CAOS NEL PD: BONACCINI SI “SFILA” DAL CONGRESSO?
Stefano Bonaccini da mesi è il “deus ex machina” del possibile futuro post-Congresso in casa Pd: ecco, per capire lo stato attuale della crisi interna al Partito Democratico basta guardare alle ultime dichiarazioni rilasciate dal Governatore dell’Emilia Romagna da cui si capisce bene come i destini verso le Primarie dem sono tutt’altro che “segnati”. «Sono candidato alla Segreteria del Pd? No, ancora no. Ma deciderò in fretta, non è importante essere utili a sé stessi ma alla comunità. Nelle prossime settimane deciderò». L’intervento a “Porta a Porta” di Bonaccini di fatto acuisce le tensioni interne al partito in queste settimane: tra chi vuole sciogliere il partito, chi vuole un avvicinamento al M5s, chi ancora intende modificare appieno il regolamento dello stesso Congresso e ripensare anche lo strumento delle primarie. Se però il candidato n.1 che più di tutti si era costruito l’aurea di “anti-Letta” nei mesi passati, in questo momento sembra ripensare il proprio impegno futuro, certifica che di problemi interni ai Dem non ve ne sono pochi.
«Spero che il governo venga formato prima possibile. Al Pd farà bene stare all’opposizione, perché ha governato tanti anni ma senza vincere le elezioni», ha ribadito il Governatore emiliano sottolineando a più riprese come ai Dem serva sì un nuovo segretario ma in primo luogo «serve un nuovo gruppo dirigente». Sul tema delle “alleanze” future, Bonaccini traccia un solco importante sul criterio da adottare: «prima di dire con chi allearsi, penso che al Pd serva darsi una identità più precisa, questa è sbiadita. Le alleanze arrivano poi di conseguenza. In questo momento che siamo all’opposizione è utile provare a immaginare come essere alternativi a ciò che il governo proporrà, o come dare una mano sulle cose utili al Paese. Ci sono tanti sindaci e tante sindache, tanti amministratori locali che devono diventare l’ossatura del Partito Democratico».
FUTURO PD TRA CONGRESSO, CANDIDATI E “SPAURACCHIO” CONTE
Insomma il futuro del Pd è tutt’altro che “chiarificato”, sebbene il risultato delle Elezioni già abbia provocato due primi elementi certi: Enrico Letta non sarà più il leader del Centrosinistra e il Congresso del Partito Democratico sarà fatto entro marzo 2023. I candidati attualmente certi, con il semi-passo indietro di Bonaccini, si riducono a Paola De Micheli: nomi già circolati e sempre “caldi” restano quelli del Presidente dell’Emilia Romagna, della sua numero 2 Elly Schlein (anche se ancora non iscritta al Pd), il sindaco di Firenze Dario Nardella e anche il nome nuovo dell’ex ministro Enzo Amendola.
La lotta nelle e tra le correnti dem non si appiattisce specie ora che si dovrà decidere chi saranno i responsabili due gruppi parlamentari per i prossimo 5 anni: come ha scritto Stefano Cappellini su “LaRepubblica”, «In un partito ancora permeato delle vecchie liturgie comuniste e democristiane, primo comandamento dissimulare l’ambizione alle cariche, non lo fo per piacer mio, me lo ha chiesto la base, lo vogliono i sindaci, il problema di base degli aspiranti è non sembrare vogliosi di scendere in campo». Per la corsa alle primarie le “voci” interne al Pd danno i nomi sopracitati come più probabili, a cui si potranno aggiungere nei prossimi mesi anche personalità come il sindaco di Bari Antonio Decaro e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci. Il vero spauracchio resta però Giuseppe Conte e la presa dell’attuale M5s sull’elettorato della sinistra: negli ultimi sondaggi dopo le Elezioni, i 5Stelle sono sempre più attaccati ai dem e non è da escludersi che di questo passo i temi progressisti possano essere intercettati prima dall’ex Premier che non dal Partito Democratico. Delle due l’una: o allearsi su larga scala, andando incontro a chi come Bersani e D’Alema ipotizzano un nuovo maxi-partito aperto tra M5s e Pd; oppure nominare un nuovo leader Pd più smarcato a sinistra per poter riprendersi voti e consensi “guadagnati” da Conte in questi mesi.