Caro direttore,
ho letto con attenzione l’articolo di Fernando De Haro intitolato “Cattolici e politica, gli errori da evitare”, nel quale ci dà un bruttissima notizia circa ciò che sta avvenendo in Spagna, dove l’attuale potere, imitando ciò che di solito fanno le dittature più totalitarie, vorrebbe definire per legge ciò che è stata la storia. Notizia terribile, perché, in tal modo, si vorrebbe vietare anche legalmente ogni dibattito circa un aspetto essenziale della vita umana, costituito proprio dalla storia. Spero che gli storici si ribellino, almeno per salvare il loro lavoro, che, così, diventerebbe inutile. Ho notato che De Haro prende spunto da questa notizia per parlare d’altro, come è indicato dal titolo dato al suo intervento e cioè dei rapporti tra cattolici e politica, tra Chiesa e politica, con la principale preoccupazione, mi pare, che accada che sia la destra a difendere certi “valori” del cristianesimo.
Sono molto d’accordo con De Haro quando sostiene che la Chiesa non deve sostenere un certo partito e non deve costituirsi come “diga morale” e come “forza di potere”, come ha rischiato di fare in passato e come rischia di fare oggi quando sottolinea quasi solo posizioni “moralistiche”. E in effetti, come sostiene De Haro, i cristiani non sempre hanno saputo evitare certi errori, anche se poi la forza dello Spirito che sostiene la Chiesa ha indicato ai fedeli la strada per riformarsi.
Ma se il discorso fatto da De Haro non si completa, i cristiani rischiano di commettere altri errori non meno gravi dei precedenti. Certi esagerati atteggiamenti sottesi alla preoccupazione di non costituire una “forza di potere” possono portare ad un altro errore: quello di ridursi al silenzio, ripetendo solo, a voce bassa, ciò che, nella sostanza, piace proprio al potere, quello vero. Proprio perché la Chiesa non deve tanto difendere dei “valori”, quanto annunciare e partecipare a una vita nuova (per forza diversa da quella del “mondo”), essa, e con essa ogni singolo cristiano, deve instancabilmente dire a tutti la verità totale sull’uomo e sulla donna e deve dirlo ad alta voce, come gli è stato comandato dal Signore. Deve dirlo a tutti e, quindi, anche alla politica e ai partiti attraverso cui essa si svolge. E deve fare questo non per brama di potere, ma per essere fedele al mandato ricevuto, dentro la carne della storia. La Chiesa, mi pare, non può “sostenere” un certo partito, ma deve annunciare a tutti i partiti ciò che ritiene vero proprio in forza della vita nuova vissuta nel suo corpo.
In questo senso, la Chiesa non può non ripetere, proprio sulla base della propria esperienza di familiarità con Cristo, che gli uomini devono accogliersi l’un l’altro perché tutti sono figli dello stesso Dio e quindi sono fratelli (e qui troverà più facilmente l’ascolto di certi partiti). Ma nel contempo, non può, per gli stessi identici motivi, non proclamare che la vita è sacra e intoccabile dal concepimento alla morte naturale e che la nascita di nuove creature non può essere fatta oggetto di un vero e proprio mercato (e qui troverà più facilmente l’ascolto di altri partiti). Ma dire la verità a tutti è certamente scomodo, perché tutta la verità non troverà mai il consenso di tutti, come è successo allo stesso Gesù (e per questo è stato ucciso). Se noi cristiani abdicassimo a questo mandato, vorrebbe dire che avremmo vergogna di Cristo, il che è stato ipotizzato da Lui stesso.
Quindi, il nostro compito, nel contesto attuale, mi pare quello di non trasformare in ideologia astratta certi “valori” (e il pericolo che questo accada esiste), ma è anche quello di non rinunciare a introdurre, nel dialogo universale a cui siamo tenuti, tutti gli aspetti di verità che abbiamo imparato dentro la vita di Santa Madre Chiesa. Ciò vale per ogni momento della nostra vita (anche quello più personale) e quindi anche per quel nobile momento pubblico che chiamiamo “politica”.
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