Il panorama delle adozioni è cambiato tra crisi economiche e pandemia. Lo conferma Joyce Flavia Manieri, psicologa e formatrice, autrice del libro “Dal desiderio alla consapevolezza. Una guida per il viaggio di chi si avvicina all’adozione”. «Queste condizioni generali di crisi hanno condotto a una diminuzione delle coppie che presentano la disponibilità ad adottare», racconta all’Avvenire. D’altra parte, è cambiato anche il profilo dei bambini adottabili. «Oggi sono generalmente grandicelli, o fanno parte di fratrie, o hanno disturbi comportamentali derivati da traumi, oppure disabilità: queste sono le caratteristiche che vengono riassunte nella dizione “special needs”, bisogni speciali». Le coppie che si avvicinano all’adozione sono informate, ma non del tutto consapevoli di cosa vuol dire ciò.
I futuri genitori, rimarca Joyce Flavia Manieri, vanno accompagnati nella conoscenza di questi bisogni speciali. Dunque, ora i bambini adottati in Italia sono bambini in età scolare. «L’età media di ingresso in famiglia è di 5/6 anni, ed una parte di loro sono portatori di molteplici bisogni particolari. Queste caratteristiche si rilevano sia nell’adozione nazionale che internazionale». A proposito dell’adozione internazionale, Joyce Flavia Manieri evidenzia come si stia registrando una forte contrazione negli ultimi anni. Le cause sono molteplici e molto complesse. «Tra queste anche il fatto che i Paesi di provenienza stanno rafforzando la loro adozione nazionale, esattamente come è accaduto per l’Italia dal Dopoguerra in avanti».
ADOZIONI TRA PREGIUDIZIO E FRAGILITÀ SOCIALE
Ma Joyce Flavia Manieri, che è stata ricercatrice presso l’Istituto degli Innocenti di Firenze e referente per il Servizio per le adozioni della Regione Lazio, oggi a lavoro presso il GIL Adozioni della Asl di Roma 1, sottolinea anche il fatto che oltre a cambiare il profilo dei bambini adottati, è cambiato anche quello delle coppie. «Nei gruppi di orientamento all’adozione arrivano sempre più spesso coppie che hanno già figli biologici e desiderano accogliere un altro figlio tramite l’adozione», spiega all’Avvenire. Ci sono coppie in un secondo matrimonio, con figli già grandi, ma anche «coppie che hanno avuto il primo figlio con la Pma e non vogliono ripercorrere quello stesso cammino». O più generalmente sono coppie con figli in diverse fasi di età che si aprono a questa possibilità.
C’è un altro aspetto che Joyce Flavia Manieri mette in evidenza delle adozioni: la fragilità sociale di cui soffrono le famiglie adottive. Il fatto che i genitori adottivi vengano visti come eroi alimenta un pregiudizio, «alimentato dal mito del sangue, che disincentiva ad accogliere un “estraneo” nella propria casa». Quindi, soprattutto nelle famiglie adottive con differenze etniche, si subisce una sorta di voyeurismo sociale. «Quando i figli sono piccoli vengono guardate da tutti con tenerezza a volte soffocante, quando i figli sono grandi possono suscitare domande o andare incontro ad incomprensioni». Quel che bisognerebbe fare non è solo aiutare le famiglie, investendo sulla formazione interculturale delle coppie che aspirano all’adozione, ma soprattutto produrre uno scatto culturale che apra lo sguardo e ad una sensibilità verso le differenze.