L’assassino della 15enne Chiara Gualzetti è stato condannato a 16 anni e due mesi. La giudice Anna Filocamo ha motivato questa sentenza spiegando che il killer era “lucido e pienamente capace di intendere e di volere” e nutriva un “odio profondo” per la giovanissima vittima. A portare a questa condanna, anche un episodio raggelante avvenuto nel carcere minorile di Bologna, dov’è detenuto l’assassino.
Mentre si trovava nel carcere minorile di Bologna in attesa del processo, il ragazzo appena condannato per l’omicidio di Chiara Gualzetti ha simulato assieme al compagno di cella un altro omicidio, sporcando il bagno con del ketchup e fingendo “di essere impazzito di nuovo”, come ha raccontato lui stesso in aula “con espressione sorridente”. Per questo comportamento, il Tribunale dei Minori ha parlato di “assenza di empatia e senso di colpa” dell’assassino, che oggi ha diciassette anni. Un atteggiamento analogo a quello riscontrato nel video che il killer aveva pubblicato sui social, in cui faceva il segno di “vittoria” e la scritta “killer”. Il Tribunale in questo caso ha parlato di “totale assenza della benché minima considerazione per la vittima e per la tragedia e dimostrano ancora una volta il compiacimento narcisistico che si è manifestato anche in udienza”.
Chiara Gualzetti, assassino simula finto omicidio in carcere: fotografò il corpo della 15enne
Chiara Gualzetti è stata uccisa a soli 15 anni il 27 luglio 2021 a coltellate, calci e pugni “con una furia inaudita” mentre il suo assassino era “animato da una sorta di macabro compiacimento”, come si legge nella motivazione della condanna a 16 anni e due mesi. Un omicidio premeditato e che il killer aveva annunciato a un’amica tramite chat, scrivendo di avere una “missione” da compiere e che “dovrò far fuori una ragazza”. Dopo aver ucciso Chiara, il killer ha scattato delle foto al corpo con in primo piano il coltello ancora insanguinato. Secondo i giudici, in quelle foto Chiara “verosimilmente poteva essere ancora viva”.
Nonostante le parole del 17enne, “la motivazione del gesto rimane ancora incomprensibile”. Il killer infatti aveva parlato fin da subito di un “demone” e di una “voce” che lo avrebbero costretto a uccidere Chiara Gualzetti. Come ha concluso il Gup, “una vera e propria motivazione non esiste se non quella riconducibile alla personalità dell’imputato, fortemente disturbata, ma lucida e pienamente capace di intendere e di volere”. E scrive che il killer “non ha mai speso un pensiero di rammarico per la povera vittima, né ha mai manifestato dispiacere per quello che è successo, ma invece ha espresso dispiacere per se stesso tendendo a semplificare e giustificare l’accaduto asserendo che ‘non è stata colpa sua’, che il suo errore è stato cedere ai condizionamenti del demone”.