C’è già fermento tra i banchi delle classi terze della scuola secondaria di primo grado. È tempo di scegliere: la scuola superiore è alle porte. Guardavo i miei spilungoni di terza, quelli che entrano ancora in pantaloncini corti ad ottobre e col cappello a rovescio in testa, quelli che “prof mi faccio crescere il ciuffo davanti così copro i brufoli che ho”, quelli che iniziano a fare a cazzotti col cibo, quelli che si sentono i “grandi” della scuola ma che continuano ad avere bisogno di un sorriso complice che li faccia sentire visti, quelli che non vedono l’ora di stendersi sul materassone in palestra a far le coccole al loro compagno di classe autistico ma che in realtà ne vorrebbero ancora tante pure loro. Proprio loro a gennaio dovranno scegliere da che parte far andare il loro futuro scolastico. Nei loro occhi vedo riflessa tanta energia, quella sana inconsapevolezza e la voglia di crescere, così mi chiedo: è davvero così affascinante il futuro che li attende?
I tempi del futuro mi fanno sempre sorridere e li trovo pure molto ironici: semplice e anteriore. Come può essere definibile semplice il futuro? Dopo questi ultimi due anni, ma soprattutto dopo questi ultimi mesi, credo che mai aggettivo sia più fuori luogo, fuori tempo e fuori dalla storia. E come può il futuro essere posto avanti? Al massimo verrà dopo, scoprirò solo tra un attimo ciò che accadrà. È un passo in là, come può avere insita questa vena profetica?
Quello “semplice” esprime le nostre intenzioni, le predizioni e i nostri grandi piani. Il futuro anteriore, invece, secondo la Treccani, “esprime fatti proiettati nel futuro ma avvenuti prima di altri. […] codifica un evento successivo al momento dell’enunciazione ma precedente rispetto a un momento di riferimento o a un altro evento localizzato nel futuro”. Mi sembra che il futuro, allora, possa essere racchiuso nell’espressione “nel frattempo”. Quello spazio che si crea tra ciò che comincio a desiderare, a sognare, a pre-gustare e ciò che ancora non è.
Sempre l’enciclopedia Treccani di fronte al futuro semplice dice che può diventare manifestazione di “diversi valori in cui temporalità e modalità giungono spesso a sovrapporsi”. Forse sta proprio in quest’ultima definizione la chiave di s-volta: il tempo opportuno dell’incontro. Il kairos tra il chronos e il modo. Quando si presentano all’appuntamento, nello stesso momento, nello stesso posto e con lo stesso desiderio sia le lancette dell’orologio che il giusto modo, lo stile.
Forse è questo il vero futuro che può ancora affascinare e attirare a sé i nostri ragazzi: la speranza certa che esista per ciascuno questo incontro, quello che ti fa sentire di essere al posto giusto al momento giusto, al tuo posto, a raccontare la tua storia. Le epidemie e le guerre che vogliono far precipitare i sogni ci saranno sempre e il futuro è sempre sotto scacco, ma spero continuino ad esserci adulti che hanno visto sovrapporsi tempi e modi. Segni viventi di speranza. Adulti che mostrino loro che il futuro è bello perché ci fa già gustare la bellezza di ciò che sarà: è anteriore. E che ha ancora il fascino di un appuntamento che la vita continuamente offre: è semplice.
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