Le elezioni in Brasile di domenica scorsa hanno lasciato strascichi polemici per molteplici brogli scoperti, specie nel nord-est del Paese. Il colmo si è registrato a Barreiras, una piccola città dello Stato di Bahia, dove in pratica c’è stato un vero e proprio suffragio a favore di Lula, che ha avuto ben 213.243 voti: peccato però che gli abitanti del posto siano solo 158.432!
Ora è chiaro come tutti si attendessero un plebiscito in favore dell’ex Presidente e invece la delusione per il risultato che ha portato a Lula un vantaggio minimo ha di fatto scatenato, fin dall’inizio, una campagna elettorale rovente, basata su un fair-play inesistente a colpi di parolacce e offese reciproche da parte dei due candidati.
Entrambi, come previsto, hanno diffuso proposte basate sul classico scambio tra voto e sussidi, dove però si registrano due posizioni contrastanti: Lula ha promesso, una volta eletto, di realizzare il piano di aiuti (a dire il vero minimo) che istituì nei primi due anni di Presidenza, per un importo di circa 200 reais pro-capite. Però, a dirla tutta, quel piano era stato iniziato dal suo predecessore Cardoso e Lula ebbe il merito di continuarlo e questa fu la sua spada al servizio di una povertà che, specie nel nord-est, raggiunge livelli ragguardevoli.
Bisogna dire che Bolsonaro non è rimasto con le mani in mano e, specie negli ultimi due anni di Covid, ha creato piani di assistenza per circa 800 reais che hanno permesso a 23 milioni di famiglie di poter tirare avanti, arricchendoli pure con i soldi di un piano che doveva servire a garantire pasti abbondanti nelle scuole: ma una volta chiuse (per emergenza sanitaria) i soldi sono stati dirottati sui sussidi famigliari.
Una cosa però è ormai certa, discorsi propagandistici a parte: vada come vada, il 30 ottobre chi siederà sulla poltrona presidenziale dovrà rispondere a un Governo a maggioranza bolsonariana e quindi Lula, anche se vincitore, si troverà senza molti spazi di manovra.
Quest’ultimo elemento è di importanza fondamentale e può essere arricchito da un altro dato: attualmente la gran maggioranza dei Governatori degli Stati componenti la Repubblica brasiliana si è espressa in appoggio dell’attuale Presidente. Basterà ciò a garantirne la ri-elezione?
I sondaggi danno Lula tuttora in leggero vantaggio, ma, visto il fiasco dei precedenti, non c’è da dare molto credito a questi dati; quello che c’è da registrare sono le posizioni di Lula espresse dopo il mezzo passo falso di domenica scorsa: da paladino delle libertà a esprimersi senza tanti giri di parole contro l’aborto. Questa manovra si inquadra in altre che paiono attuate apposta per guadagnare voti nel prossimo suffragio, ma che rivelano pure l’incertezza del risultato, se è vero che lo stessissimo Lula che si abbracciava a conosciuti dittatori del Continente latinoamericano (come Noriega e Maduro) e aveva inserito il Brasile nel gruppo di Sao Paulo, un club populista che mira al controllo del Continente, ora prende le distanze da tutto e tutti, criticando i suoi (ex?) alleati, e facendo presagire una certa simpatia della Casa Bianca nei suoi confronti, rispetto a un attuale Presidente che nel corso degli ultimi anni ha approfondito la presenza brasiliana nel Brics, l’alternativa economica al mondo occidentale, fomentando relazioni più strette e appoggiando apertamente (almeno in un primo momento) le politiche di Putin.
Ora bisognerà pure vedere quale sarà la vera posizione degli Usa: in primis perché, stante la situazione economica attuale che vede nel Brasile la nazione meglio posizionata con prospettive di crescita davvero inimmaginabili anni fa e con una deflazione in corso (fatto più unico che raro nel contesto sudamericano) e visto che le politiche di Bolsonaro hanno apertamente incentivato questo fenomeno non sarebbe molto saggio appoggiare il suo avversario che ora gioca a fare l’alleato atlantista, ma che, una volta arrivato al potere (pur con le ristrettezze descritte sopra) potrebbe effettuare una giravolta davvero poco produttiva agli interessi statunitensi in Sudamerica.
D’altro canto basta leggere i tweet di Bolsonaro, che fa appello ai brasiliani per far sì che la nazione resti fedele ai suoi valori tradizionali quali Dio, la Patria e la Famiglia per salvare il Brasile dalla deriva del globalismo liberale per capire che la scelta su chi appoggiare si rivela alquanto problematica e addirittura perfida nei suoi risvolti.
C’è quindi una specie di limbo a Washington, dove lo Stato profondo non sembra avere davvero il controllo dell’Amministrazione Biden e il rischio che si corre potrebbe essere il colpo di grazia contro il Deep State internazionale.
E visti i continui brogli scoperti nel corso dello spoglio elettorale, Bolsonaro è stato molto chiaro: i militari saranno a guardia delle elezioni. E quindi il 30 ottobre sarà sicuramente una data importantissima non solo per il futuro brasiliano, ma anche per lo sviluppo che, in un caso o nell’altro di vittoria, ridisegnerà la geopolitica mondiale.
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