anni, sono state “Circa 60” per Stefano Savi, “Senza contare trattamenti, filling, manipolazioni. La prima, la più impegnativa, è stata la rimozione della pelle bruciata, per innestare quella artificiale. Una volta guarita, me ne hanno prelevato uno strato dalle cosce e me l’hanno applicato su faccia, mano e gamba“. Il giovane è stato curato anche “In Francia. A Saint Gervais, subito dopo il traforo del Monte Bianco. Cure allo zolfo in un grande centro termale specializzato. Docce, bagni e manipolazioni per la rigenerazione cellulare. Ci davano anche l’acqua allo zolfo da bere. Soporifera, dormivamo tutti ovunque”. Il momento più doloroso, però, è stata “L’operazione all’orecchio, il primo anno. Mi hanno dovuto rifare il buco, tagliando la carne che si era chiusa. Il male più grande della mia vita. Ho avuto un’emorragia e mi hanno messo i punti da sveglio. Tutte le mattine andavo a farlo cauterizzare per evitare che si formassero i grumi di sangue. Ma anche le ulcere agli occhi: me n’è tornata una l’anno scorso sulla cornea, quasi perforante. Per un mese è stato come avere un trapano in testa”.
La vista non è tornata, nonostante un trapianto purtroppo andato male: “Dall’occhio sinistro non ci vedo più. Ho fatto un trapianto di staminali che purtroppo non è andato a buon fine. Quando mi chiedono se sono arrabbiato rispondo sempre che per un mese e mezzo sono stato cieco da entrambi. Poi basta fare un giro in ospedale, ti imbatti in cose che spezzano il cuore. In Francia c’era una ragazzina di 19 anni, bruciata in macchina, completamente nera. Mano amputata, gamba amputata”.