Cattolici e politica, gli errori da evitare

In Spagna è stata approvata la "legge sulla memoria democratica". Si intende quindi creare una "versione ufficiale" di eventi storici importanti

In Spagna è stata approvata la “legge sulla memoria democratica”. In realtà, già il nome della norma rappresenta una contraddizione. La memoria è il ricordo il valore attualizzato che una persona o una comunità dà a qualcosa che è accaduto nel passato e che può accadere di nuovo nel presente. La storia è una scienza umanistica che indaga ciò che è accaduto negli anni e nei secoli passati. Né la memoria, né la storia possono essere determinate dalla legge. Non sono i rappresentanti della sovranità popolare che determinano l’una e l’altra. In Spagna, però, l’attuale Governo vuole stabilire una “versione ufficiale” non solo della guerra civile (1936-1939) o della dittatura franchista (1939-1975), ma anche della Transizione alla democrazia.

Facciamo un esercizio di “memoria sociale”. Maritain è stato uno dei filosofi più influenti nella Transizione di cui ora si vuole costruire una storia obbligatoria. Letto non solo dai cattolici, è stato un aiuto per superare il regime confessionale di Franco tramite una chiara distinzione tra Chiesa e Stato. Maritain è servito anche ad allontanarsi dall’utopia cattolica medievale e a liberarsi dell’associazione tra cristiani e destra. Ma gli spagnoli leggono la sua opera “Umanesimo integrale” con uno schema dualistico che non era nella mente del suo autore, il quale distingueva tra l’agire “come cristiano” e l’agire “in quanto cristiano”.

L’interpretazione data è che il battezzato, nell’ambito della comunità ecclesiale, agiva come cristiano, come credente, mentre nell’ambito della società civile, in quanto cristiano, cioè come uomo, seguendo certi principi morali. Il nesso tra fede e comportamento sociale e politico si riduceva all’etica.

Gli spagnoli hanno perso con la loro interpretazione il meglio di Maritain, che affermava che il cristiano è la stessa persona in tutto ciò che fa. Ma questa unità non significa che qualche distinzione non sia necessaria. Dalla fede non si possono dedurre meccanicamente schemi politici. Non è la comunità cristiana che si impegna in politica, ma ciascuno dei suoi membri con la propria responsabilità. La comunità cristiana mantiene una distanza insormontabile tra la sua vita e quella delle diverse scelte politiche dei suoi membri. Altrimenti l’esperienza ecclesiale, alla fine, viene strumentalizzata e utilizzata come trampolino di lancio per le scelte politiche dei politici cristiani.

Si supera così il rapporto problematico che la Chiesa in Europa ha avuto con la Democrazia cristiana o con i partiti che hanno sostenuto i “valori cristiani”. Questo è stato compreso dagli spagnoli. Dopo molti secoli di alleanza tra trono e altare, alleanza che aveva pervertito la missione della Chiesa, era necessario fare distinzioni. Si capiva che essere cattolici non significava necessariamente sostenere un certo partito. Per molto tempo si è dato per scontato che l’unità propria della comunione ecclesiale dovesse tradursi automaticamente in un’unità di azione politica. Per molto tempo l’unità politica dei cattolici in Spagna era stata imposta dall’alto, senza alcun rispetto per la libertà. L’unità politica era un “a priori” definito dai leader ecclesiali, non un’unità nata dal lavoro della base, una tensione. Ai cattolici spagnoli era stato detto per troppo tempo che se erano repubblicani o liberali, se erano al di fuori di quell’unità predefinita, non erano buoni cattolici.

La distinzione in Spagna, fortunatamente, era chiara. Il problema è venuto dopo. I responsabili della Chiesa non hanno detto per quale partito votare, salvo alcune eccezioni. Ma hanno sviluppato per decenni un catalogo di criteri etici per “votare bene” (famiglia, vita, ecc.). Questa formula, animata assolutamente da buone intenzioni, ha portato alcuni a percepire la Chiesa come una “diga morale” e una forza di potere. Questa percezione di strumento di contenimento è stata spesso interiorizzata dagli stessi cattolici. Molti di loro percepiscono che il criterio politico, il criterio con cui contribuire alla vita sociale, si riduce a “difendere i valori che Cristo ha portato” e non la vita che Cristo porta. La difesa di questi valori, di un’antropologia fondata sul cristianesimo, può portare a strane alleanze che condizionano ancora una volta la libertà della Chiesa.

Tutto questo non è nella “legge sulla memoria democratica”. Per fortuna.

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