Nei giorni scorsi si sono insediate le Camere e si è quindi avviata la nuova legislatura. Con l’inizio delle consultazioni del presidente della Repubblica si avvierà ufficialmente l’iter per la formazione del nuovo Governo.
Il risultato elettorale ha assegnato alla coalizione di centrodestra la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Nell’ambito della coalizione l’affermazione di Fratelli d’Italia è stata netta. Sia Lega che Forza Italia hanno avuto meno eletti di prima. L’avanzata del partito di destra ha per buona parte cannibalizzato la forza elettorale degli alleati. Lo stravagante metodo elettorale, abbinato al taglio dei parlamentari ha poi amplificato i risultati in termini di numero di eletti.
La nettezza del risultato fa sì che la candidatura a presidente del Consiglio di Giorgia Meloni sia data per scontata. E la candidata, per ora ancora in pectore, si è subito data da fare per arrivare a comporre una lista di ministri che sia inattaccabile. La situazione di crisi geopolitica ed economica segna grandi vincoli sulle scelte da compiere. Il ruolo esercitato da una forza politica con posizioni estreme e comunque non avvezza a esercitare ruoli di governo spinge ad assumersi una maggiore responsabilità per scegliere persone di grande competenza e possibilmente con grande apprezzamento presso i Paesi alleati.
La scelta risulta di grande importanza per i Ministeri che dovranno fronteggiare i temi più controversi. Ministero degli Esteri, della Difesa e ministeri economici ereditano dal Governo Draghi grandi compiti da portare avanti e sviluppare per ottenere anche nei prossimi periodi le scelte europee di solidarietà collettiva che possono fare superare le tensioni sociali, energetiche ed economiche in corso.
Il clima fra gli alleati di centrodestra non appare dei migliori. Rivendicazioni di ruolo e veti incrociati su persone e ruoli hanno già dimostrato che la coalizione presenta ampie crepe. Lo sforzo volontaristico della Presidentessa si è scontrato con gli egoismi personali e di partito di Salvini e Berlusconi. Per ora si tratta di strascichi di polemiche post-elettorali e dei primi riposizionamenti dovuti al calo di voti. Dopo l’incarico ufficiale si dovrà però arrivare alla composizione ufficiale della lista e toccherà al Presidente incaricato l’assunzione piena della responsabilità delle scelte da condividere con la presidenza della Repubblica.
Se sui ministeri cruciali sono circolate voci e nomi su possibili candidati, ciò non è successo per quanto riguarda il tema del welfare e del lavoro. Nonostante la crisi economica in corso e i primi segnali di recessione il tema non riceve grandi attenzioni, né vi sono accenni a candidature significative. Eppure durante la campagna elettorale il tema ha avuto proposte anche estreme. Ci ricordiamo tutti la contrarietà al Reddito di cittadinanza e le proposte per i prepensionamenti. Per cercare di capire cosa ci si può aspettare siamo andati a rileggere il programma elettorale di Fratelli d’Italia.
Essendo un programma fatto per conquistare consenso diamo per scontato il tono asservativo e la scelta di temi che privilegiano interessi diffusi rispetto alle riflessioni richieste dalle politiche sociali. Emergono però quattro gruppi di proposte che fissano i paletti delle singole azioni. Il gruppo principale di proposte riguarda i meccanismi fiscali e contributivi finalizzati a facilitare le assunzioni per target svantaggiati (giovani e donne), favorire la nascita di nuove imprese e rendere attrattivi gli investimenti industriali nel Mezzogiorno. Manovre a carico della finanza pubblica sono anche quelle volte a contenere i prezzi dell’energia e di beni di prima necessità attraverso abbattimento dell’Iva.
Non si ipotizzano interventi di revisione delle forme contrattuali, ma si fa riferimento alla tutela sia del lavoro dipendente che di quello autonomo. Si propone, però, l’estensione del ricorso ai voucher per i settori dell’agricoltura e del turismo assieme a misure di maggiore vigilanza e contrasto per il lavoro irregolare.
Nessun accenno nemmeno al salario minimo, mentre si esplicita il sostegno alle misure di crescita salariale con contrattazione aziendale basata su welfare aziendale e contratti di produttività.
Anche se distribuito su più proposte appare più chiaro il disegno delle politiche attive. Si propone un rafforzamento e un potenziamento dell’offerta di servizi attraverso la rafforzata rete pubblica e con il pieno coinvolgimento degli operatori privati. A sostegno dei servizi si propone una revisione dl sistema degli ammortizzatori sociali per arrivare a un modello di sussidi più equo e universale. È in questo quadro che introduce sostegni al reddito universali per i cittadini (lavoratori dipendenti o autonomi nello stesso modo) che passano da un periodo di disoccupazione per trovare nuova occupazione che viene ridisegnato il Reddito di cittadinanza. La proposta è appunto di riportare chi riceve il sussidio in attesa di trovare nuova occupazione nell’ambito dei servizi al lavoro e definire un altro strumento di sostegno per chi non può contribuire in toto o parzialmente con il lavoro al proprio sostentamento.
A fianco delle misure per il lavoro vi è la proposta di rafforzare i percorsi di formazione tecnico-scientifica per contrastare abbandono scolastico e mismatching formativo.
Per le pensioni si fa genericamente riferimento all’introduzione di scivoli per renderti più flessibili i percorsi di uscita.
Va rilevato che compaiono poi due proposte non usuali. Viene proposto nell’ambito del welfare un piano straordinario per l’edilizia pubblica. Proposta che avrebbe grande impatto nelle aree urbane per chi vi lavora con salari che non hanno tenuto il passo dei valori immobiliari. La seconda è per rivedere al rialzo dei limiti nell’uso del contante che appare come concessione populistica che favorisce l’area del lavoro grigio ancora troppo estesa nel nostro Paese.
Riassumendo, il programma non promette grandi riforme per il mercato del lavoro, ma soprattutto appare come un programma a impostazione difensiva. Crescita, sviluppo, creazione di nuove risorse, ruolo dei corpi intermedi per un patto per lo sviluppo che promuova il lavoro sono temi che sfuggono a questa prima fase di elaborazione e rendono difficile scegliere chi può interpretare queste idee al Ministero.
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